- Aprire la partita IVA online da soli è possibile, ma si tratta di un’operazione da compiere con cognizione di causa e dopo essersi informati per bene. Nella maggior parte dei casi, conviene rivolgersi a uno studio di commercialisti per non commettere errori.
- Si potrà scegliere il regime agevolato di tipo forfettario, oppure il regime semplificato, nel rispetto di determinati requisiti.
- Calcolare in modo preventivo gli importi che si dovranno mettere da parte – tra imposte e contributi previdenziali – effettuando una simulazione dei propri ricavi, è il modo migliore per capire se aprire partita IVA conviene oppure no.
Aprire partita IVA è una possibilità rivolta a chiunque voglia intraprendere un lavoro come libero professionista o dar vita a una impresa individuale. Sarà sufficiente informarsi sui requisiti da rispettare e gli eventuali documenti da presentare e, in tempi molto brevi, si avrà il propria numero di partiva IVA.
Nonostante i tanti falsi miti che aleggiano sul tema, aprire una partita IVA online da soli non è un’impresa titanica e non comporta competenze informatiche di alcun tipo. Infatti è possibile farlo sul sito dell’Agenzia delle Entrate, attraverso la procedura che illustreremo nelle prossime righe.
Pochi scelgono questa strada, facendosi assistere da un buon commercialista per l’apertura e il mantenimento. Oggi non è necessario andare dal professionista del paese: esistono tanti esperti commercialisti online che offrono servizi innovativi e smart per freelance, start up o SRL.
Ma andiamo con ordine. Se vuoi lavorare come libero professionista, sei pieno di dubbi e ti stai ancora domandando se conviene aprire la partita IVA, in questa guida troverai risposte alle domande più comuni, come per esempio:
- quanto costa aprire una partita IVA, semplificata o forfettaria;
- quanto paga di INPS un forfettario;
- chi non può aprire una partita IVA;
- quali sono i requisiti da rispettare e i documenti da presentare;
- quando si può lavorare come autonomi senza aprire la partita IVA.
Come aprire partita IVA
La partita IVA è composta da 11 numeri:
- i primi 7 indicano il contribuente;
- i 3 numeri successivi identificano il Codice dell’Ufficio delle Entrate;
- l’ultimo numero è un carattere di controllo.
Per parlare della procedura che permette di aprire una partita IVA, rispondiamo prima alla domanda Quanto costa avere una partita IVA? L’apertura è un’operazione che potrà essere completata a costo zero sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
La comunicazione da fare all’Agenzia delle Entrate dovrà avvenire:
- entro 30 giorni dall’inizio della propria attività;
- utilizzando il modello AA9/7, nel caso di ditta individuale o lavoratore autonomo, oppure il modello AA7/7, nell’ipotesi di una società.
Oltre che dal sito dell’Agenzia delle Entrate, i modelli potranno essere recapitati anche:
- di presenza, presso uno degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, presentando un documento di riconoscimento in corso di validità;
- tramite raccomandata A/R, allegando la copia del documento.
Quanto tempo serve per aprire partita IVA?
I tempi per aprire Partita IVA sono pari a:
- qualche ora, nel caso dei liberi professionisti;
- da 1 a 7 giorni circa (variabile da provincia a provincia), nel caso delle ditte individuali, poiché sarà necessaria l’iscrizione al Registro delle Imprese, per mezzo della procedura ComUnica.
Quanti tipi di partita IVA ci sono?
L’apertura della partita IVA è preceduta da due momenti fondamentali:
- la scelta del regime fiscale;
- l’individuazione del corretto codice ATECO con il quale descrivere la propria attività.
In merito al regime contabile, sarà possibile aprire la partita IVA:
- con il regime semplificato;
- con il regime forfettario.
Oltre all’invio dell’apposito modello con il quale si comunica l’inizio della propria attività, sarà poi necessario aprire una posizione previdenziale, per procedere con il pagamento dei contributi, iscrivendosi alla gestione separata INPS (ciò avviene per tutti i professionisti che non hanno una cassa professionale relativa a un ordine di appartenenza).
