Freelance in Italia, cresce il fenomeno del side hustle: perché i dipendenti aprono anche la partita IVA

Un'indagine condotta da HYPE fa luce sul mondo dei freelance italiani: motivati, specializzati ma sempre più abituati ad affiancare partita IVA e lavoro da dipendente.

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L’Italia dei liberi professionisti nel 2025 è più matura, più istruita e più complessa di quanto suggeriscano gli stereotipi, mentre cresce il fenomeno del side hustle, la doppia attività tra lavoro dipendente e partita IVA. È quanto emerge da un’indagine interna condotta da HYPE, neobank che offre HYPE Business, conto aziendale per ditte individuali e liberi professionisti con partita IVA, su oltre 490 clienti.

La ricerca delinea chi sono oggi i lavoratori autonomi, perché scelgono l’indipendenza, in quali settori operano e come stanno davvero dal punto di vista economico e psicologico, con un focus specifico sulle nuove forme ibride di occupazione.

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Chi è il libero professionista italiano

Lo studio mostra un’Italia del lavoro autonomo lontana dall’immagine del freelance giovane e improvvisato. Più della metà dei professionisti con partita IVA analizzati ha superato i 45 anni, e il 58% dichiara di aver aperto la partita IVA da oltre sei anni, segno di un tessuto professionale consolidato e con lunga esperienza alle spalle. Il genere resta una discriminante netta: il 72% del campione è uomo, mentre le donne sono minoranza e vengono descritte come più esposte a fragilità economiche e a penalizzazioni nell’accesso alle opportunità.

Il livello di istruzione è elevato: il 94% possiede almeno un diploma e il 44% ha un titolo universitario o post-universitario. Questa formazione si riflette nei settori prevalenti, concentrati su professioni ordinistiche, attività di consulenza specialistica e lavori ad alto valore aggiunto.

Il ritratto complessivo è quello di lavoratori autonomi consapevoli, che scelgono l’indipendenza non tanto per convenienza economica, quanto per allineamento con un sistema di valori legato alla libertà personale, all’identità professionale e al desiderio di autorealizzazione.

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Che cos’è il side hustle

Uno dei dati più significativi rilevati da HYPE è la crescita del side hustle, una forma di lavoro ibrida in cui un’attività autonoma convive con un contratto da lavoratore dipendente. L’11% del campione combina infatti lavoro dipendente e partita IVA: di questi, il 7% affianca alla partita IVA un impiego full-time, mentre il 4% mantiene un lavoro part-time.

La doppia attività non è appannaggio esclusivo dei giovani e attraversa tutte le generazioni. In particolare, per gli over 45 il side hustle diventa uno strumento di transizione professionale, di ampliamento delle opportunità o di stabilizzazione economica in un contesto percepito come incerto.

Secondo l’indagine, la costruzione di identità professionali multiple sta diventando una delle caratteristiche strutturali e culturali del mercato del lavoro attuale, superando l’idea di un’unica etichetta professionale.

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In quali settori si sviluppa il side hustle

I side hustler operano in settori ad alta specializzazione, accomunati da flessibilità, possibilità di lavoro da remoto e capacità di monetizzare competenze verticali molto specifiche. Una quota rilevante è composta da avvocati, architetti, commercialisti e ingegneri che, oltre all’attività ordinistica, affiancano progetti autonomi o consulenze specifiche tramite partita IVA. Seguono il commercio e l’e-commerce, la consulenza strategica e aziendale e le professioni della comunicazione e del marketing digitale.

Sul piano del genere, gli uomini tendono a inserire l’attività autonoma come componente aggiuntiva di reddito e percorso professionale, mentre le donne userebbero il side hustle come spazio di espressione professionale e come strumento più flessibile.

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Perché si apre la partita IVA

Le motivazioni all’origine dell’apertura della partita IVA non sono prevalentemente economiche. La leva principale è la ricerca di autonomia e indipendenza, indicata dal 29% del campione, seguita dall’opportunità di crescita e realizzazione personale. Solo il 13% dichiara di aver scelto il lavoro autonomo principalmente per aumentare il guadagno.

Questa tendenza attraversa le generazioni, pur con sfumature differenti. Per i più giovani la partita IVA viene vissuta come un atto di emancipazione e affermazione personale. Per i professionisti con più esperienza invece è una scelta di consolidamento del proprio percorso e di rafforzamento dell’identità professionale.

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Work-life balance e sicurezza economica

Nonostante l’equilibrio vita-lavoro sia uno dei driver principali nella decisione di mettersi in proprio, quasi la metà dei professionisti intervistati afferma che questo obiettivo si è realizzato solo parzialmente o non si è affatto realizzato. Anche la sicurezza economica è un terreno fragile: il campione risulta diviso in parti quasi uguali tra chi si sente stabile e chi vive in una condizione di incertezza.

La fascia più vulnerabile è quella tra i 18 e i 24 anni. Di questi, il 42% riesce a coprire le spese quotidiane con difficoltà, indice di una fragilità strutturale nella fase di ingresso nel lavoro autonomo. Con l’avanzare dell’età la situazione migliora, fino agli over 65 che dichiarano, nel complesso, livelli di stabilità economica soddisfacenti.

Permangono però differenze di genere significative: il 14% delle donne fatica ad arrivare a fine mese, contro l’8% degli uomini. Le donne riportano anche maggiore ansia nella gestione delle scadenze e minore sicurezza percepita nelle proprie capacità, ma dimostrano di avere una migliore organizzazione preventiva delle attività.

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Competenze operative da rafforzare

Sul piano attitudinale, il mindset del libero professionista italiano risulta fortemente imprenditoriale. Oltre l’80% degli intervistati si definisce proattivo, capace di iniziativa e disposto ad assumersi rischi. Tuttavia, quando si passa alla gestione quotidiana emergono criticità: solo il 56% si sente davvero in grado di affrontare gli imprevisti.

Il networking viene indicato come la competenza più debole, soprattutto tra i più giovani, che faticano a costruire e mantenere relazioni professionali solide. Questo scarto tra autoconsapevolezza, aspirazioni e capacità operative viene individuato come una delle sfide centrali del lavoro autonomo oggi: trasformare l’intraprendenza personale in processi strutturati e sostenibili nel tempo.

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