Trading online: serve la Partita IVA?

Il trading online permette di ricavare anche discreti guadagni. Ma quando è necessario aprire la Partita IVA? Tutte le informazioni utili, in questa guida.

Revisione a cura di Giovanni EmmiDottore CommercialistaSu PartitaIva.it ci impegniamo al massimo per garantire informazioni accurate. Gli articoli vengono costantemente revisionati da professionisti del settore.

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Trading online
  • Per fare trading online non è necessaria la Partita IVA, salvo in casi particolari.
  • In base alla normativa italiana, il reddito generato dalle attività di vendita di asset è soggetto a tassazione pari al 26%.
  • Per svolgere l’attività di trading online come trader professionista, sarà necessario aprire Partita IVA, e scegliere il codice AETCO 66.12.00, oltre al regime fiscale e quello previdenziale adatto.

Fare trading online è una attività molto in voga nell’ultimo periodo, che permette di investire del denaro per ricavarne una rendita. Sapere se devi aprire una Partita IVA, e quali sono le tasse da pagare, diventa indispensabile se vuoi intraprendere questa strada. In questo modo potrai trasformare questa attività anche in un lavoro vero e proprio, come impiego principale o part time, in pieno rispetto delle normative di legge e di quelle fiscali.

Infatti, Il trading online offre diverse opportunità per investire i tuoi risparmi sul mercato in piena autonomia grazie al web e a Internet. Inoltre, le nuove tecnologie e la presenza di piattaforme affidabili e sicure ti permettono di iniziare a operare sin da subito, anche con un capitale ridotto.

Investire sui mercati è qualcosa di accessibile a tutti, e se lo affronti con le giuste competenze e la formazione adeguata può permetterti di ottenere un reddito. Ciò porta a considerare quali sono gli aspetti fiscali e contributivi, e se è necessario disporre di un codice IVA. Se sei in dubbio su quali sono le normative di legge e quelle fiscali, non ti preoccupare, sei nel posto giusto. Nell’articolo avrai tutte le informazioni utili per valutare come approcciarti al trading online.

Cos’è il Trading online

Il trading online è un termine ormai di utilizzo comune. Cosa significa però esattamente? Può essere definito come l’insieme di attività finanziarie di compravendita di titoli che potrai svolgere in piena autonomia su Internet o via telefono.

Ciò significa che avrai l’opportunità di acquistare e vendere asset finanziari in borsa, utilizzando il tuo computer o lo smartphone. Ti basterà registrati con un broker, ovvero un intermediario finanziario che ti offre la possibilità di operare attraverso una particolare tecnologia, ovvero un software, che prendere il nome di piattaforma di trading online.

In questo software avrai a disposizione tutti gli strumenti utili per investire sul mercato, dalle quotazioni in tempo reale ai grafici, dalle notizie di mercato alle analisi di trader esperti, fino ai sistemi di gestione del rischio, al fine di limitare eventuali perdite. Il trading online è un vero e proprio lavoro che richiede la dovuta formazione, competenza e attenzione.

Dovrai però considerare che è una forma di investimento, e come tale comporta un rischio per il tuo capitale. Ciò significa che avrai la possibilità di incrementare i tuoi risparmi, ma anche il rischio di perdere parte di essi. Prima di avvicinarti a questo settore ti consigliamo di valutare con attenzione quale obiettivo economico vuoi raggiungere, e a documentarti in maniera continuativa.

Se svolta con le giuste conoscenze, questa attività si può integrare al tuo lavoro principale, oppure svolgere in maniera professionale. In ambedue i casi, genera un reddito aggiuntivo. Questo porta alla domanda seguente: dovrai aprire la partita IVA?

Cos'è il trading online
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Trading online: serve la Partita IVA?

In base alla legge italiana, per fare trading online non serve Partita IVA. Quindi nel momento in cui decidi di aprire un conto con un broker italiano o uno estero, potrai farlo da persona fisica e in modo pienamente legale. 

