La manovra 2026 conferma la possibilità , per le partite IVA in forfettario, di accedere o restare nel regime agevolato mantenendo un reddito da lavoro dipendente o da pensione fino a 35.000 euro. Si tratta di una proroga della soglia introdotta in via sperimentale dalla legge di bilancio 2025, che evita il ritorno al limite precedente, fissato a 30.000 euro. In questo modo, la platea dei contribuenti potenzialmente beneficiari rimane la stessa di oggi, permettendo anche a chi ha un impiego o è pensionato di affiancare un’attività autonoma con tassazione ridotta e minori adempimenti.
Partite IVA in regime forfettario e cumulo con redditi lavoro dipendente, come funziona
Il regime forfetario è rivolto a lavoratori autonomi, professionisti, artigiani e piccoli imprenditori con ricavi o compensi fino a 85.000 euro annui. Tuttavia, per poter accedere o rimanere nel regime agevolato, il reddito da lavoro dipendente (o assimilato, come la pensione) percepito nell’anno precedente non deve superare i 35.000 euro lordi.
Questo significa che il reddito da lavoro dipendente viene tassato secondo gli scaglioni IRPEF tradizionali.
Il reddito da partita IVA, invece, resta soggetto a un’imposta sostitutiva del 15% (o del 5% per le startup). Nonostante la tassazione separata, però, è importante notare che entrambi i redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo. Il che può influenzare il diritto a determinate detrazioni o agevolazioni fiscali. Nel calcolo del reddito complessivo vengono considerati i redditi da lavoro dipendente e assimilati (come collaborazioni coordinate e continuative). Sono compresi anche i premi di risultato previsti da contratti aziendali o territoriali.
Solo se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, la soglia di 35.000 euro diventa irrilevante ai fini dell’accesso al forfettario.
Obblighi dei lavoratori dipendenti con partita IVA
Le partite IVA in regime forfettario che percepiscono un reddito da lavoro dipendente, devono comunque rispettare determinate condizioni. Generalmente si può aprire partita IVA in regime forfettario a condizione che non vi sia concorrenza con l’attività del datore di lavoro e che il contratto di lavoro non lo vieti esplicitamente. Questo vale sia per il pubblico che per il privato. Le regole sono però più stringenti per chi lavora nelle PA e dipendono dal tipo di impiego (full-time o part-time) e dall’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.
Infine, un lavoratore non può adottare il regime forfettario se la maggior parte dei suoi guadagni (più del 50%) proviene da un’unica fonte. In questo caso vale sia per il suo attuale datore di lavoro che per qualsiasi datore di lavoro che ha avuto negli ultimi due anni. Si tiene conto, cioè, degli ultimi due anni prima di aprire la partita IVA o di applicare il regime). Le attività svolte tramite tirocini o pratiche obbligatorie (quelle necessarie per legge per ottenere un’abilitazione professionale) non vengono conteggiate ai fini del calcolo del 50% menzionato sopra.












Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it