Dal dossier di finanza pubblica pubblicato a novembre 2025, emergono i primi dati relativi alle coperture necessarie per la manovra 2026, di cui una parte rilevante saranno garantite dalle imprese. Secondo le stime, ben 13,5 miliardi di euro arriveranno nel triennio 2026 – 2028 da nuove misure fiscali. Tra queste, è previsto l’aumento dell’IRAP, la revisione del regime dei dividendi e nuove imposte sulle riserve.
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Quanto costerà la manovra 2026
La manovra finanziaria 2026 prevede un intervento di circa 18 miliardi di euro medi annui. In termini di aumento del deficit pubblico, questo sarà pari a circa 6 miliardi di euro nel 2026. La differenza tra entrate e uscite salirà a 6,5 miliardi nel 2027 e poi ancora 7,1 miliardi nel 2028. Nel complesso, il deficit sarà di 19,7 miliardi nel triennio, un miliardo in più rispetto alle precedenti stime.
Il Governo, per trovare le risorse, partirà dalla riorganizzazione dei fondi PNRR. Rivedendo o rimandando alcuni progetti finanziati, conta di liberare risorse pari a 5,07 miliardi nel 2026, 718 milioni nel 2027 e 430 milioni nel 2028. È prevista poi una revisione generale delle spese di tutti i ministeri, con risparmi stimati in 5,7 miliardi nel triennio. Il dossier indica infine che una parte consistente delle risorse necessarie alla manovra sarà assicurata da interventi che riguardano le imprese. In particolare quelle del settore finanziario.
Manovra 2026, le tasse per le imprese
Il dossier che accompagna la manovra mostra che gli interventi diretti sulle imprese raccoglieranno una grossa fetta delle risorse. Si interverrà sull’IRAP, cui aliquota, per il settore finanziario e assicurativo, aumenterà del 2%. Per le banche e le società finanziarie, l’aliquota IRAP passerà dal 6,65% all’8,65%. Per le compagnie assicurative, salirà dal 7,9% al 9,9%. Questa singola misura prevede che porterà nelle casse dello Stato ben 3,8 miliardi di euro nei prossimi tre anni (2026-2028).
L’esecutivo metterà poi un freno temporaneo alla possibilità per le aziende di sfruttare alcuni strumenti che consentono di ridurre le tasse. Si limiterà cioè l’utilizzo delle perdite fiscali pregresse per compensare i guadagni futuri. Inoltre, si ridurrà l’uso dell’ACE (aiuto alla crescita economica), un beneficio fiscale che premia le aziende che aumentano il loro capitale. Queste limitazioni varranno per due anni (2026 e 2027) e si stima che faranno risparmiare allo Stato circa 3,3 miliardi di euro.
Le tasse sui dividendi
Cambieranno anche le regole su come vengono tassati i dividendi (la parte di utili che viene distribuita ai soci). Per accedere alle agevolazioni che permettono di escludere parzialmente il dividendo dalla tassazione, sarà introdotta una soglia di partecipazione minima del 10% nell’azienda. Questa razionalizzazione è attesa generare 2,86 miliardi di euro nel triennio.
Infine, le imprese avranno la possibilità di sbloccare le loro riserve di utili che non sono mai stati distribuiti, ma pagando in cambio una tassa sostitutiva. In pratica, si chiede alle aziende di pagare subito (con aliquota del 27,5% sugli utili accumulati fino al 2025 o del 33% su quelli del 2026) per regolarizzare queste somme. Solo nel 2026, grazie a questa misura, si prevede di incassare 1,6 miliardi di euro. Un’altra operazione simile verrà fatta sulle plusvalenze. In questo caso verrà riorganizzato il sistema di tassazione sui guadagni che derivano dalla vendita di beni, aziende o diritti sportivi, con un incasso previsto di circa 948 milioni di euro.
Coperture manovra 2026 da imposte indirette, aumentano accise e tasse sui tabacchi
La manovra 2026 prevede ulteriori misure sul fronte delle imposte dirette. È prevista cioè la rimodulazione delle accise su benzina e gasolio, come previsto dal decreto legislativo n. 43/2025, che garantirà 1,27 miliardi di euro nel triennio. Ci sarà poi un aumento della tassazione sui tabacchi e sui prodotti alternativi al fumo, con un gettito previsto di 1,47 miliardi di euro tra il 2026 e il 2028. Nel complesso, le variazioni sulle accise dovrebbero assicurare 2,74 miliardi di euro nel periodo.
Oltre a rivedere le spese dei ministeri e a chiedere un contributo maggiore a banche e imprese, sono state individuate altre fonti per finanziare la manovra finanziaria. Agendo principalmente su fondi già esistenti e migliorando l’efficienza della riscossione fiscale, una parte delle risorse arriverò da quello che, tecnicamente, viene chiamata definanziamento di alcuni capitoli di spesa. Il governo ha quindi deciso di non spendere o di ridurre i fondi inizialmente previsti in alcune aree specifiche (contenute nella Sezione II della manovra 2026). Questo renderà disponibili 2,3 miliardi di euro nell’arco dei prossimi tre anni.
Altre coperture arriveranno poi dalle risorse non utilizzate Fondi per lo sviluppo e la coesione (FSC) e il Fondo di parte corrente. Pari a ben 2,1 miliardi di euro nel primo caso e a 1,4 miliardi di euro nel secondo. Un’ulteriore fonte di entrate è prevista dall’articolo 25 del disegno di legge, che introduce una procedura automatizzata di liquidazione dell’IVA nei casi di omessa presentazione o dichiarazioni incomplete. Il gettito stimato è di 2 miliardi di euro nel triennio 2026-2028.










Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it