Oggi 23 settembre è la Giornata europea del biologico. L’equinozio d’autunno, giorno in cui luce e buio si equivalgono, resta il simbolo perfetto di un’Italia divisa tra chi finanzia la vita e chi ancora contribuisce alla malattia: basta regalare miliardi di euro agli allevamenti intensivi che causano inquinamento, morte e dolore.
Indice
Agricoltura biologica vs allevamenti intensivi: chi finanziamo davvero?
Per decenni abbiamo costruito un sistema perverso. Nel periodo 2014-2020, l’agricoltura biologica ha ricevuto solo il 2,3% dei fondi della Politica agricola comune (PAC), pur rappresentando il 16% della superficie agricola utilizzata nel Belpaese. Abbiamo preferito destinare il 75% dei fondi della PAC, con importi tra i 28,5 e i 32,6 miliardi di euro annui, a beneficio di allevamenti intensivi e mangimistica.
Qualcosa sta cambiando lentamente, ma è ancora insufficiente. L’Italia ha trasferito 360 milioni di euro dal primo al secondo pilastro della PAC, destinati esclusivamente all’agricoltura biologica. Con il cofinanzaiemento nazionale del 50%, la dotazione sale a circa 720 milioni di euro per il biologico nel quinquennio 2023-2027. Complessivamente, allo sviluppo rurale sono destinati – per il quinquennio – 2,1 miliardi di euro. Un piccolo passo avanti che è nulla rispetto all’emergenza sanitaria e ambientale che viviamo.
Il costo degli allevamenti intensivi che inquinano più delle auto
I dati ISPRA sono allarmanti. Gli allevamenti intensivi rappresentano il 75% di tutte le emissioni di ammoniaca in Italia, la seconda fonte di formazione di polveri sottili che causano – da sole – circa 50 mila morti premature all’anno e il 15,1% del particolato PM 2,5 del Belpaese. In sostanza, inquinano più dei veicoli (9%) e dell’industria (11,1%). Dunque finanziamo con i soldi pubblici non soltanto il trattamento e la morte indegna degli animali, ma anche di noi umani.
Il costo sanitario delle malattie croniche
Le malattie croniche in Italia colpiscono 24 milioni di persone e sono responsabili dell’85% dei decessi, con una spesa sanitaria di oltre 65 miliardi di euro all’anno. Soltanto la spesa pubblica per i farmaci anti-cancro ha superato i 4,7 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 9,6% rispetto al 2022. Diversi studi scientifici associano il consumo di carne e di prodotti agricoli non biologici, sui quali vengono impiegati diversi pesticidi, a una maggiorazione importante del rischio di cancro, di diabete di tipo 2, di sovrappeso, di stress ossidativo, di alterazione del microbiota intestinale, di malattie neurodegerative e di natura infiammatoria e autoimmune.
Giornata europea del biologico ed economia della prevenzione: investire per risparmiare
Ogni euro speso in prevenzione genera un ritorno di diversi euro per l’economia della salute e dell’assistenza sociale. Secondo alcuni studi, il rapporto sarebbe di 14 a uno, un ROI che non lascerebbe dubbi a nessun imprenditore intento a cercare nuove opportunità di investimento proficuo. Eppure soltanto una piccola percentuale del bilancio nazionale è investita nella prevenzione primaria, ovvero quella che agisce riducendo i fattori di rischio e non soltanto sulle diagnosi tempestive (prevenzione secondaria) e sulle cure (prevenzione terziaria). In sostanza, preferiamo spendere miliardi per curare malattie che potremmo evitare, per mangiare carni e derivati animali colmi di antibiotici e microplastiche.
Abbassare i costi del biologico per “democratizzare” la salute
Mangiare biologico costa ancora troppo per la maggior parte delle famiglie italiane. Non perché debba essere necessariamente così, ma perché abbiamo scelto di sussidiare massicciamente l’agricoltura convenzionale e gli allevamenti intensivi. Redistribuire i fondi PAC significherebbe rendere il biologico accessibile a tutti e non un lusso per ricchi, ridurre l’esposizione ai pesticidi per tutta la popolazione, abbattere la spesa sanitaria pubblica e proteggere l’ambiente per le generazioni future.
L’etica della responsabilità verso i nostri figli passa dal biologico
Come scriveva Hans Jonas ne “Il principio di responsabilità”, ogni nostra azione deve essere valutata alla luce delle sue conseguenze sulle prossime generazioni. In quest’ottica, finanziare un’agricoltura che avvelena non è certamente responsabile. Simone Weil parla di “radicamento” come bisogno fondamentale della nostra anima. E cosa c’è di più radicato della terra che coltiviamo e del cibo che ne traiamo? Tra l’altro sembra che questa consapevolezza cresca costantemente nel tempo tra i cittadini: mentre il settore della moda continua a registrare una flessione negativa, quello del bio è in aumento.
Giornata europea del biologico: cosa deve fare l’Italia
L’Italia è il primo Paese per produzione di prodotti biologici in Europa – seppure non lo sia per consumi interni bio – e non può cedere il passo alla lobby della carne e alla lobby farmaceutica. Proprio oggi, nella Giornata europea del biologico, dovrebbe prendere posizione per il bene della sua stessa economia. Dovrebbe destinare almeno il 30% dei fondi PAC all’agricoltura biologica e sostenibile, sottraendoli gradualmente agli allevamenti intensivi, e applicare detrazioni fiscali sull’acquisto dei prodotti biologici certificati. Perché la salute e la buona alimentazione non valgono meno dell’edilizia per cui continuamente si trovano fondi per incentivi.
L’educazione alla salute comincia a scuola. Le mense pubbliche di scuole, ospedali e università dovrebbero utilizzare solo cibo biologico e a km zero, a vantaggio delle stesse economie locali, oltre che della salute dei più piccoli. Occorre investire in formazione e informazione sul legame tra alimentazione, salute e ambiente e imporre una moratoria sui nuovi allevamenti intensivi, per uno stop definitivo all’apertura di nuovi impianti e per la riduzione progressiva del numero di animali in quelli esistenti. Lo dobbiamo ai 3,7 milioni di italiani che convivono con un tumore, alle 390.000 diagnosi che si aggiungono ogni anno e ai 24 milioni di malati cronici. La cura di sé non è egoismo, ma responsabilità e non è più possibile pensare alla propria salute senza pensare a quella collettiva, senza salvaguardare l’ambiente e senza tagliare i finanziamenti a chi ogni giorno la mette a rischio.
Ivana Zimbone
Direttrice responsabile