Come vedremo più avanti, ci sono però dei casi particolari in cui può essere utile disporre di un codice IVA. Ciò vale soprattutto se vuoi investire in borsa come lavoro principale e in modo professionale. In ogni caso devi considerare che il trading online è un’attività che crea un surplus economico, un elemento che lo pone sotto l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate.

Come tale è richiesto il pagamento di tasse. Quindi, sarai tenuto a versare un’aliquota, sia se svolgi questa attività in maniera costante o professionale, sia nel caso in cui decidi di investire i tuoi risparmi in maniera saltuaria come trader retail.

Cosa dice il fisco sul trading online

La normativa di riferimento che regola la disciplina del trading online in Italia è il Testo Unico in materia finanziaria del 24 febbraio 1998 n. 58, aggiornato con un regolamento Consob del 21 aprire 2000. Nel trading online vengono incluse tutte quelle attività di compravendita dei diversi asset presenti in borsa. Dalle azioni alle obbligazioni, dagli ETF fino ai nuovi strumenti finanziari come i Bitcoin e le criptovalute. Un’attività di questo tipo può produrre due tipologie di reddito:

  • reddito capitale;
  • reddito di natura finanziaria.

Nel primo caso si andranno a considerare i guadagni che vengono generati dall’attività di investimento. Con questo termine si definiscono eventuali interessi come i dividendi o le cedole di un fondo. In questo caso i tuoi soldi generano un surplus economico rimanendo però investiti su un asset, senza essere venduti.

Invece, i redditi di natura finanziaria fanno riferimento al surplus che viene generato tra la differenza del prezzo di acquisto e quello di vendita di un asset. Un esempio è utile: se acquisti 1.000 azioni Enel a 5,70€ e queste salgono a 6,70€, vendendole otterrai un guadagno pari a circa 1.000€, definito anche come plusvalenza.

Quindi, in base alla legge, non viene tassato un investimento, ma si applica un’aliquota solo sulle plusvalenze. Dal 2014 il valore è salito dal 12,5% al 26%, salvo alcune eccezioni. Nella tabella seguente abbiamo riportato quali sono le principali aliquote applicate ai vari prodotti finanziari.

Tasse sui diversi asset Percentuale
Azioni – obbligazioni26%
Bitcoin e criptovalute26%
Titoli di Stato (BOT -BTP- CCT-CTZ)12,5%
Fondi comuni, ETF, Sicav26%

Le minusvalenze nel trading online

Un altro concetto da considerare, per comprendere come funziona il trading online con e senza partita IVA, è la minusvalenza. Riprendiamo l’esempio precedente. In questo caso, le azioni Enel da 5,7€, il valore a cui le abbiamo acquistate, scendono alla quotazione di 5€. Chiudendo la tua posizione avrai una perdita di 700€.

Questa viene definita minusvalenza, un dato importante che compensa gli eventuali guadagni e che limita le tasse. Inoltre, nel caso in cui le minusvalenze sono maggiori delle plusvalenze, non si applica un’aliquota fiscale.

Tasse sul trading online
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Come funziona la tassazione del trading online in Italia

A questo punto ti potresti domandare come fare a essere in regola con la normativa fiscale. Iniziamo ad analizzare come dichiarare le tue plusvalenze e minusvalenze all’Agenzia delle Entrate. Per procedere, dovrai scegliere il regime fiscale che adotterai per la dichiarazione delle tasse. Le opzioni che avrai sono due:

  • regime dichiarativo;
  • regime amministrato.

Quale dei due scegliere? Nel primo caso dovrai procedere personalmente ad effettuare la dichiarazione dei redditi riguardante il trading online. Nel secondo, potrai avvantaggiarti di un broker che svolge la funzione di sostituto d’imposta. Vediamo quali sono i passaggi da effettuare in ambedue i casi.

