La riforma del sistema tributario italiano, promossa dal Governo Meloni, non prevede solo la elaborazione di codici e la razionalizzazione delle imposte, bensì anche interventi sull’accertamento e sul contenzioso tributario.
L’evasione in Italia, ogni anno, ammonta a 75-100 miliardi di euro, una cifra spaventosa che, nonostante le misure che si sono succedute in questi anni non riesce a diminuire.
Gli interventi in tal senso sono stati numerosi, quasi sempre incentrati su attività di repressione o su mal gestite attività di compliance che, dal lato del contribuente, rendono poca giustizia alle situazioni di difficoltà, premiando al contrario chi non se lo merita.
Per ricostruire un rapporto difficile tra il fisco e il contribuente italiano si punta su due elementi:
- il tempo delle prescrizioni e per gli accertamenti;
- misure di compliance non punitive ma gestibili in modo personalizzato con i contribuenti.
Concordato fiscale preventivo biennale
In questo senso si inserisce il concordato fiscale preventivo biennale, una misura che già dai mesi successivi all’insediamento del nuovo esecutivo, è stata proposta come una delle possibili soluzioni, soprattutto, per le imprese e i lavoratori autonomi di minori dimensioni.
In cosa consiste questa misura?
Il fisco italiano ha in mano una marea di dati e di informazioni sui contribuenti, dalle numerose banche dati fiscali alimentati dai professionisti italiani, che attraverso le attività di trasmissione telematica, per conto dei cittadini, in qualità di intermediari, hanno agevolato il Ministero dell’economia e delle finanze in questa attività di censimento economico e fiscale.
Questi dati consentono all’Agenzia delle entrate di formulare una proposta ai contribuenti di minori dimensioni, aderente al profilo fiscale del soggetto e alle sue potenzialità.
Attraverso l’adesione alla proposta, il contribuente potrà sapere in anticipo quali saranno le imposte dirette da versare all’erario e programmare la sua attività di impresa senza patemi d’animo e senza sorprese, quanto a imposizione.
Una misura particolarmente adatta alle aziende che prevedono una crescita strutturale e intendono concentrarsi su questo aspetto, piuttosto che sulla pianificazione e ottimizzazione fiscale, opera in cui l’imprenditore, di solito, spende delle energia che potrà destinare alla produzione.
Concordato preventivo, un po’ di storia
Il concordato preventivo biennale non è una assoluta novità. Venti anni fa il ministro Tremonti aveva già avviato un progetto di tassazione preventiva concordata per contrastare l’evasione, soprattutto per le aziende più piccole e coinvolte in questo fenomeno.
Queste aziende potevano essere esonerate dalla emissione dello scontrino fiscale o di altri documenti fiscali, semplificando in ciò la loro gestione ordinaria. Una misura particolarmente adatta ai commercianti.
Al momento della sua introduzione, venti anni fa, probabilmente per una mancanza di comunicazione o per una complessità della misura per i consulenti delle aziende che non sono stati adeguatamente coinvolti nella attività divulgativa, questa iniziativa dell’allora governo è stata un flop.
Il gettito fu inferiore al 2% di quello previsto e questa possibilità di adesione al concordato fiscale preventivo fu presto abbandonata.
I punti deboli della misura
È questo uno dei principali motivi per cui c’è molto scetticismo sul buon esito di questa parte della riforma che, non si capisce, per quale motivo dovrebbe essere vincente dopo venti anni e un insuccesso alle spalle.
Un’altra obiezione, avanzata dagli addetti ai lavori, è quella della difficoltà nei controlli di eventuali operazioni elusive o evasive, attraverso lo spostamento di compensi e ricavi, da partite iva con regime di tassazione ordinaria a partite iva con tassazione agevolata e forfetizzata.
In particolare si presta al fenomeno della falsa fatturazione tra due società che potrebbero l’una fruire di una non tassazione dei ricavi e l’altra della deduzione dei costi, risolvendosi in una mancanza di gettito che, a seconda dei casi, potrebbe avere degli importi anche molto significativi.
Ad esempio, se una società che gode della tassazione agevolata attraverso il concordato preventivo e, poniamo il caso, che versi le imposte fino a 100.000 euro di ricavi, superata questa soglia non pagherebbe imposte sul reddito. La fattura emessa a favore di una società dello stesso gruppo o di una società compiacente, in regime ordinario di tassazione, consentirebbe all’azienda che riceve la fattura, di poter dedurre i 100.000 euro dal reddito, risparmiando il 24% di IRES, oltre all’eventuale IRAP.
Il danno per l’erario sarebbe di circa 28.000 euro!
I vantaggi del concordato preventivo biennale
D’altro canto, il concordato preventivo biennale consente all’imprenditore di lavorare con maggiore serenità e di produrre utili senza doversi preoccupare di una crescita che, anche se positiva da un punto di vista aziendale, tante volte non è conveniente.
L’impegno profuso, a volte, viene vanificato dalla elevata tassazione, che non rende conveniente occupare tempo e energie supplementari alle iniziative imprenditoriali.
Prima di dare un giudizio definitivo attendiamo i dettagli su questa misura per valutare se l’applicazione sarà semplice o, per la seconda volta, si risolverà in un nulla di fatto. Alla fine saranno sempre gli imprenditori a decidere se varrà la pena dedicarsi alla analisi della novità ed alla sua concreta applicazione, con l’ausilio del proprio commercialista.