Smart working in crescita in Italia: gli ultimi dati

Lo smart working risulta essere in crescita nel 2023. Scoperto negli anni della pandemia, continua ad essere apprezzato oggi.

di Pierpaolo Molinengo

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  • Cresce la diffusione dello smart working in Italia, dopo due anni di calo.
  • Non sempre, però, il lavoro agile è smart. Spesso i dipendenti infatti riscontrano uno stress elevato.
  • Il lavoro, nel complesso, è sempre più flessibile, anche grazie alla settimana corta.

Torna a crescere in Italia lo smart working. Balzato agli onori della cronaca durante la pandemia di Covid-19, quando aveva raggiunto il massimo della sua diffusione, il lavoro agile ha registrato una graduale riduzione, complice la riapertura degli uffici ed il ritorno alla vita normale.

I lavoratori da remoto tornano a crescere nel 2023, quando il loro numero si assesta a 3,583 milioni di unità, registrando un aumento rispetto alle 3,570 milioni di unità del 2022.

Le stime sono positive anche per il 2024, quando si presuppone che i lavoratori in smart working raggiungeranno la cifra di 3,65 milioni. A scattare una fotografia precisa e dettagliata del lavoro agile in Italia è l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano1.

Smart working in crescita nel 2023 in Italia

Anno 2022Anno 2023Stime anno 2024
Lavoratori in smart working3,570 milioni di unità3,583 milioni di unità3,65 milioni di unità

Si consolida e riprende la crescita dello smart working nel nostro paese. I numeri sono positivi nonostante le ipotesi ventilate di una sostanziale riduzione. Il lavoro agile è stato scoperto nei mesi della pandemia di Covid-19.

Nel corso degli ultimi due anni ha registrato una lieve diminuzione, ma nel 2023 i numeri si sono ripresi attestandosi su 5,583 milioni di persone che lavorano agilmente. Numeri in crescita rispetto al 2022: un vero e proprio record in relazione a quanto accadeva nel periodo pre-Covid, rispetto a cui è stato registrato un incremento del 541%.

Entrando un po’ più nel dettaglio, nel corso del 2023 i lavoratori in smart working sono cresciuti principalmente nelle grandi imprese, dove lo sono oltre un dipendente su due (numericamente si parla di 1,88 milioni di persone).

La crescita è stata registrata anche nelle piccole e medie imprese, in cui costituiscono il 10% della platea potenziale (570 mila persone). Risultano essere in controtendenza:

  • le microimprese, dove costituiscono il 9% del totale, pari a 620 mila lavoratori;
  • la pubblica amministrazione, dove sono il 16% degli addetti, pari a 515 mila persone.

L’orientamento delle imprese

Adozione di iniziative di smart working
Sulla totalità delle imprese italiane96%
Piccole e medie imprese 56%
Enti pubblici61%

La maggior parte delle imprese ha adottato nel 2023 qualche iniziativa di lavoro agile: siamo davanti ad una percentuale pari al 96%. Vengono adottati principalmente dei modelli strutturati. Il 20% delle aziende, invece, si è detta impegnata ad estendere l’applicazione anche a dei profili tecnici ed operativi, che in precedenza erano esclusi.

Anche se presente spesso con dei modelli informali, lo smart working è applicato nel 56% delle piccole e medie imprese. Lo si trova anche nel 61% degli enti pubblici, dove sono state introdotte delle iniziative strutturate, soprattutto laddove sono presenti delle realtà di dimensioni più grandi.

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Gli effetti positivi dello smart working

L’introduzione dello smart working ha degli effetti positivi sull’ambiente. Con due giornate di lavoro da remoto a settimana si riescono ad evitare qualcosa come 480 kg di CO2 all’anno a persona. Questo risultato si ottiene grazie ai minori spostamenti richiesti e ad una razionalizzazione dell’uso degli uffici.

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Il lavoro agile ha impattato anche sul mercato immobiliare delle città. Nel 14% dei casi, chi lavora in smart working ha cambiato casa o ha deciso di farlo, scegliendo di spostarsi in zone periferiche o prediligendo delle piccole città.