Dichiarazione dei redditi con il regime dichiarativo

Nel regime dichiarativo, il totale delle plusvalenze e minusvalenze dovrà essere calcolato in maniera autonoma. Ciò significa che a fine anno, nella tua dichiarazione dei redditi, dovrai indicare quali sono i guadagni e le perdite legate all’attività di trading. Infatti, è prevista una sezione specifica all’interno del Modello dei Redditi per Persone Fisiche definita quadro RW. In questa sezione dovrai introdurre:

  • plusvalenze: i guadagni che hai ottenuto nell’arco dell’anno con riferimento sia al reddito di capitale, sia a quello collegato alle attività di natura finanziaria;
  • minusvalenza: le perdite che hai avuto dall’attività di trading, comprensive delle commissioni generate e pagate al broker;
  • dichiarazione dei titoli: dovrai anche inserire la tipologia di asset che possiedi.

Calcolare questi valore non è sempre facile, dato che dovrai valutare quali sono stati i guadagni e le eventuali perdite. Per questo alcune piattaforme di trading, a fine anno, ti rilasciano un modulo riepilogativo in cui avrai già a disposizione questo calcolo. In ogni caso, per evitare errori, può essere utile rivolgersi a uno studio di commercialisti o a un consulente specializzato.

Tassazione nel regime amministrato

Nel regime amministrato, il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze viene effettuato direttamente dal broker, che svolgerà il ruolo di sostituto d’imposta. Ciò significa che il denaro sul capital gain, e quindi sul guadagno verrà prelevato, ai fini di tasse, direttamente dal tuo conto di trading online. Ciò semplifica molto il processo dal punto di vista fiscale.

aprire partita IVA

Quando aprire Partita IVA

All’inizio del nostro articolo abbiamo precisato che per fare trading non è necessaria la Partita IVA. Ciò vale se svolgi questo lavoro come piccolo investitore e per ottenere un tuo guadagno personale. Ben diversa è la situazione in caso in cui vuoi ampliare le tue opportunità e quindi decidi di svolgere il trading online in modo professionale.

In questo caso, dovrai necessariamente aprire Partita IVA. Per svolgere questo lavoro a tempo pieno, dovrai continuamente rimanere aggiornato sui movimenti dei mercati di tuo interesse, e avviare una vera e propria attività. Ciò significa che potrai svolgere questa professione sia gestendo i tuoi capitali, sia prendendo l’incarico da parte di terzi.

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Come aprire Partita IVA per il trading online

L’apertura della partita IVA per il trading online può essere fatta in via telematica sul sito dell’Agenzia delle Entrate, previa registrazione alla sezione Fisconline. Inoltre, sarà necessario compilare il modello AA9/12 per le persone fisiche, inserendo al suo interno una serie di informazioni:

  • tipologie di inquadramento, se persona fisica o società;
  • codice ATECO: si utilizza il 66.12.00 per il trading online;
  • scelta del regime fiscale;
  • posizione contributiva.

In questa operazione, può essere molto utile scegliere di farsi affiancare da uno studio di commercialisti. Infatti, oltre alla scelta di una serie di parametri, la consulenza di un esperto è indispensabile se per esempio, vuoi affiancare l’attività di trading online a quella di un lavoro da dipendente.

A questo proposito ti consigliamo di leggere la nostra guida su partita IVA e lavoro dipendente. Infine, un professionista ti aiuterà a scegliere anche il regime fiscale più adatto e quello contributivo per il versamento delle tasse e dei contributi previdenziali.

Regime fiscale

Scegliere il regime fiscale più adatto per l’attività influenzerà i tuoi guadagni e inciderà sulla tipologia di tasse da versare. Potrai valutare tra:

  • regime forfettario;
  • regime ordinario.

Il regime forfettario offre determinati vantaggi, dato che sarai tenuto a pagare un’aliquota unica, pari al 5%, che si applicherà sull’imponibile, per cinque anni. L’aliquota sale al 15% successivamente, rimanendo comunque molto vantaggiosa.

