Flop referendum 2025: la narrazione della classe politica che alimenta astensionismo e crisi democratica

I dati sull'affluenza alle urne fanno paura, ma per la classe politica va tutto bene: a destra si festeggia l'astensionismo, a sinistra anche Caporetto diventa Vittorio Veneto.

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referendum 2025

I referendum dell’8 e 9 giugno 2025 si sono conclusi con un risultato che parla da sé: l’affluenza si è fermata al 30,6%, una percentuale tra le più basse della storia referendaria italiana, ben lontana dal 50% + 1 richiesto. Una fotografia del diffuso disinteresse nei confronti della consultazione a cui però si aggiunge un’altra evidenza: la cecità della classe politica che – da destra a sinistra – non analizza il fenomeno, preferendo cavalcarlo a piacimento o normalizzarlo. La polarizzazione politica, oltre a ridurre la tolleranza verso le opinioni altrui, sembra essere amplificata da differenze territoriali e socio-economiche che meritano di essere viste e che dimostrano che un’altra Italia è possibile.

Affluenza ai referendum 2025 e comuni “resistenti”: un’Italia a due velocità

Nonostante la bassa partecipazione complessiva, 28 comuni italiani hanno superato il 50% di affluenza, mostrando un trend molto diverso dal resto della penisola. Si tratta di piccole realtà, in aree montane o rurali, dove il senso di comunità e la partecipazione civica sono più sentiti. Tra queste ci sono Massello (Torino) con il 65%, Rosello (Chieti) con il 66%, Soleminis (Cagliari) con il 60%, Luras (Sassari) con oltre il 60%, Nuoro con il 59% e altri piccoli centri in Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Sardegna.

Un elemento importante che ha favorito l’affluenza in 11 comuni è la coincidenza con le amministrative. È il caso di Matera, Cernusco sul Naviglio, Orta Nova, Nuoro, Luras, Soleminis e Monastir. Nei piccoli centri, inoltre, la mobilitazione di poche decine di elettori può determinare un’impennata significativa dell’affluenza percentuale, a differenza delle grandi città dove l’astensione strutturale è più difficile da compensare.

Le cause dell’astensionismo e i suoi effetti

Se vogliamo sostenere l’importanza della partecipazione politica – e quindi la partecipazione ai referendum che rappresentano una delle massime espressioni della democrazia – dobbiamo per forza soffermarci sulle cause dell’astensionismo che sono più d’una:

Analisi dei quesiti e dei risultati

I quesiti vertevano su temi centrali del diritto del lavoro (tutele crescenti, licenziamenti nelle piccole imprese, contratti a termine, sicurezza sul lavoro) e sulla cittadinanza. Tra i votanti, i “sì” hanno prevalso: si è trattato dell’oltre 80% dei voti sui temi del lavoro, mentre il quesito sulla cittadinanza ha raccolto un consenso più contenuto, con circa il 60% di “sì”.

È lo specchio di una convergenza maggiore sui diritti dei lavoratori, rispetto al tema della cittadinanza. È il segno tangibile di una chiusura nei confronti degli extracomunitari, anche quando perfettamente integrati all’interno della comunità.

Le reazioni politiche post referendum

Le dichiarazioni degli esponenti politici hanno dell’assurdo. Il centrodestra ha esultato per il mancato quorum, interpretandolo come una sconfitta del centrosinistra e dei promotori dei referendum. Matteo Salvini ha affermato che: “La cittadinanza non è un regalo”.

Il centrosinistra ha tentato come sempre di trasformare Caporetto in Vittorio Veneto. Elly Schlein, segretaria del Pd, ha sostenuto che “hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra, mandando Meloni al governo”. Il Pd, sui suoi canali social ufficiali, ha scritto a sua volta che i “13 milioni di sì” sarebbero più dei “12 milioni di voti presi da tutta la destra alle elezioni del 2022”, ritenendo che si tratti di un segnale politico importante e promettendo battaglie ulteriori in Parlamento. Una posizione simile è quella dei sindacati, che hanno evidenziato il significato politico del voto espresso.

Peccato che queste considerazioni siano valide soltanto per due quesiti su cinque e che sia del tutto arbitrario tradurre i “sì” ai referendum in voti a sostegno del centrosinistra: anche alcuni elettori di destra si sono presentati alle urne e i referendum sono cosa ben diversa dalle elezioni.

Caratteristiche socio-economiche dei comuni con alta affluenza

Sarebbe certamente più produttivo e più costruttivo soffermarsi sulle caratteristiche dei comuni che si discostano dalla media nazionale per affluenza. Lo ha fatto YouTrend, distinguendo quattro realtà:

  • l’Italia “laburista”, con comuni a forte tradizione operaia e sindacale, con tessuto sociale coeso e cultura politica radicata a sinistra, come in Toscana ed Emilia-Romagna. Qui prevale il “sì” ai quesiti sul lavoro, mentre il consenso sul quesito cittadinanza è più basso;
  • l’Italia “cosmopolita”, con grandi centri urbani con reddito e istruzione superiori alla media (Milano, Torino, Firenze, Bologa), elettorato liberale e presenza di reti civiche. Qui l’affluenza è più alta e il “sì” alla cittadinanza supera quello sui temi del lavoro;
  • l’Italia “scettica” e “mediterranea”, composta da comuni con affluenza ampiamente inferiore alla media, orientamento conservatore e risultati discordanti. È il caso del Triveneto, della Sicilia e della Calabria.

In linea di massima, la dimensione demografica ridotta dei piccoli centri e il forte senso di comunità risultano dei facilitatori della partecipazione, ruolo che nei grandi centri urbani favoriscono reddito e istruzione. Eppure nessuna parte politica sembra riflettere sulla necessità di mettere in atto politiche per recuperare il coinvolgimento dei cittadini in politica.

L’importanza della partecipazione e come recuperarla

La scienza politica ci insegna che la partecipazione sia un indicatore fondamentale della salute democratica. Un’astensione così massiccia in occasione dei referendum dell’8-9 giugno è più di una sconfitta numerica. È un segnale di un deficit di legittimità e rappresentanza, del concreto rischio di indebolimento del sistema democratico.

Per recuperare la partecipazione non possiamo fare a meno di riflettere sulla necessità di semplificare i quesiti, rafforzare l’educazione civica e la consapevolezza del valore del voto. Ma non possiamo fare a meno, soprattutto, di valorizzare le comunità locali, di investire sulle reti sociali e di far percepire alla cittadinanza la capacità di influire sulle scelte politiche, rivedendo il quorum e impedendo così che l’astensione diventi una strategia politica sistematica.

I comuni ad alta affluenza ci dimostrano che un’altra Italia è possibile e che non c’è tempo da perdere per vincere la sfida della partecipazione collettiva.

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Ivana Zimbone

Direttrice responsabile

Direttrice responsabile di Partitaiva.it e della rivista filosofica "Vita Pensata". Giornalista pubblicista, SEO copywriter e consulente di comunicazione, mi sono laureata in Filosofia - con una tesi sul panorama dell'informazione nell'era digitale - e in Filologia moderna. Ho cominciato a muovere i primi passi nel giornalismo nel 2018, lavorando per la carta stampata e l'online. Mi occupo principalmente di inchieste e approfondimenti di economia, impresa, temi sociali e condizione femminile. Nel 2024 ho aperto un blog dedicato alla comunicazione e alle professioni digitali.

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