Festa della Repubblica, la riforma del premierato è un pericolo?

Il dossier sul premierato è sul tavolo e non ci resterà a lungo. Il Governo fa sapere che la riforma potrebbe arrivare in Aula già prima della pausa estiva, a luglio. Ecco perché non ha nulla a che vedere con il presidenzialismo e deve far paura.

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Festa della Repubblica

Oggi 2 giugno si festeggia la Festa della Repubblica, una ricorrenza che non è soltanto memoria storica e che, quest’anno, potrebbe assumere un significato tutto nuovo: mentre commemoriamo la nascita della Repubblica, il dibattito pubblico si concentra sulla proposta di riforma costituzionale del governo Meloni, che intende introdurre il premierato, ovvero l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Una riforma che promette una rivoluzione dell’assetto istituzionale, ma che solleva interrogativi profondi sul senso della democrazia e della rappresentanza.

Le origini della Festa della Repubblica

Era il 2 giugno del 1946, gli italiani – e per la prima volta anche le italiane – furono chiamati alle urne per scegliere tra monarchia e repubblica. Il 54,27% dei voti votò a favore della seconda. Una scelta maturata dopo vent’anni di dittatura fascista e una guerra devastante.

Il fatto più straordinario riguardò l’affluenza: quasi 25 milioni di votanti su 28 milioni di aventi diritto – che rappresentavano più dell’89% – decisero di pronunciarsi. L’assemblea costituente nacque proprio da questo voto, regalando al Paese una delle Costituzioni più complete al mondo. Oggi, dopo quasi ottant’anni, quanto dello spirito che animava l’Italia quel 2 giugno ci è rimasto? A giudicare dai dati sull’affluenza delle elezioni, che ha toccato nel 2022 il punto più basso con meno del 64% dei partecipanti, molto poco.

Il progetto del governo Meloni: premierato entro il 2025

Mentre le Frecce tricolori si preparano per dipingere il cielo di Roma, al centro dell’agenda politica dell’attuale governo resta la riforma costituzionale che la premier ha definito “madre di tutte le riforme”. Si tratta dell’introduzione del cosiddetto “premierato”, l’elezione diretta del presidente del Consiglio da parte dei cittadini, con poteri rafforzati rispetto all’attuale assetto parlamentare. Il/la premier rimarrebbe in carica per 5 anni, sarebbe eletto/a in un unico turno e con una scheda unica.

Il capo dello Stato, dunque, non nominerebbe più il presidente del Consiglio, ma gli conferirebbe l’incarico a seguito di elezioni, mentre manterrebbe per il potere di nomina dei ministri. In caso di dimissioni o decadenza del/della premier, poi, potrebbe assegnare l’incarico di formare un nuovo governo o al dimissionario, oppure a un altro parlamentare eletto e a lui connesso.

La riforma viene ritenuta necessaria dai proponenti per la garanzia della stabilità politica e il superamento della cronica instabilità dei governi italiani. Un obiettivo che trova forti resistenze tra le opposizioni, ma anche tra i costituzionalisti, preoccupati dei possibili rischi della concentrazione del potere e dell’indebolimento dei meccanismi di controllo e bilanciamento tra i diversi organi dello Stato.

Il percorso sembra già tracciato: dopo l’approvazione in parlamento che potrebbe già arrivare a luglio, il testo sarà sottoposto a referendum probabilmente nel prossimo autunno. Sarà un nuovo “2 giugno” al contrario?

Premierato vs presidenzialismo

Bisogna fare molta attenzione a non confondere il premierato con il presidenzialismo, tra l’altro. Questa seconda forma di governo separa potere esecutivo e potere legislativo e unisce le cariche di capo dello Stato e di Governo in un’unica figura: il presidente, che ha potere esecutivo, viene eletto direttamente dai cittadini, nomina i ministri, è capo dell’apparato burocratico e militare e dirige la politica interna e la politica estera. Tuttavia, non ha alcun potere di iniziativa legislativa, a eccezione delle deleghe dello stesso parlamento.