Inoltre, sei esentato dall’IVA e dal punto di vista contabile, dovrai emettere fatture senza presenza di un registro. Ti basterà numerarle in modo progressivo e applicare la marca da bollo di 2€. Dal 2020 per aderire a questo regime fiscale devi disporre dei seguenti requisiti:

  • aprire una Partita IVA;
  • generare un reddito complessivo inferiore ai 65.000€ annui;
  • non essere titolare di un lavoro dipendente o in caso di contratto avere un reddito inferiore ai 30.000€.

Se non rientri in questi parametri dovrai aderire al regime fiscale ordinario. In questa situazione sarai tenuto a pagare l’IVA. Inoltre, sono previste imposte aggiuntive come l’IRPEF e IRAP.

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Contributi previdenziali

L’ultimo passaggio per svolgere l’attività di trading online, è quella della scelta del regime previdenziale. Il codice ATECO 66.12.00, per l’attività di negoziazione di contratti titoli e merci, non prevede un albo professionale specifico.

Ciò significa che il denaro versato a titolo contributivo sarà inserito nella Gestione Sperata INPS. Il valore che dovrai considerare annualmente per il 2022 è pari al 25,72%, che si applicherà sul reddito.

Conviene aprire Partita IVA per fare trading online?

La risposta a questa domanda è collegata alla tipologia di attività di trading online che vuoi svolgere. Infatti, se decidi di operare in maniera saltuaria sul mercato e per un tuo investimento personale, potrai farlo anche senza aprire Partita IVA.

Invece, se vuoi investire in modo professionale e disponendo di un certo numero di clienti, allora è necessario il codice IVA. In ambedue i casi dovrai comunque pagare le tasse sui guadagni che hai ottenuto dal trading online, calcolando plusvalenze e minusvalenze. Se vuoi avere la certezza di adempiere ai tuoi obblighi fiscali in modo corretto, può essere molto utile rivolgersi a uno studio di consulenti specializzato.

Trading online e partita IVA – Domande frequenti

Serve la Partita IVA per fare trading online?

Per fare trading online non serve Partita IVA se effettui questa attività a titolo personale, mentre è necessaria se vuoi svolgerla in maniera professionale.

Come si pagano le tasse nel trading online?

Dovrai inserire le plusvalenze e le minusvalenze generate dal trading online all’interno della dichiarazione dei redditi del quadro RW. Trovi qui maggiori dettagli.

Quante tasse si pagano per il trading online?

Sul guadagno netto ottenuto dalla vendita dei titoli, asset o dalle relative rendite finanziarie si applica un’aliquota pari al 26% che si riduce al 12,5% nel caso dei Titoli di Stato.

Autore
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Gennaro Ottaviano

Esperto di economia aziendale e gestionale

Laurea in Economia Aziendale presso il Politecnico di Lugano, appassionato di borse, mercati e investimenti finanziari. Ho competenze di diritto e gestione societaria, con esperienze amministrative. Scrivo di diritto, economia, finanza, marketing e gestione delle imprese.
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Giovanni Emmi
Dottore Commercialista
Revisione al 19 Aprile 2024
Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

11 risposte a “Trading online: serve la Partita IVA?”

  1. Avatar Marco
    Marco

    Salve,

    Il codice Ateco pertinente per attività di compravendita di titoli sui mercati finanziari per proprio conto non è il 64.99.30 ?
    64.99.30: investimenti per conto proprio in titoli o altri strumenti finanziari (come da Teco Inocamere).
    Il 66.12.00 – come da Ateco Infocamere – non fa riferimento agli investimenti per proprio conto.

    Grazie
    Cordiali Saluti

  2. Avatar Stefano
    Stefano

    Buonasera, articolo interessante!

    Quindi se apro una società devo comunque pagare il 26% del capital gain, ho capito bene?

    1. Avatar Redazione Professionale
      Redazione Professionale

      Buonasera, con una società potrebbe versare solo 1,2% sui dividendi o sulle plusvalenze. Situazione da analizzare e approfondire nello specifico.

