- Un collaboratore familiare è un soggetto legato all’imprenditore da un vincolo di parentela e che contribuisce alla crescita dell’impresa.
- La collaborazione può essere occasionale, se è sporadica e non prevalente, oppure continuativa se avviene in modo costante.
- Non sono previsti versamenti dei contributi INPS per il collaboratore familiare occasionale che non percepisce compensi, mentre in casi particolari è necessario versare quelli previdenziali INAIL.
La figura del collaboratore familiare può essere un valido supporto per lo sviluppo di una ditta individuale, di un’impresa familiare o in generale di una piccola e media azienda.
Infatti, come imprenditore, puoi essere affiancato da una persona che ha legami di parentela e con un contributo lavorativo che non richiederà costi dal punto di vista retributivo, né per l’apertura delle posizioni INPS.
Tuttavia, questa figura può svolgere la sua attività anche in modo continuativo, acquisendo una serie di diritti all’interno dell’impresa. In questa guida, potrai valutare chi è il collaboratore familiare, quali sono i soggetti che possono svolgere questa funzione e quali sono le regole previste per il suo inquadramento.
Indice
- Chi è il collaboratore familiare
- Collaboratore familiare: è un dipendente?
- Collaborazione e contributi INPS
- Collaboratore familiare e disoccupazione
- Collaboratore familiare occasionale
- Collaboratori familiari e iscrizione all’INAIL
- Come funziona il contratto per un collaboratore familiare
- Collaboratore familiare e ditta individuale
- Deducibilità fiscale dei compensi del collaboratore familiare
Chi è il collaboratore familiare
La figura del collaboratore familiare è regolata dall’art 230 bis del Codice civile. Chi è esattamente? È un soggetto che collabora con il titolare di un’attività d’impresa in virtù di un rapporto di tipo morale, dato che è legato allo stesso dalla parentela.
In base all’art 74 del Codice civile, i parenti sono tutti coloro che discendono dallo stesso stipite, come:
- coniuge;
- genitori;
- fratelli e sorelle;
- nipoti, compresi quelli del coniuge;
- zii;
- suoceri.
Si considerano parenti in linea diretta coloro che discendono l’uno dall’altra, come il nonno, il padre, il figlio e il nipote. Invece, quelli di secondo grado sono coloro che arrivano dalla stessa stirpe, ma la discendenza non è diretta, come i fratelli, le sorelle, i nipoti e i figli dei figli. Infine, si considerano anche i parenti collaterali come i suoceri e quelli di primo, secondo e terzo grado del coniuge.

Chi può ricevere aiuto dal collaboratore familiare?
Questa tipologia di figura lavorativa ha il fine di permettere a quelle imprese di piccola e media dimensione di avere il supporto e la competenza di soggetti che hanno un particolare interesse al raggiungimento della mission aziendale, per il legame di parentela.
Si adatta molto alle imprese artigiane, commerciali o alle partite IVA agricole. Queste attività infatti possono essere svolte facilmente a livello familiare.
Ad esempio, se vuoi aprire un negozio di abbigliamento con una gestione familiare, oppure creare una piccola attività d’impresa, la scelta del collaboratore familiare è vantaggiosa perché comporta una riduzione dei costi, dato che non dovrai necessariamente istaurare un rapporto contrattuale datore di lavoro-dipendente.
Collaboratore familiare: è un dipendente?
A regolare la posizione del collaboratore familiare, all’interno di una piccola e media impresa, è intervenuto il Ministero del Lavoro con la circolare 10478 del 10 giugno 2013 e la numero 14184 del 5 agosto 2013.
All’interno sono presenti le direttive per ciò che riguarda l’aspetto previdenziale e su come inquadrare questi soggetti. In questa prospettiva si deve distinguere tra:
- attività continuata;
- collaboratore familiare occasionale.
Quindi nel primo caso il collaboratore familiare acquisisce una serie di diritti per la sua collaborazione all’interno dell’attività familiare. Ecco quali sono i principali:
- partecipazione degli utili dell’impresa familiare;
- presenza di una retribuzione per la prestazione svolta;
- diritto alla partecipazione di una quota sui beni mobili e immobili acquistati con gli utili;
- diritto di partecipare alle decisioni riguardanti l’utilizzo degli utili;
- diritto di prelazione in caso di trasferimento dell’azienda.
Nel secondo caso, l’attività verrà svolta in maniera sporadica e quasi sempre a titolo gratuito o con un compenso che rientra nelle prestazioni occasionali. Vediamo nello specifico quali sono le differenze dal punto di vista contributivo, contrattuale ed economico.
