Delocalizzazione delle imprese: nuove norme e sanzioni

Il Decreto Aiuti ter prevede una serie di sanzioni alle imprese che decidono di delocalizzare. Scopriamo cosa cambia d'ora in avanti.

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Delocalizzazione imprese
  • Il Decreto Aiuti ter cambia le norme e le sanzioni sulla delocalizzazione delle imprese.
  • Le multe aumentano del 500% se l’azienda si trasferisce senza un piano occupazionale.
  • Il legislatore ha intenzione di sanzionare chi incassa i contributi statali per poi spostarsi all’estero.

Sono in arrivo nuove sanzioni per gli imprenditori, che optano per la delocalizzazione della propria azienda. Saranno obbligate a restituire i benefici ricevuti le imprese che chiudono l’attività, se questa scelta è effettuata senza valide e reali motivazioni, strettamente legate alla crisi. Ma soprattutto senza provvedere a fornire una tutela ai lavoratori.

Quelle che abbiamo appena elencato sono alcune delle misure contenute all’interno del Decreto Aiuti ter. Ad anticipare questi contenuti hanno provveduto i comunicati stampa datati 16 settembre 2022 firmati dal Ministero del Lavoro e da quello dello Sviluppo Economico.

Di cosa si devono preoccupare gli imprenditori, che hanno intenzione di procedere verso la delocalizzazione della propria azienda? Principalmente di stabilire un valido piano di tutela per i lavoratori.

Delocalizzazione: le sanzioni previste

Il Decreto Aiuti ter vuole combattere quella che è definita come la delocalizzazione selvaggia. Da quello che si apprende dai comunicati stampa dello scorso 16 settembre 2022 del Mise e del Ministero del Lavoro, con il nuovo decreto legge è stata introdotta una vera e propria norma anti-delocalizzazione.

Ad essere colpite direttamente sono le aziende che non rispettano la normativa in vigore e le procedure ed optano per abbandonare velocemente l’Italia. Lo scopo di queste operazioni è quella di spostare la produzione in un altro paese, con l’intento di avere maggiori vantaggi competitivi, senza preoccuparsi dei lavoratori e delle loro famiglie.

Ma soprattutto senza pensare agli impatti che una decisione del genere possa avere sul tessuto sociale ed economico della comunità, che hanno deciso di abbandonare.

Nel caso in cui il datore di lavoro non presenti un piano con le ricadute occupazionali ed economiche, sarà tenuto a pagare una multa maggiorata del 500% rispetto a quanto era previsto fino ad oggi. Se si dovesse procedere verso una riduzione del personale oltre il 40%, scatterà l’obbligo di rimborsare tutti i benefici ricevuti nel corso degli ultimi 10 anni.

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A quanto ammontano le nuove sanzioni

La delocalizzazione selvaggia sarà punita duramente. Il legislatore ha previsto delle nuove sanzioni alle imprese che decidono di delocalizzare o chiudono definitivamente la propria attività. La decisione di allontanarsi dall’Italia, perché porti all’irrogazione delle sanzioni, non viene incentivata se non per casi di crisi economica evidenti.

Ma soprattutto le imprese dovranno tutelare i lavoratori licenziati. Saranno, quindi, colpite le aziende che non sottoscrivono con i sindacati un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche che derivano dalla chiusura dell’attività.

A chiarire a quanto ammontano le multe è la bozza del Decreto Aiuti ter, che prevede che per ogni lavoratore licenziato è corrisposta una sanzione pari al contributo di licenziamento previsto dalla legge n. 92/2012 aumentato del 500%.

Rispettando questa norma, nel caso in cui ci sia un licenziamento collettivo senza aver prima sottoscritto un accordo sindacale, può essere inflitta una sanzione pari al 41% del massimale mensile previsto dall’Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia l’Aspi, che dal 2015 è stata sostituita dalla Naspi, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale maturati nel corso di tre anni, moltiplicato per tre volte.

Delocalizzazione: la sottoscrizione di un piano

Nel caso in cui il datore di lavoro sottoscriva un piano con i sindacati, ogni mese l’azienda dovrà comunicare a questi ultimi lo stato di avanzamento. Periodicamente dovrà essere messo in evidenza il rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione. E si dovranno mettere in evidenza i risultati ottenuti.

Nel caso in cui il piano non sia stato presentato, il datore di lavoro sarà obbligato a rendere nota questa mancanza. O sarà tenuto, in alternativa, a mettere in evidenza il mancato raggiungimento dell’accordo sindacale nelle apposite dichiarazioni di carattere non finanziario.

Ad ogni modo, l’azienda deve quindi muoversi nella pratica verso una tutela dei propri dipendenti, prima di decidere di spostarsi all’estero.

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Restituzione dei benefici statali

Nelle regole che sono state inserite nel Decreto Aiuti ter e che dovrebbero frenare la corsa alla delocalizzazione delle aziende, vi è anche l’ipotesi di revoca e restituzione dei benefici statali, che sono stati ricevuti.

Questa sezione del decreto interessa le imprese che, dopo aver avviato il processo di delocalizzazione, decidono di interrompere completamente l’attività produttiva. O quanto meno decidano di chiudere la parte più importante, arrivando a licenziare il 40% del personale che è stato impiegato nel corso dell’ultimo anno.

Il datore di lavoro, nel caso in cui si verificasse questa ipotesi, sarà tenuto a restituire, in maniera proporzionale alla riduzione del personale, tutte le sovvenzioni ed i contributi ricevuti dallo Stato. Dovranno essere restituiti anche eventuali sussidi, ausili finanziari e i vantaggi economici a carico della finanza pubblica, dei quali ha beneficiato nel corso dei dieci anni precedenti.

Quanto verrà incassato a seguito dell’irrogazione di queste sanzioni sarà utilizzato per finanziare i processi di reindustrializzazione. Le somme potranno essere utilizzate anche per la riconversione industriale delle aree che sono state colpite dall’interruzione dell’attività. 

Le disposizioni previste dal Decreto Aiuti ter si applicano anche alle eventuali procedure di delocalizzazione avviate prima dell’entrata in vigore del decreto stesso e che, al momento, non risultino ancora essere concluse.

Delocalizzazione delle imprese – Domande frequenti

A quanto ammontano le sanzioni in caso di delocalizzazione selvaggia?

Nel caso in cui un imprenditore decida di andare all’estero senza concordare un piano con i sindacati, si ritroverà con delle sanzioni più care del 500%, oltre all’obbligo di restituire i contributi statali ricevuti.

Come verranno utilizzati i fondi incassati dalle sanzioni per delocalizzazione?

In linea teorica, è previsto che vengano utilizzati per riconvertire le aree abbandonate dalle aziende. Scopri qui tutte le misure prese dal Decreto Aiuti ter in questo senso.

Con le nuove norme, agli imprenditori sarà impedito di trasferirsi all’estero?

No, non vige alcun divieto. Ma nel momento in cui lo dovessero fare, dovranno impegnarsi per ridurre al massimo l’impatto economico e sociale della loro scelta.

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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