L’obiettivo è quello di adottare uno stile di vita diverso. Questo cambio di prospettive ha fatto sì che venissero rilanciate alcune aree del paese. E, soprattutto, ha contribuito a creare delle iniziative di marketing territoriale e di nuovi servizi, come infrastrutture di connettività e spazi di coworking.

Tra l’altro, il 44% delle persone che lavora da remoto, almeno occasionalmente, lo ha fatto da luoghi diversi rispetto a casa propria. Utilizzando, ad esempio, degli spazi di coworking o altre sedi dell’azienda.

Non sempre il lavoro è smart

Benché si parli sempre di smart working, il lavoro non è sempre smart. Non sempre, infatti, il lavoro da remoto è sinonimo di una maggiore flessibilità degli orari e la possibilità di operare per obiettivi.

I lavoratori agili, sempre più spesso, sono vittime di tecnostress e overworking. In questo contesto un ruolo molto importante è costituito dai manager: avere un capo realmente smart, il quale assegna degli obiettivi chiari e fornisce dei feedback frequenti e costruttivi, permette di avere dei livelli di benessere e prestazioni migliori.

Le sfide per le imprese e per i manager nell’applicare questa nuova metodologia di lavoro stanno principalmente nelle esigenze spesso contrastanti, ovvero quelle di raggiungere gli obiettivi aziendali e assicurare flessibilità ai lavoratori, come spiega Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working.

A proposito del raggiungimento di questi obiettivi, è necessaria spesso una formazione specifica, per ottenere le competenze manageriali e informatiche necessarie a organizzare al meglio il lavoro da remoto. Il lavoro in smart working può infatti garantire vantaggi importanti sia ai lavoratori che alle aziende, ma può anche comportare diversi rischi.

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Lo smart working nelle imprese nel futuro

Secondo le previsioni dell’Osservatorio, nel futuro lo smart working verrà mantenuto da tutte le grandi imprese. Un percentuale ridotta, pari al 6% degli intervistati, ha affermato di essere incerta su questo argomento.

Maggiore incertezza c’è nella pubblica amministrazione: il 20%, in questo momento, non sa come si evolverà in futuro l’iniziativa. La maggiore titubanza, in questo caso, viene registrata nelle organizzazioni più piccole.

Il 19% delle PMI non sa se in futuro è prevista l’applicazione dello smart working. Per il 2024 si stima una crescita di lavoratori in questa modalità pari a 3,65 milioni.

Nel 2023, oltre al lavoro agile, sono state sperimentate altre forme di flessibilità sul lavoro. Tra queste c’è la settimana corta, che viene applicata anche a quei profili che oggi non possono lavorare da remoto. Introdotta da meno di una grande azienda su dieci, la settimana corta è spesso un’esperienza pilota, limitata a brevi periodi.

Il 3% delle aziende ha introdotto le ferie illimitate, mentre il 41% ha completamente tolto le timbrature. Queste operazioni per lo più vengono condotte in alcuni paesi esteri, tuttavia le imprese italiane stanno prendendo in considerazione queste nuove prospettive.

Snart working – Domande frequenti

Quali sono le aziende che utilizzano maggiormente lo smart working?

Il lavoro agile viene utilizzato principalmente dalle grandi aziende, ma anche le piccole e medie imprese ne fanno uso. Viene utilizzato in forma minore nella Pubblica Amministrazione e soprattutto nei settori più strutturati.

Il lavoro agile verrà utilizzato anche in futuro?

Le grandi imprese hanno intenzione di continuare a farne uso. Qualche dubbio sorge in quelle più piccole. Le stime, comunque vada, prevedono una crescita del suo utilizzo.

Il lavoro sta diventando sempre più flessibile?

Laddove è possibile sì, anche grazie all’introduzione di altre novità oltre allo smart working, come la settimana corta. Scopri qui gli ultimi dati.

Chi adotta la settimana corta in Europa?

In Europa alcuni paesi hanno avviato sperimentazioni della settimana corta lavorativa: alcuni esempi sono Regno Unito, Islanda e Spagna.

  1. Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, osservatori.net ↩︎
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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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