Stipendi in Italia 2024: -6,9% rispetto al 2019, è record al ribasso in Europa

Dati recenti sull'area OCSE rilevano che gli stipendi in Italia sono in calo del -6,9% rispetto al 2019: ecco cosa sta accadendo.

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  • Nonostante l’aumento dell’occupazione in Italia tra il 2023 e il 2024, con una progressiva ripresa rispetto al periodo pandemico, i salari sono ancora troppo bassi.
  • A confronto con l’Europa, il nostro paese segna un record al ribasso sugli stipendi: -6,9% rispetto al 2019.
  • L’occupazione giovanile e femminile in Italia sono critiche, tuttavia crescono le opportunità intorno al settore green.

L’Italia registra ancora stipendi troppo bassi, rispetto agli altri paesi europei e facendo un confronto con il periodo pre-pandemico, ovvero con il 2019. Nonostante l’incremento in positivo dell’occupazione e la crescita economica che ha coinvolto il nostro paese negli ultimi anni, registriamo un -6,9% per ciò che riguarda i salari.

Si verifica quindi un record al ribasso in Europa, dove in altri paesi gli stipendi hanno subito variazioni più contenute. A fornire questo quadro generale sono gli ultimi dati OCSE1 sulle prospettive di occupazione per il nostro paese, che rilevano una panoramica allarmante sulle paghe.

Nota negativa è anche l’occupazione di giovani e donne, che oltre ad avere meno possibilità di ingresso nel mondo del lavoro, sono coinvolti da salari generalmente bassi. Il settore green invece può rivelarsi decisivo per l’incremento del lavoro. Vediamo in questo articolo tutti i dati.

Stipendi bassi in Italia: -6,9%

Gli stipendi medi corrisposti ai lavoratori italiani sono bassi, con picchi record in negativo rispetto agli altri paesi OCSE. Il nostro paese infatti è quello che più di tutti ha risentito dell’inflazione e della crisi economica da questo punto di vista, nonostante l’aumento effettivo dell’occupazione.

Nei primi tre mesi del 2024 infatti i salari registravano un -6,9% rispetto allo stesso periodo del 2019, ovvero prima dell’arrivo del Covid-19. Anche se la decrescita dei salari si è registrata in altri paesi dell’Europa e del mondo, i dati italiani rimangono i più preoccupanti.

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Come si può vedere dal grafico, altri paesi vicini come Francia e Regno Unito hanno registrato una decrescita più contenuta, mentre l’Italia rimane l’ultima nell’area euro. Anche diversi paesi fuori dall’Europa fanno meglio di noi: Australia, Canada e Giappone nonostante la decrescita non raggiungono i picchi italiani al ribasso.

Un dato da evidenziare riguarda la crescita generale dei salari avvenuta tra il 1991 e il 2023, che mentre per la media dei paesi europei si attesta intorno al 32,5% in più, per l’Italia raggiunge appena l’1%. Nel nostro paese le buste paga rimangono sempre le stesse, o peggio scendono.

Solamente Repubblica Ceca e Svezia registrano un decremento maggiore del nostro, tenendo conto le forti differenze dell’economia interna rispetto all’Italia.

Intorno alle cause di questo andamento si possono individuare diversi fattori, che peggiorano la situazione in modo più o meno incisivo: dalla mancanza del salario minimo, presente nella maggior parte dei paesi europei, all’elevata pressione fiscale che coinvolge le imprese, fino alle recenti criticità demografiche e di occupazione giovanile e femminile.

Si prevede comunque per i prossimi anni una lenta crescita per i salari anche in Italia: si parla di un +2,7% nel corso del 2024 e di un +2,5% nel 2025.

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Occupazione in aumento nell’area OCSE

Un dato positivo invece riguarda l’andamento dell’occupazione in area OCSE e anche in Italia: si registra infatti un generale decremento della disoccupazione, rilevando un maggior numero di persone impegnate sul lavoro rispetto al periodo di pandemia e pre-pandemico.