Collaborazione e contributi INPS
Il versamento dei contributi INPS deve avvenire se l’attività svolta dal collaboratore familiare è continuativa e prevalente per l’attività d’impresa. Può essere una valida soluzione per farsi affiancare da parte di un soggetto che fa parte della stessa stirpe, e che è legato a te da affetto e parentela, al fine di raggiungere un obiettivo economico comune.
A sottolineare come sia possibile istaurare un rapporto di lavoro subordinato con un familiare è intervenuta anche la Corte di Cassazione con la sentenza 4535 del 27 febbraio 2018, nella quale sono stati indicati quali sono i requisiti oggettivi che vanno a indentificare questa forma di attività lavorativa tra parenti, distinguendola da eventuali dissimulazioni:
- presenza di una retribuzione con pagamento cadenzato;
- attività svolta costantemente;
- orario di lavoro coincidente con l’apertura dell’attività;
- contributo del familiare alla programmazione, organizzazione e nelle decisioni per l’attività d’impresa.
In questo caso, oltre alla comunicazione dell’accordo contrattuale, dovrai aprire una posizione INPS con il versamento dei contributi IVS.

Collaboratore familiare e disoccupazione
Una delle domande più frequenti sui collaboratori familiari riguarda l’eventuale indennità di disoccupazione.
Precisiamo sin da subito che se l’attività viene svolta in modo continuato e con un contratto, in caso di cessazione dell’attività lavorativa, sarà prevista anche l’indennità di disoccupazione.
Ovviamente è necessario rientrare tra quei requisiti temporali con un minimo di 13 settimane di contributi INPS, che dovranno essere versati entro i quattro anni precedenti, a cui si aggiunge un totale di 30 giorni di lavoro nell’arco dell’anno prima della richiesta di disoccupazione.
Collaborazione familiare e maternità
Chiariamo anche l’aspetto riguardante l’indennità di maternità. Anche in questo caso se la tua attività di lavoro è occasionale, non è previsto l’assegno di maternità.
Invece, se hai un contratto e sono stati versati i contributi INPS, potrai richiederla con un periodo minimo di 5 mesi. Inoltre, in base alle modifiche apportate dal Governo Meloni, ci saranno delle modifiche in questa erogazione, con importi maggiorati.
La misura, per come è attualmente, prevede 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, regolarmente retribuiti dall’INPS. Questo non è valido nel caso di collaborazione occasionale.
Collaboratore familiare occasionale
Non sono previsti i contributi INPS nel momento in cui l’attività del collaboratore familiare è:
- occasionale;
- non prevalente;
- sporadica.
L’attività occasionale è quella che non avviene in maniera sistematica, ma che prevede l’impiego del collaboratore solo per poche ore al giorno o al mese. Infatti, viene considerata tale sempre quella che è eseguita in modo sporadico e che non supera i 90 giorni annuali, oppure il tetto delle 720 ore.
Il termine giornaliero può essere anche allungato se comunque le attività vengono svolte per un numero di ore limitato al giorno, ad esempio due o tre.
L’altro aspetto è quello del concetto di prevalenza. L’INPS ha chiarito questo termine, considerando che tutte le attività che hanno natura imprenditoriale vengono considerate come prevalenti.
Quindi si inglobano quei compiti che vengono svolti all’interno dell’attività d’impresa che sono esercitati in modo organizzato, professionale e imprenditoriale. In questo caso il collaboratore familiare dovrà avere un contratto. Viceversa, si parlerà di occasionalità della prestazione.
In ogni caso oltre ai limiti temporali, si considerano come collaboratori familiari occasionali i seguenti soggetti:
- un familiare pensionato;
- un parente che possiede un contratto di lavoro full time in un’altra azienda;
- un soggetto che ha già un contratto part-time.
Nelle prime due situazioni, data la caratteristica relativa alla fonte di reddito, si ipotizza che la collaborazione sia solo di sostegno in quanto parente o affine.
Invece, nell’ultimo caso si applica la regola dei 90 giorni e del limite delle 720 ore per rientrare nell’ambito delle attività occasionali, data la presenza di maggior tempo a disposizione da parte del collaboratore, che potrebbe celare una forma di lavoro non inquadrato. Leggi anche la nostra guida sulla prestazione occasionale e su come lavorare senza partita IVA
Collaboratori familiari e iscrizione all’INAIL
Il versamento dei premi assicurativi INAIL deve avvenire sempre quando è presente un’attività continuata. Invece, nella situazione di collaborazione occasionale e quindi di prestazioni che avvengono in modo sporadico, data la natura saltuaria della prestazione, in teoria non è previsto il versamento.
