- Il lavoro nero è quella condizione in cui è presente un rapporto di subordinazione tra dipendente e azienda, senza che questo sia stato dichiarato ai Centri dell’Impiego.
- Il lavoro irregolare prevede sanzioni per il datore di lavoro fino a un massimo di 43.200€, mentre il lavoratore non è soggetto a multe, salvo nei casi di presenza di ammortizzatori e sostegni sociali.
- È possibile denunciare la condizione di lavoro nero, in forma anonima, con diverse modalità previste per legge.
Tra le iniziative del Governo Meloni, al fine di rilanciare l’economia italiana, vi è un’attenzione particolare per la lotta al lavoro nero. Infatti, oggi sono quasi 3 milioni i lavoratori non regolarizzati, senza tutela sanitaria e assicurativa, e questa situazione crea disuguaglianze dal punto di vista sociale, oltre a danni all’erario.
In questa prospettiva a dicembre 2022, è stato istituito il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025 con la creazione del Portale Nazionale del sommerso (PNS), l’aumento dei controlli sui posti di lavoro del 20%, e l’inasprimento delle sanzioni.
Il lavoro sommerso è contro la legge. Comprendere cos’è e come denunciarlo è essenziale al fine di non incorrere in sanzioni. Di seguito analizzeremo quando si verifica e quali sono i rischi per il dipendente e le aziende.
Indice
Cos’è il lavoro nero
La definizione di lavoro nero, o comunemente lavoro sommerso o irregolare, è quella di un rapporto subordinato senza che venga dichiarato presso i Centri per l’Impiego. La legge prevede che per assumere un lavoratore, a tempo determinato o indeterminato, è necessaria la sottoscrizione di un contratto.
Inoltre, l’istaurarsi di un rapporto subordinato in base all’art 9- DL 510/96 deve essere comunicata per via telematica sul portale Unilav, almeno 24 ore prima dell’inizio dell’attività.
In questo modo si pone a conoscenza l’Ispettorato del lavoro, l’INPS e l’INAIL dell’inizio di un’attività subordinata, con l’obbligo da parte del datore di lavoro al versamento dei contribuiti IVS e delle relative assicurazioni in quanto sostituto di imposta.
Il lavoro nero è contro legge, sia con riferimento alle attività a lunga durata, sia per le prestazioni di breve periodo, come il tirocinio, con la diretta conseguenza di una mancata tutela nei confronti del dipendente.

Lavoro nero in Italia
In base al report Istat, il lavoro nero in Italia riguarda circa 3 milioni di lavoratori. A essere colpiti sono tutti i settori, con un 75% in quello terziario, un 15% per le attività manifatturiere e il restante in quello agricolo, con una distribuzione territoriale uniforme per tutta la penisola.
Inoltre, a essere maggiormente soggetti a irregolarità vi sono le attività part-time, seguite da quelle a breve durata. Quasi ogni giorno si riscontrano casi di lavoro sommerso nelle aziende italiane.
Una percentuale che con la situazione di instabilità economica, l’aumento dei costi dovuti alla crisi energetica e con l’inflazione ha subito un netto aumento rispetto agli anni precedenti.
Infatti, tra le principali ragioni che portano un’azienda a violare la legge e rischiare una sanzione per un lavoratore a nero vi è quella di ridurre la pressione fiscale, collegata anche al versamento dei contributi previdenziali.
Inoltre, spesso sono gli stessi lavoratori che richiedono di non essere registrati contrattualmente, riducendo così il reddito imponibile da dichiarare ai fini delle tasse, o per non perdere dei sostegni economici previsti dallo Stato.
Tuttavia, gli effetti del lavoro sommerso sono deleteri per l’economia, con due principali conseguenze:
- danni alle entrate erariali;
- danni per i lavoratori.
Per il 2022, l’importo di tasse non evase collegate alle attività sommerse è stato di 76 miliardi di euro, equivalenti al 4,96% del PIL italiano. A questo si aggiunge che la mancanza di un contratto regolarizzato comporta per il dipendente:
- disuguaglianza sociale tra i lavoratori;
- salario del lavoratore in nero minore rispetto a quello regolare;
- mancanza di tutela per il dipendente in caso di incidenti sul lavoro o di malattia;
- non è presente una tutela in caso di licenziamento;
- mancato versamento di contributi ai fini pensionistici;
- concorrenza sleale tra le aziende.
Lavoro in nero: sanzioni per il datore di lavoro
Il Jobs Act (d.lgs. 151/2015) al fine di contrastare la mancata dichiarazione da parte del datore di lavoro di un rapporto subordinato, ha inserito diverse sanzioni in base alla gravità del ritardo della comunicazione all’Ispettorato del Lavoro.
Queste sono state modificate dalla Legge di Bilancio 2020, che le ha rese ancora più rigide e confermate anche dal Governo odierno, riassunte nella tabella seguente.
Ritardo comunicazione rapporto effettivo | Sanzione |
30 giorni | Dai 1.800€ ai 10.800€ |
Dai 31 ai 60 giorni | Dai 3.600€ ai 24.600€ |
Oltre i 60 giorni di lavoro effettivo | Dai 7.200€ ai 43.200€ |
Mancata emissione di busta paga | Dai 150€ ai 7.200€ in base al ritardo |
Le sanzioni applicate al datore di lavoro variano in base al ritardo della comunicazione con un minimo di 1.800€ fino alla somma di 43.200€, per le comunicazioni oltre i tre mesi di lavoro effettivo. A questo importo si può aggiungere anche una multa per mancato rilascio della busta paga, con un importo minimo di 150€ e uno massimo di 7.200€.