Nel caso in cui si dovesse registrare una ditta individuale, si dovrà iscrivere la propria impresa alla Camera di commercio.
Quanto costa la partita IVA al mese?
Se la spesa di apertura è pari a zero, si dovranno comunque considerare le spese di mantenimento, delle quali fa parte anche il costo del commercialista.
Per l’iscrizione di una impresa alla Camera di Commercio, invece, si dovrà pagare una quota annuale che corrisponde a circa 100/120 euro euro.
Nel regime semplificato, si dovranno calcolare i costi per:
- i contributi previdenziali;
- le imposte IRPEF e IRAP.
Nel regime di tipo forfettario, invece, sarà applicata un’aliquota sostitutiva pari al 15% del proprio reddito imponibile, oppure al 5%, per i primi 5 anni di attività e in presenza di determinati requisiti.

Un’altra differenza del regime forfettario rispetto a quello ordinario, riguarda l’obbligo di fattura elettronica: fino ad oggi i forfettari non sono stati obbligati a metterla, a differenza dei loro colleghi con la partita IVA tradizionale.
Dal 2022 l’obbligo è stato esteso anche al regime forfettario, a partire da luglio 2022.
Questo regime agevolato può essere scelto da chi ha ricavi non superiori a 85.000 euro: proprio per la convenienza che lo caratterizza, non permette di portare in deduzione o in detrazione le spese sostenute (che è possibile fare, invece, nel regime ordinario). Alle imposte, si dovrà poi aggiungere il costo dei contributi previdenziali.
In generale, il totale mensile e annuale varia in relazione a una serie di parametri: si consiglia, pertanto, procedere con l’apertura della partita IVA in modo ragionato. È sempre bene analizzare in anticipo quanto si riuscirà a mettere da parte di netto sottraendo i vari costi da sostenere ogni anno.
Imposte nel regime semplificato
Considerato che il regime forfettario prevede degli obblighi ben precisi da rispettare, in particolare per quel che riguarda il fatturato massimo annuale, chi guadagna di più dovrà aprire la partita IVA con il regime semplificato.
In questo caso, oltre ai contributi, si dovranno pagare le seguenti imposte:
- IRPEF, ovvero l’imposta progressiva sul reddito delle persone fisiche, calcolata applicando diverse aliquote agli scaglioni di reddito;
- IRAP, ovvero l’imposta regionale sulle attività produttive a carico delle imprese, che ammonta al 3,90% del fatturato (non viene applicata all’utile di esercizio).
Contributi previdenziali partita IVA
Per quanto riguarda i contributi previdenziali da versare, dipendono dalla cassa di previdenza alla quale versare gli stessi. Nel caso dei professionisti senza un ordine, si tratta della Gestione separata INPS.

Nell’ipotesi dei professionisti con un ordine, invece, si dovrà fare riferimento ai diversi albi ai quali sono iscritti i lavoratori. Per esempio:
- i giornalisti professionisti sono iscritti all’Albo INPGI;
- gli avvocati sono iscritti alla Cassa Forense;
- i biologi sono iscritti all’ENPAB;
- gli infermieri all’ENPAPI;
- i farmacisti all’ENFAP;
- i dottori commercialisti al CNPADC;
- gli psicologi all’ENPAP.
Imposte nel regime forfettario
Come anticipato nelle righe precedenti, il regime forfettario può considerarsi un regime agevolato in quanto non è previsto il pagamento di IRPEF e IRAP, ma quello della cosiddetta imposta sostitutiva.
Quest’ultima non si applica sul fatturato lordo annuale, ma su quello che prende il nome di reddito imponibile. Questa cifra viene calcolata applicando un coefficiente di redditività, che varia in relazione al proprio codice Ateco.