La ripresa economica infatti ha trainato le opportunità di impiego, per cui i dati evidenziano tassi di disoccupazione bassi. Va sottolineato però che l’aumento dell’occupazione non è direttamente collegato al peso dei salari reali, che rimane comunque basso nel nostro paese.

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Anche in Italia la disoccupazione ha registrato un rapido decremento negli ultimi anni, arrivando ad un picco di occupati del 62,3% ad aprile 2024, come rilevato dai dati Istat2. Nel nostro paese è sceso quindi il numero di persone che cercano attivamente lavoro, con un tasso di disoccupazione in calo al 6,9%.

Questi dati incoraggianti tuttavia lasciano fuori la componente giovanile della popolazione, per cui nella fascia di età tra 15 e 24 anni rimane invariato il numero di persone in cerca di un’occupazione (con tasso di disoccupazione alto al 20,2% per questa categoria).

La ripresa economica quindi nel nostro paese ha consentito alle aziende di garantire più posti di lavoro per dipendenti e nuove collaborazioni e opportunità per gli autonomi. Di contro, i salari sono rimasti gli stessi, se non diminuiti, con valori in netto contrasto rispetto a quelli positivi che riguardano l’occupazione.

Contratti collettivi e salario minimo

In Italia il salario minimo è ancora assente, nonostante sia una realtà per molti paesi europei. Tuttavia una nota positiva a proposito delle retribuzioni deriva dagli aggiornamenti dei Contratti Collettivi Nazionali, al momento gli unici strumenti che garantiscono soglie minime di stipendio in alcuni settori e per specifiche mansioni.

I CCNL infatti contengono disposizioni di legge sulle paghe dei dipendenti, sui diritti e sul funzionamento di indennità, tredicesime e quattordicesime. A questo proposito i dati OCSE individuano una crescita dei salari collegata direttamente a questi contratti.

Molti CCNL importanti infatti sono stati rinnovati quest’anno, a partire dal settore dei servizi, per cui si parla di un 2,8% di crescita dei salari negoziati rispetto al 2023. Coloro che sono assunti con un contratto collettivo scaduto infatti sono scesi dal 41,9% al 16,7% nei primi mesi del 2024.

Il settore green traina l’occupazione

Un fattore rilevante per l’area OCSE è l’impatto del settore green: nel tempo cambieranno le professioni e saranno necessarie sempre di più all’interno delle aziende figure specializzate nella sostenibilità ambientale e nella transizione verde.

Attualmente almeno il 20% degli occupati lavora in un ambito trainato da questa trasformazione, coprendo un’importante fetta dell’occupazione. Soprattutto le giovani generazioni saranno coinvolte nei nuovi lavori green, anche in Italia, nei prossimi anni, mentre scenderanno gli impieghi in settori altamente inquinanti.

Nel nostro paese c’è bisogno di conseguenza di maggiore formazione a riguardo, affinché le imprese possano trovare più facilmente professionisti da impiegare e per consentire il passaggio.

La formazione dovrà essere portata avanti anche con iniziative specifiche, come il Supporto Formazione e Lavoro che da poco ha preso il posto del reddito di cittadinanza (insieme all’Assegno di Inclusione), con l’obiettivo di garantire un’occupazione (anche nel green) a chi si trova in difficoltà economica.

  1. Prospettive dell’occupazione OCSE 2024: Nota Paese: Italia, OCSE, oecd.org ↩︎
  2. Occupati e disoccupati (dati provvisori) – Aprile 2024, ISTAT, istat.it ↩︎
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Valeria Oggero

Giornalista

Giornalista pubblicista, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle Partite Iva. La curiosità mi ha portato a collaborare con agenzie web e testate e a conoscere realtà anche diversissime tra loro, lavorando come copywriter e editor freelancer.

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