Le sanzioni sono incrementate del 20% nel caso in cui ad essere impiegato con il lavoro in nero sia un soggetto extracomunitario, senza permesso di soggiorno. In questa evenienza si aggiunge anche un’imputazione di reato penale con una reclusione da 6 mesi a un anno.
Tuttavia, è prevista una sorta di ravvedimento operoso, nel caso in cui il datore di lavoro inquadri un dipendente in nero, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, entro 120 giorni dall’inizio dell’attività subordinata. In questa circostanza si ridurranno al minimo le sanzioni.
Sanzioni per il lavoratore in nero
La normativa contro il lavoro in nero ha il fine di tutelare il dipendente, dato che è considerato la parte debole del rapporto di subordinazione.
Per quest’ultimo non è prevista una sanzione in caso in cui venga scoperta l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato non dichiarato. Ciò contribuisce a spingere il lavoratore a denunciare la prassi di una mancata regolarizzazione.
Tuttavia, sono previsti delle eccezioni in cui anche il dipendente viene sottoposto a sanzioni e viene segnalato alla Procura della Repubblica se insieme allo svolgimento del lavoro nero vengono percepite le seguenti indennità:
- richiesta di disoccupazione all’INPS;
- soggetto che ha ottenuto l’indennità di disoccupazione NASpI;
- percezione del Reddito di Cittadinanza.
Nel primo caso, il reato configurato è quello di Falso ideologico ai danni della pubblica amministrazione. Si determina nel momento in cui si dichiara di essere disoccupati, anche se in realtà si lavora in modo continuato o part-time per un’azienda.
Invece, un lavoratore che percepisce l’indennità di disoccupazione NASpI, ed effettua prestazione di lavoro in nero, è soggetto a reato penale per “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato“, con la reclusione da 6 mesi a un anno. In caso di somma inferiore ai 4.000€, la pena si commuta in una multa con un minimo di 5.164€ e un massimo di 25.822€.

Lavoro in nero e Reddito di cittadinanza
La sanzione al lavoratore in nero si applica anche nel caso di percezione di forme di sostegno, come il Reddito di Cittadinanza con la carta RdC. In base alla legge 26 del 2019, si prevede il reato di appropriazione indebita del Reddito di Cittadinanza quando si verificano tali circostanze:
- omettere informazioni necessarie a determinare la valutazione del benefico: reclusione da 2 a 6 anni;
- omessa dichiarazione delle variazioni del reddito: reclusione da 1 a 3 anni.
Il reato si determina sia nel caso in cui l’attività in nero si svolgeva prima della richiesta del sostegno, sia se la condizione si è verificata successivamente. In tutti i casi, sarà necessario restituire l’importo indebitamente percepito.
Come denunciare il lavoro in nero
In quanto reato, sono previsti per legge diversi mezzi al fine di permettere al dipendente irregolare di denunciare il lavoro in nero. Ecco quali sono le principali strade che puoi percorrere:
- denuncia al Sindacato;
- comunicazione all’Ispettorato del Lavoro;
- denuncia alla Guardia di Finanza.
In ogni caso, ti suggeriamo di farti sempre affiancare da un consulente del lavoro o da uno studio di commercialisti, al fine di avere un supporto legale e valutare la soluzione più adatta. Infatti, è possibile effettuare la denuncia direttamente al sindacato o alle associazioni di categoria, le quali svolgono una funzione di intermediari con i datori di lavoro.
Il fine è quello di mediare sulla controversia per ottenere una risoluzione in tempi brevi e a vantaggio di tutte le parti interessate. Nel caso in cui ciò non avviene, si passerà all’azione legale davanti al giudice del lavoro, e alla comunicazione all’INPS e all’ASL di competenza.
In alternativa, è possibile rivolgersi direttamente all’Ispettorato del lavoro di zona, attraverso una denuncia diretta e che rimarrà anonima. Ciò comporterà un immediato controllo da parte degli ispettori del lavoro in azienda per la verifica delle condizioni contrattuali. Infine, c’è la possibilità di rivolgersi alla Guardia di Finanza, con l’apertura di un’indagine di reato.
In ogni caso, per ottenere un seguito alla denuncia, è necessario procurarsi delle prove documentali e testimoniali della presenza di un rapporto di lavoro irregolare. Inoltre, si dovranno specificare le mansioni svolte e indicare i dati di identificazione della ditta per cui si svolge un’attività di lavoro in nero e l’importo percepito.
Lavoro in nero: calcolo del risarcimento
La denuncia determina un controllo degli organi competenti. Se si evidenzia l’esistenza di un rapporto di lavoro in nero, il datore di lavoro viene sottoposto a sanzioni, oltre all’obbligo di risarcire il lavoratore delle somme non percepite.
Infatti, l’attività non regolare è considerata equivalente a quella di una con un CCNL dichiarato. Quindi è previsto un risarcimento in cui vengono presi come riferimento diversi fattori:
- tipologia di mansione svolta;
- durata del lavoro a nero;
- ferie non godute;
- eventuale tredicesima e quattordicesima;
- ore di lavoro subordinato;
- mancato versamento del TFR (Trattamento di fine rapporto).
Lavoro a nero – Domande frequenti
Per il datore di lavoro è prevista una multa fino a 43.200€ per il lavoro nero, incrementata del 20% in caso di soggetto immigrato e senza permesso di soggiorno. Invece, il lavoratore non è sanzionato.
Il lavoro nero è contro legge, quindi il datore di lavoro commettere reato così come il dipendente nel caso in cui dichiara di essere disoccupato, percepisce la NASpI oppure il Reddito di Cittadinanza.
Si definisce lavoro nero un’attività di subordinazione non dichiarata dal datore di lavoro attraverso il sistema telematico Unilav al Centro per l’Impiego di riferimento, entro i termini previsti dalla legge.
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