Per esempio, nel caso del lavoro del copywriter, è previsto un coefficiente di redditività pari al 78%: questo significa che il reddito imponibile sarà pari al 22% del fatturato lordo. Su tale cifra saranno applicati sia i contributi previdenziali, sia le imposte.
Ai costi da sostenere nel regime forfettario, che non sono invece presenti nel regime ordinario, ci sono quelli relativi all’imposta di bollo (pari a 2 euro), che dovrà essere applicata su tutte le fatture che superano i 77,47 euro.
Esempio calcolo imposte e contributi regime forfettario
Passiamo a un esempio pratico per capire meglio quanto appena illustrato. Supponiamo che il copywriter di cui sopra abbia un fatturato lordo annuo di 35.000 euro. Il suo reddito imponibile sarà pari a 35.000 * 78% = 27.300 euro.
Nel caso dell’imposta sostitutiva, dovrà pagare:
- 27.300 * 15% = 4.905 euro;
- oppure 27.300 * 5% = 1.365 euro (nel caso in cui rientri nel regime di start up, previsto per i primi 5 anni).
Per quanto riguarda, invece, i contributi previdenziali, sarà applicata la percentuale del 26,23% al reddito imponibile. In questo caso i contributi da versare presso la gestione separata INPS corrisponderanno a 7.160,79.
È importante precisare che tali importi – da pagare tramite modello F24 – non dovranno necessariamente essere pagati in un’unica soluzione, ma anche in rate, con scadenza ultima prevista in genere per il 30 novembre dell’anno di riferimento.
Limitazioni regime forfettario
Oltre ai benefici del regime forfettario indicati finora, aprire la partita IVA forfettaria comporta alcune limitazioni. La prima è quella relativa al limite di ricavi e compensi, che ammonta a 65.000 euro lordi annui.
Le altre riguardano il caso in cui si pagasse un collaboratore o un dipendente, oppure si avesse anche un reddito da lavoro dipendente o assimilato (che è compatibile con il regime forfettario).
Nel caso della spese per i compensi dei dipendenti o dei collaboratori, è previsto un limite di 20.000 euro. Per redditi da lavoro dipendente o assimilati, invece, il limite è pari a 30.000 euro.
Come funziona la fattura
Sia nel caso che si tratti di un file in formato elettronico di tipo XML, sia in quello in cui venga inviata una fattura cartacea, la fattura dovrà contenere i seguenti dati:
- data di emissione;
- numero di partita IVA;
- codice fiscale di chi la emette;
- ditta, denominazione e ragione sociale dell’emittente e del cliente;
- residenza e domicilio dell’emittente e del cliente;
- natura, quantità e qualità dei beni, comprensivi di aliquota;
- importi con aliquota IVA applicata;
- ammontare IVA distinta per aliquota.
Differenza tra regime ordinario e regime semplificato
Quando si parla di regime ordinario, è opportuno introdurre la distinzione tra:
- regime ordinario;
- regime semplificato.
Il primo è obbligatorio per le società di capitali, mentre non lo è per le società di persone e le ditte individuali i cui ricavi relativi all’anno prima non abbiano superato:
- i 500.000 euro, nel caso di prestazione di servizi;
- i 800.000 euro, negli altri casi.

Se vengono superati questi importi, il regime ordinario diventa obbligatorio anche per le società di persone. Le aliquote IRPEF applicate variano in maniera progressiva sulla base del proprio reddito.
Corrispondono:
- al 23% per i redditi fino a 15.000 euro;
- al 25% per redditi compresi tra i 15.001 euro e i 28.000;
- al 35% per redditi compresi tra i 28.001 e i 50.000 euro;
- al 43% per redditi superiori ai 50.000 euro.
Facciamo un esempio concreto: se in un anno un professionista che lavora nel regime ordinario guadagna 30.000 euro, allora dovrà pagare:
fino a 15.000 euro una IRPEF di euro 3.450;
fino a 28.000 euro una IRPEF di euro 3.250;
fino a 30.000 euro una IRPEF di euro 700,00;
Totale IRPEF lorda 7.400
Questo regime è consigliato nel caso in cui si abbiano molte spese da scaricare (nel regime forfettario non è invece possibile mandare in detrazione o deduzione nessuna spesa).