Il premierato ha invece un protagonista ben diverso: il capo di capo di Governo o premier, che diventa pure il leader del partito o della coalizione che ha la maggioranza in parlamento. Eletto direttamente dai cittadini contemporaneamente ai parlamentari, fa parte anche di Camera o Senato e indica i ministri. Il premierato, poi, esclude il presidente della Repubblica come “controllore” del potere esecutivo e del potere legislativo.

Festa della Repubblica, la lezione è nella nostra Costituzione

Per comprendere davvero la portata della proposta sul premierato, non si può fare a meno del senso più profondo della nostra Costituzione: la necessità di mettere insieme forze politiche diverse, pur di evitare qualsiasi deriva autoritaria come accaduto in precedenza. I nostri padri costituenti compresero che la democrazia non fosse soltanto il governo della maggioranza, ma la capacità di impedire la tirrania.

Chi sostiene il premierato afferma, invece, che i tempi siano cambiati e che i governi siano incapaci di rispondere alle sfide della modernità. Ma siamo davvero sicuri che le pagine più buie della storia non si possano ripetere? Siamo certi che la strada per un governo stabile non sia, invece, quella che contempli un nuovo coinvolgimento dei cittadini, più profondo, consapevole e informato?

Se la stabilità è da ritenersi indispensabile, pure per evitare conseguenze negative sul piano economico, la riforma proposta potrebbe accentuare altri problemi, come la personalizzazione della politica, la riduzione della rappresentanza delle minoranze, le promesse elettorali irrealistiche dei candidati premier.

L’Italia come caso unico nel panorama internazionale: democrazia senza garanzie?

Il consenso popolare non può giustificare la concentrazione del potere. Un assunto che vale anche nei Paesi che hanno scelto il presidenzialismo o semipresidenzialismo. In Francia, per esempio, il sistema semipresidenziale prevede il ballottaggio automatico quando nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta al primo turno, garantendo sempre un’ampia legittimazione popolare al presidente eletto. Il sistema consente inoltre la coabitazione tra presidente e parlamento di orientamenti opposti, per un naturale bilanciamento dei poteri. Negli Stati Uniti, il presidenzialismo si regge su controllo e bilanciamento reciproco: il Congresso ha il controllo del bilancio e può avviare procedure di impeachment, mentre la Corte suprema resta indipendente con giudici a vita.

La proposta del governo Meloni non contempla queste garanzie: non prevede necessariamente il ballottaggio, abolisce i senatori a vita a eccezione degli ex premier, introduce la costituzionalizzazione del programma di governo e indebolisce il ruolo del presidente della Repubblica. Sarebbe un caso di democrazia unica al mondo, dopo il tentativo fallito di Israele.

Aveva forse ragione Alexis de Tocqueville che, analizzando la democrazia americana, sosteneva che il rischio delle società democratiche non dipendesse dall’esterno, ma dall’interno, ovvero dalla tentazione di sacrificare la libertà e l’assistenzialismo per far maggior spazio all’efficienza.

Il punto è proprio questo: vogliamo una democrazia che si fidi dei cittadini, tanto da limitare il potere che essi stessi concedono, oppure preferiamo l’illusione di una democrazia che si fida così poco di se stessa da concentrare il potere in un’unica mano eletta? La storia ci insegna che le democrazie non muoiono quasi mai per colpi di stato, ma per il suicidio “assistito” dal consenso popolare. Il 2 giugno 1946 gli italiani ebbero la saggezza di scegliere la libertà, oggi, per la Festa della Repubblica, la sfida è dimostrare di averla ancora.

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Ivana Zimbone

Direttrice responsabile

Direttrice responsabile di Partitaiva.it e della rivista filosofica "Vita Pensata". Giornalista pubblicista, SEO copywriter e consulente di comunicazione, mi sono laureata in Filosofia - con una tesi sul panorama dell'informazione nell'era digitale - e in Filologia moderna. Ho cominciato a muovere i primi passi nel giornalismo nel 2018, lavorando per la carta stampata e l'online. Mi occupo principalmente di inchieste e approfondimenti di economia, impresa, temi sociali e condizione femminile. Nel 2024 ho aperto un blog dedicato alla comunicazione e alle professioni digitali.

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