Partita IVA monocommittente: cos’è, quando è vietata e quando è consentita

La partita IVA monocommittente può essere considerata falsa se non vengono rispettate delle precise condizioni. Leggi quando è consentita.

di Ilenia Albanese

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  • Avere la partita IVA monocommittente significa aprire la partita IVA ma avere un unico committente.
  • Questo tipo di partita IVA non è vietato, ma bisogna rispettare alcune condizioni, altrimenti si tratta di presunzione di subordinazione.
  • In caso di falsa partita IVA il committente potrebbe essere tenuto ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato e a pagare gli arretrati di stipendi, contributi e tasse, oltre alle sanzioni.

Alcuni professionisti si ritrovano ad aprire la partita IVA e a lavorare per un unico committente, ma è legale la partita IVA monocommittente?

Questo è il caso in cui il titolare è un libero professionista che lavora per un unico cliente. Si tratta di una possibilità che può presentarsi per diverse ragioni. Ad esempio, quando un autonomo lavora come collaboratore esterno di un’azienda che non vuole assumere personale interno e si affida per collaborazioni continuative a personale esterno.

In tal caso, il professionista, lavorando in modo continuativo, sarà tenuto ad aprire la partita IVA. Tuttavia, vi sono dei casi in cui questo tipo di partita IVA è vietato e in questo articolo di approfondimento capiremo in quali circostanze.

Cos’è la Partita IVA monocommittente

Le tipologie contrattuali previste in Italia sono due: lavoro subordinato e lavoro autonomo. Nel lavoro subordinato il lavoratore ha un datore di lavoro che paga gli stipendi e, in veste di sostituto d’imposta, versa per conto suo i contributi e le tasse.

Invece, nel caso del lavoratore autonomo, sarà quest’ultimo a pagare imposte e contributi in base al fatturato generato. Inoltre, una delle caratteristiche delle partite IVA è quella di lavorare per più committenti, o clienti. Una specifica importante del lavoro autonomo è l’assenza di vincoli di subordinazione da parte dei committenti.

Tuttavia, vi sono alcuni casi in cui una partita IVA ha un unico committente. In questo caso viene definita come partita IVA monocommittente.

Questa tipologia di modalità, tuttavia, porta ad alcuni rischi. Infatti, vi sono dei casi specifici in cui la partita IVA con un unico committente è considerata una partita IVA falsa.

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Partita IVA monocommittente: requisiti

Per poter essere valida, la partita IVA monocommittente deve presentare alcuni requisiti specifici. Altrimenti verrà considerata falsa dalle autorità finanziarie.

Nello specifico, è consentito avere una posizione IVA con un unico committente se si tratta di una collaborazione prevista dai contratti collettivi nazionali del lavoro (o CCNL) o da accordi sindacali. In tal caso, infatti, tali accordi hanno come obiettivo quello di trovare un punto di incontro per rispondere alle esigenze dei settori produttivi.

È, inoltre, ritenuta valida la partita IVA monocommittente per i professionisti iscritti agli ordini professionali e così vale anche per i membri di organi di amministrazione e controllo dell’azienda che svolgono ruoli per cui è necessario aprire la partita IVA.

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Un altro caso in cui è valida la partita IVA con un unico committente è per i professionisti che lavorano con le ASD, associazioni sportive e dilettantistiche riconosciute dal CONI.

Infine, un’ultima opzione che consente la partita IVA monocommittente è quella delle prestazioni certificate che rispettano i requisiti previsti dalla legge. Questo è, ad esempio, il caso di lavori per università pubbliche o private. Negli altri casi, invece, la partita IVA è considerata falsa se ha un solo committente.

Tuttavia, ricordiamo che è possibile lavorare come dipendente di un’azienda e al contempo aprire la partita IVA con un unico committente, purché il reddito da dipendente non sia superiore a 30.000 euro annui se si intende aderire al regime forfettario e non ci siano clausole di divieto nel contratto.

Partita IVA monocommittente: quando è considerata falsa

Se non vengono rispettate le condizioni che abbiamo visto nel paragrafo precedente, la partita IVA monocommittente è considerata falsa. Infatti, vi sono alcuni casi in cui il lavoro autonomo si trasforma in lavoro subordinato. Ma cosa significa?