      Grazie per averci scritto

  3. Avatar Andrea
    Andrea

    Buonasera, ma se dovessi aprirmi una partita iva a regime forfettario e fare trading di professione dovrò pagare le plusvalenze tassate del 26% oltre al 5% del forfettario oppure pagherò solo il 5%? Oltre all’ivafee naturalmente.
    Grazie

    1. Avatar Redazione Professionale
      Redazione Professionale

      Buongiorno,
      non può fare trading online facendo compravendita di titoli con partita iva. La partita iva può essere aperta per attività di consulenza, se ci sono i requisiti e le condizioni.

      Grazie per averci scritto

  4. Avatar Domenico Izzo
    Domenico Izzo

    Buongiorno,
    attualmente ho un deposito titoli intestato a persona fisica e percepisco dividendi da azioni americane, per cui mi viene applicata una doppia tassazione, sia in USA (15%) che in Italia (ulteriore 26%).

    Nel caso in cui aprissi una s.r.l. in Italia e trasferissi tutti i titoli da persona fisica alla neonata s.r.l., la banca mi accrediterebbe i dividendi a lordo delle imposte secondo lo scherma di sotto, è corretto?

    S.R.L. (imposta di bollo forfettaria pari a €100 all’anno)
    Dividendo incassato: 100
    Ritenuta USA in uscita (15%): 15
    Dividendo netto percepito: 85 (questo sarebbe importo accreditato da banca su conto corrente)
    Base imponibile IRES: (100*5%) = 5
    IRES lorda (24%): (5*24%) = 1.2
    Credito per imposte estere (15% * 15) = 0.75
    IRES netta (1.2 – 0.75) = 0.45

    Nel caso della S.R.L. in Italia, lo Stato italiano mi applicherebbe la tassazione quando la s.r.l. effettuerà la distribuzione di utili in capo al socio persona fisica. E’ corretto?
    Se fra 10 anni deciderò di effettuare una distribuzione utili, su quella verrà applicata la tassazione in vigore fra 10 anni (esempio: 26%). Fino ad allora la tassazione applicata sarà quella sopra descritta e quindi senza l’applicazione del 26%.
    La suddetta [Base imponibile IRES] sarebbe altresì utilizzabile per deduzioni, come ad esempio abbonamenti a riviste finanziarie, giusto? Sono obbligato a emettere fatture? Come posso utilizzare il credito per imposte estere?

    1. Avatar Redazione Professionale
      Redazione Professionale

      Buongiorno,
      in linea di massima il ragionamento potrebbe anche essere corretto, da rivedere in alcuni passaggi. La pianificazione fiscale per un’attività simile è molto complessa e deve tener conto di parecchie variabili, tra cui le norme sulle holding e sulle società di comodo. Le consigliamo di rivolgersi a un professionista, più che per strutturare la sua tesi, piuttosto per valutare soluzioni possibili alla sua personale situazione finanziaria.

      Grazie per averci scritto

  5. Avatar Lorenzo
    Lorenzo

    Salve,
    vorrei investire i soldi rimanenti della NASPI (c.a. 1 anno e mezzo) per fare trading a titolo personale (non per conto terzi).
    L’INPS risponde che è possibile fare domanda per avere la NASPI rimanente in un’unica soluzione entro 30gg dall’apertura della p.iva.
    Vi è mai capitato questo scenario?
    Quale regime dovrei utilizzare?

    1. Avatar Redazione Professionale
      Redazione Professionale

      Buongiorno,
      se l’attività di trading è svolta per se stessi non si apre la partita iva e, pertanto, non è possibile richiedere la NASPI in unica soluzione per apertura di partita iva.

      Grazie per averci scritto

      1. Avatar Lorenzo
        Lorenzo

        ok ma in tal caso come dichiaro gli introiti derivanti dal trading? o come verso INPS e quant’altro? insomma, come sono inquadrato a livello fiscale e pensionistico?
        Questo appunto se volevi fare il trading come attività principale.

        Grazie

        1. Avatar Redazione Professionale
          Redazione Professionale

          Buongiorno,
          da un punto di vista fiscale gli introiti del trading si dichiarano nel quadro RT.

          Grazie per averci scritto

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