- Grazie al Piano Transizione 4.0 le imprese fino ad oggi hanno investito maggiormente in nuovi beni strumentali.
- Attualmente, invece, si punta sulla formazione digitale dei lavoratori.
- A spingere la misura di Transizione 4.0 sono principalmente il PNRR ed il Decreto Aiuti.
Le basi del Piano Transizione 4.0 sono state poste nel 2017. In quel periodo si chiamava ancora Piano Industria 4.0 ed era stato presentato attraverso una massiccia campagna mediatica. Grazie ad una comunicazione ben organizzata era stato presentato a tutte le imprese.
In un primo momento era destinato al settore manifatturiero. Nel corso del tempo, però, è stata allargata la platea dei potenziali beneficiari, arrivando anche ad estendere gli strumenti agevolativi. A quel punto non si poteva parlare solo e soltanto di Piano Industria 4.0, e il progetto è diventato Piano Impresa 4.0, per essere trasformato in Piano Transizione 4.0.
Nuova semantica, continui aggiustamenti e una necessaria evoluzione hanno caratterizzato il progetto. Sono rimasti invariati, però, alcuni punti fermi. Il Piano Transizione 4.0 ha continuato a rimanere ancorato ad una consapevolezza di fondo: che per risolvere problemi complessi, è necessario trovare soluzioni articolate. Ad incentivare il piano è stato prima di tutto il PNRR.
La misura nel corso del tempo si è arricchita e trasformata, introducendo delle azioni che hanno messo al centro la persona ed il lavoratore, ma soprattutto degli investimenti che hanno supportato le imprese nell’intero ciclo della loro vita.
Indice
Piano Transizione 4.0: i dati
Il mondo imprenditoriale ha, sostanzialmente, risposto in modo positivo al Piano Transizione 4.0. Andando a spulciare le dichiarazioni dei redditi del 2020, si riesce a comprendere come almeno 14mila imprese siano riuscite ad effettuare degli investimenti in beni strumentali, andando a scegliere dei materiali tecnologicamente avanzati.
Uno dei dati più importanti da tenere in considerazione è la distribuzione degli investimenti. Questi sono stati utilizzati trasversalmente da ogni tipo di azienda, indipendentemente dalla sua grandezza. Entrando un po’ di più nello specifico, gli investimenti sono stati effettuati da:
- microimprese: 13,3%;
- piccole imprese: 33,7%;
- medie imprese: 31,6%;
- grandi imprese: 21,3%.
Gli investimenti hanno interessato trasversalmente molti settori, coinvolgendo aziende che operano nel manifatturiero, nell’alimentare, nella gomma e nella plastica, nei servizi al commercio e nella sanità.
Credito di imposta cumulato dalle imprese
Buone notizie emergono anche dalla fotografia dei dati sulle compensazioni con il Modello F24. Solo nel 2021 sono stati oltre 51mila i soggetti che hanno beneficiato del credito d’imposta per i macchinari 4.0: in questo caso i dati si riferiscono agli investimenti che gli imprenditori hanno effettuato nel corso del biennio 2021.
Risultano essere oltre 4.000 le aziende che hanno acquistato del software avanzato, mentre sono poco più di 12.000 le imprese che hanno deciso di accedere al credito ricerca, sviluppo ed innovazione. Si tratta in questo caso di un credito di imposta a cui si può accedere fino alla fine dell’anno 2022, del 20% sulle spese ammissibili all’iniziativa.
Le imprese hanno fino ad ora cumulato credito di imposta con questa misura indipendentemente dal settore, per le spese relative al personale, per contratti di ricerca, per i costi per servizi di consulenza esterni, oppure per le spese di materiali e forniture. Si tratta di un incentivo quindi molto apprezzato dalle imprese italiane.
Piano Transizione 4.0: la ricerca delle competenze
Senza dubbio il piano di digitalizzazione risulta essere particolarmente complesso. Per poter essere portato a compimento è necessario che ci sia un vero e proprio cambio culturale e nuovi processi di organizzazione aziendale.
Ma soprattutto è necessario sostenere dei costi ingenti: si devono acquistare nuove infrastrutture e macchinari nuovi. È necessario essere in possesso di software gestionale ERP, di sistemi IoT, soluzioni cloud, ma soprattutto accedere a delle connessioni ultraveloci. Quelli che abbiamo elencato sono degli elementi indispensabili, ma che purtroppo non bastano a realizzare la digitalizzazione.