Tuttavia, è presente un’eccezione. Infatti, se ti fai aiutare per la tua attività d’impresa da un collaboratore familiare per uno o due volte al mese, per un massimo di 10 giornate lavorative, sarai esente dal versamento INAIL.
Se superi questo tetto, sei obbligato all’iscrizione presso l’ente di previdenza e a versare il relativo premio, anche se non è stata aperta una posizione INPS.

Come funziona il contratto per un collaboratore familiare
Il contratto non è previsto se l’attività di collaborare familiare viene svolta in maniera occasionale. In ogni caso, sarà utile rivolgersi a un consulente come uno studio di commercialisti, al fine di realizzare una scrittura privata, che identifichi i compiti del collaboratore, le ore di attività e la tipologia di remunerazione.
Invece, se l’attività rientra tra quei parametri di subordinazione, allora sarà necessario sottoscrivere un contratto che può avere forma orale o scritta. Quest’ultima è quella più utilizzata al fine di prevedere una serie di clausole per lo svolgimento dell’attività. Il contratto dovrà contenere tutti gli elementi per identificare:
- collaboratore;
- datore di lavoro;
- luogo di lavoro;
- mansione svolta;
- orari;
- retribuzione.
Le copie dovranno essere autenticate dal collaboratore familiare e da te come datore di lavoro. La presenza di un contratto implica anche l’adozione di quelle misure in caso di scioglimento del rapporto di lavoro, dovuto al caso dell’invio di una lettera di dimissioni o a licenziamento. Leggi anche la nostra guida su come assumere un dipendente
Collaboratore familiare e ditta individuale
La ditta individuale è una delle forme di impresa più semplice, in cui si prevede che l’attività venga svolta solo dalla figura dell’imprenditore. Tuttavia, nell’esercizio della tua attività, potrai assumere dei dipendenti e dei collaboratori familiari.
Per questi ultimi, se svolgono le loro mansioni a titolo gratuito e quindi senza contratto, non sarà necessario apportare modifiche alla tipologia di forma societaria.
Ciò vale anche nel caso di collaborazione con un soggetto che ha un’attività di lavoratore autonomo anche se tuo parente. Ben diversa è la situazione in cui vuoi utilizzare in modo continuato il lavoro di un collaboratore familiare.
In questo caso la ditta individuale si trasformerà in società familiare, e come tale il collaboratore avrà una serie di diritti e di doveri nei confronti dell’attività d’impresa.
Deducibilità fiscale dei compensi del collaboratore familiare
È possibile dedurre i costi del collaboratore familiare? Per rispondere prendiamo come riferimento l’art 54 del TUIR (Testo Unico in materia di Redditi) in base al quale viene stabilito il principio di non deducibilità dei compensi nei confronti di un:
- coniuge;
- di parenti entro il terzo grado;
- agli affini entro il secondo grado;
- ai figli minorenni;
- ai figli maggiorenni se affetti da disabilità.
Tuttavia, potrai dedurre le spese per la tua attività per quanto riguarda il rapporto il lavoro dipendente, occasione o di collaborazione con i figli maggiorenni, compresi quelli adottati, i nipoti, altri parenti come i cugini e gli zii, e gli affini come nel caso dei suoceri o dei parenti dal lato del coniuge.
Infine, rientrano tra le spese deducibili le attività svolte come lavoratore autonomo da parte del collaboratore familiare e quindi detentore di una partita IVA. L’esempio tipico è la prestazione di lavoro da commercialista del coniuge, che può emettere fattura elettronica alla tua ditta, oppure per altra attività professionale. Leggi anche la nostra guida su quali costi puoi scaricare con la partita IVA
Collaboratore familiare – Domande frequenti
Il collaboratore familiare è colui che aiuta l’imprenditore nell’attività di impresa, legato con un’obbligazione di tipo morale, data la presenza di parentela fino al terzo grado.
Il collaboratore familiare può svolgere la sua attività a titolo gratuito e occasionale oppure in modo continuativo. In questo secondo caso, sono presenti una serie di regole e di diritti che puoi ritrovare all’interno del nostro articolo.
Il versamento dei contributi INPS non è previsto nel caso di collaborazione occasionale, mentre dovrà essere effettuato in presenza di un’attività continuata.
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