Vi sono situazioni in cui le aziende, per risparmiare sui costi per il personale, decidono di affidarsi a collaboratori esterni. Infatti, pagare la fattura ad un titolare di partita IVA è molto meno oneroso rispetto al versare gli stipendi, il TFR e tutto ciò che ne consegue ad un lavoratore dipendente.

Questi lavoratori “autonomi”, per non perdere il posto di lavoro decidono di aprire una falsa partita IVA. Per essere considerata falsa, ad esclusione delle casistiche che abbiamo visto sopra, la posizione IVA deve:

  • avere una collaborazione con un unico committente dalla durata superiore agli otto mesi per due anni consecutivi (criterio temporale);
  • il fatturato del lavoratore autonomo proviene all’80% da un solo committente nei due anni solari (criterio del fatturato);
  • il lavoratore ha a disposizione una postazione fissa di lavoro presso la sede del committente (criterio organizzativo).

Di conseguenza, è considerata una partita IVA falsa se si presentano le seguenti condizioni:

  • prestazione continuativa nel tempo e non limitata a singoli progetti;
  • il lavoratore autonomo entra a far parte della struttura aziendale;
  • il lavoro è organizzato dal committente, compresi orario di lavoro, mansioni e luogo di lavoro.

La Circolare n. 32/2012 del Ministero del Lavoro ha specificato, in riferimento al criterio temporale, che il periodo oggetto di analisi deve essere almeno pari a 241 giorni, anche non continuativi. In questi casi, infatti, si tratta di presunzione di subordinazione, definita dalla Legge n.92/2012.

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Presunzione di subordinazione: cos’è e conseguenze

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Per intervenire sul crescente fenomeno delle false partite IVA, è stato introdotto il decreto legislativo numero 81/2015, il Jobs Act, che stabilisce in quali casi la collaborazione è considerata presunzione di subordinazione.

Le false partite IVA con presunzione di subordinazione si comportano al pari di un lavoratore dipendente dell’azienda. Infatti, laddove dovrebbe esserci un rapporto subordinato, si è instaurata una finta collaborazione.

Questo, però, se da una parte rappresenta un importante risparmio economico per l’azienda, è anche un grosso rischio. Infatti, le conseguenze dei controlli da parte dell’autorità finanziaria possono essere le seguenti: prima di tutto l’azienda sarebbe tenuta ad assumere il lavoratore autonomo a tempo indeterminato.

In più, dovrebbe anche pagare tutti gli arretrati partendo dall’inizio della collaborazione, versando gli stipendi pregressi, i contributi e anche le tasse per conto del lavoratore.

Infine, sono previste anche sanzioni a carico dell’azienda, mentre non sono applicate multe per il lavoratore che è stato costretto ad aprire la partita IVA.

La presunzione di subordinazione, inoltre, per un lavoratore autonomo comporta importanti svantaggi. Infatti, non offre alcuna tutela prevista invece per i dipendenti, così come non permette di godere di importanti vantaggi, tra cui:

  • ferie e permessi retribuiti;
  • tredicesima e quattordicesima;
  • contributi previdenziali pagati.

Partita IVA monocommittente – Domande frequenti

Cos’è la partita IVA monocommittente?

La partita IVA monocommittente si ha quando un rapporto di lavoro si instaura tra il titolare di partita IVA è un datore di lavoro. In alcuni casi si tratta di una partita IVA falsa che comporta rischi per l’azienda.

Quando è consentita la partita IVA monocommittente?

La partita IVA monocommittente è consentita nel caso di collaborazioni previste dai CCNL o accordi con i sindacati, professionisti iscritti a ordini professionali, lavori presso le ASD o in caso di prestazioni certificate che rispettano i requisiti previsti dalla legge.

È possibile il regime forfettario con un unico committente?

La partita IVA con un unico committente è vietata se la prestazione è continuativa nel tempo e non limitata a singoli progetti, se il lavoratore autonomo entra a far parte della struttura aziendale e se il lavoro è organizzato dal committente, compresi orario di lavoro, mansioni e luogo di lavoro.

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Ilenia Albanese

Esperta di finanza personale e lavoro digitale

Copywriter specializzata nel settore della finanza personale, con esperienza pluriennale nella creazione di contenuti per aiutare i consumatori e i risparmiatori a gestire le proprie finanze.

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