Sono necessarie delle ulteriori competenze tecniche e manageriali. Basti pensare che all’interno dell’Unione Europea, proprio a seguito della mancanza di queste competenze, al momento risultano essere vacanti almeno 756.000 posti nel settore ICT.
Un recente Rapporto Excelsior mette in evidenza che in Italia entro il 2025 almeno il 60% dei lavoratori dovrà essere in possesso di competenze di green economy o digitali. Si tratta di 2,2 milioni di nuovi professionisti: è questo il fabbisogno del mercato del lavoro, alla costante ricerca di persone che siano in grado di gestire e sviluppare strategie ecosostenibili.

Piano Transizione 4.0, come renderlo più efficace
Tra le misure previste dal Piano Transizione 4.0 vi è anche il credito formazione. Dopo una partenza particolarmente lenta, nell’ultimo biennio si è registrata una significativa diffusione dell’accesso a questi sostegni. Purtroppo dall’osservatorio del Mise è emerso che è ancora caratterizzato da alcune inefficienze, soprattutto tra le piccole e medie imprese.
Le ragioni di questi problemi devono essere ricercate, principalmente, nella mancata consapevolezza dei fabbisogni di formazione e di innovazione, soprattutto da parte delle PMI. Almeno il 70% dell’innovazione nelle imprese più piccole parte dalle proposte e dalle iniziative dei fornitori.
Questo significa che i lavoratori non risultano essere regolarmente inseriti in percorsi di formazione 4.0, ma devono seguire dei training mirati con l’unico scopo di apprendere una specifica tecnologia. E lo stesso vale per l’utilizzo di un particolare bene strumentale che è appena entrato in fabbrica.
Queste sono senza dubbio delle attività indispensabili, ma il Piano Transizione 4.0 ha un’ambizione leggermente più elevata. Vuole permettere alle aziende di dotarsi delle competenze necessarie per convertire e gestire i processi produttivi in chiave 4.0. L’intenzione è quella di assicurare un mix di conoscenze tecniche e fornire le cosiddette soft skill, che permettano di lavorare in un ambiente altamente digitalizzato.
PNRR e DL Aiuti: quale impatto hanno avuto
Partendo proprio da questi punti di debolezza, il Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso il PNRR e il DL Aiuti, è riuscito ad avviare un nuovo percorso certificato, in modo da sviluppare le competenze digitali dei lavoratori.
Tra le misure messe in campo vi è una maggiorazione delle aliquote agevolate per le piccole e medie imprese, che decidano di puntare maggiormente sulla formazione dei propri lavoratori. L’intento finale di questo progetto è quello di profilare il grado di conoscenza dei lavoratori, in modo da poter indirizzare ognuno di loro verso gli opportuni moduli formativi previsti direttamente dal Mise.
Le attività di orientamento e formazione non saranno affidate unicamente ai soggetti formatori, ma anche a quanti stiano operando in una logica di prossimità territoriale. Sarà inoltre data centralità alla formazione pratica, in un mix di ore in aula e in laboratorio che intende ripercorrere il modello di successo degli ITS.
Piano Transizione 4.0, quali sono le novità più rilevanti
Il Piano Transizione 4.0, benché abbia raggiunto una maturità e una stabilità apprezzata dalle imprese, vede alcune novità rilevanti. Una di queste è il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo. Questa agevolazione ha subìto una profonda riforma nel corso del 2020 e, adesso, è diventata una delle principali sovvenzioni a sostegno della competitività delle imprese.
A differenza di quanto avviene in altri contesti, la misura non prevede che ci siano delle procedure istruttorie per rendere ammissibili gli investimenti ex ante.
Questo è sicuramente un meccanismo che rende particolarmente appetibile l’agevolazione. Il rischio, però, è quello di esporre le imprese alla non corretta qualificazione degli investimenti ai sensi della disciplina agevolativa.
Piano Transizione 4.0 – Domande frequenti
È stata una misura apprezzata trasversalmente da tutte le aziende, partendo da quelle più piccole a quelle più grandi. Ecco tutti i dati.
Le imprese hanno investito in beni strumentali, in software avanzati e in ricerca e sviluppo.
La misura punterà sulla formazione 4.0 dei lavoratori, in modo da ampliare le loro competenze digitali. Ecco i dettagli.
Lascia un commento