Regime semplificato
Dopo il regime forfettario, il regime semplificato può essere considerato il secondo più semplice in termini di adempimenti burocratici. Vi possono accedere tutte le imprese individuali e le società di persone nel caso in cui i loro ricavi in un anno solare non superino:
- i 500.000 euro per le prestazioni di servizi;
- i 800.000 euro per tutte altre attività.
Le imprese che scelgono di aprire partita IVA nel 2022 con il regime contabile semplificato, dunque, potranno farlo solo se indicano un volume d’affari presunto che non sia superiore agli importi appena indicati. Nel caso dei professionisti, invece, non è previsto tale limite per poter accedere al regime fiscale semplificato.
Gli obblighi da rispettare da parte dei contribuenti saranno i seguenti:
- Registri IVA, che consiste nell’obbligo di registrazione di tutte le fatture di acquisto e cessioni, oneri deducibili ai fini di imposta sui redditi e fuori campo IVA;
- Registro incassi/pagamenti entro 60 giorni dall’incasso realizzato e dei pagamenti effettuati;
- Registro dei beni ammortizzabili, che non rappresenta un obbligo solo nel caso in cui l’imprenditore sia in grado di fornire all’Agenzia delle Entrate gli stessi dati che risulterebbero dalla tenuta del registro stesso;
- Libro Unico del Lavoro, da tenere nel caso in cui sia abbiano dei dipendenti.
Regime ordinario e regime semplificato: vantaggi
Nell’ipotesi in cui il proprio fatturato lordo annuale fosse superiore ai 65.000 euro l’anno, non si avrebbe la possibilità di poter accedere al regime forfettario, quindi si dovrebbe scegliere se aprire il regime ordinario o il regime semplificato.
Quali sono i fattori da considerare nella scelta? Quali sono i parametri dai quali dedurre la reale convenienza? Sia il regime ordinario, sia quello semplificato sono adatti per le aziende i cui costi aziendali non siano maggiori al 50% del fatturato.
Tra i vantaggi che si possono annoverare, ci sono:
- la possibilità di portare l’IVA in detrazione;
- la deduzione dei costi sostenuti, fermo restando che non si potranno detrarre tutti al 100% e che ogni singola voce di spesa dovrà essere documentata e mostrata nel caso di controlli fiscali.
Differenza deduzione e detrazione
Che differenza c’è tra deduzione e detrazione? In pratica:
- dedurre un costo porta alla riduzione della base imponibile, ovvero l’importo dal quale vengono calcolate le tasse, con una conseguente diminuzione dell’imposta sui redditi;
- la detrazione, invece, permette di abbattere l’IRPEF lorda: in altre parole, mentre le deduzioni si applicano sul reddito, le detrazioni intervengono in un secondo momento, ovvero sul calcolo effettivo dell’importo da sostenere.
Tra le spese deducibili ci sono, per esempio:
- quelle legate al proprio immobile, quali la rata del mutuo, il canone d’affitto, le bollette di luce, acqua, gas, le spese condominiali, fino al 50%;
- le spese telefoniche, fino all’80%;
- le spese legate all’acquisto di prodotti tecnologici, anche nel caso in cui l’acquisto avvenga in leasing o tramite noleggio, fino all’80%;
- i costi della formazione professionale e di aggiornamento, deducibili al 100%.
Aprire partita IVA – Domande frequenti
Le imposte da applicare sulla partita IVA variano a seconda che si scelga il regime semplificato oppure il regime di tipo forfettario: scopri cosa cambia e come simulare le tue possibili imposte.
La partita IVA potrà essere aperta non solo dai lavoratori autonomi, ma anche da chiunque intenda aprire una impresa individuale.
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