Attacco USA all’Iran, dagli attacchi alle basi americane al caro benzina, cosa rischia l’Italia

Torna virale il tweet di Donald Trump che, nel 2013, accusava Barack Obama di incapacità di negoziazione. Il nuovo ordine internazionale fa paura.

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Attacco USA all'Iran

L’attacco USA all’Iran segna ancora un passo in avanti verso l’escalation della guerra in Medio Oriente. “Quanto accaduto questa mattina è oltraggioso e avrà conseguenze eterne”, ha scritto su X il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, aggiungendo che, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite che stabiliscono la legittima autodifesa, l’Iran adotterà tutte le opzioni per difendere la propria sovranità, i propri interessi e il proprio popolo. Il ministro della Difesa Guido Crosetto nei giorni scorsi aveva escluso la possibilità dell’Italia di contribuire con propri soldati e aerei. Ma siamo davvero al riparo da gravi rischi?

Trump attacca l’Iran senza il benestare dell’Europa?

Mentre la corte penale internazionale sanziona Benjamin Netanyahu, così come fatto con Vladimir Putin, Trump si pone al suo fianco e attacca l’Iran. Secondo i primi commenti, lo farebbe senza il benestare l’Europa, che evidentemente non considera alla sua altezza, come già dimostrato con il dietrofront all’Ucraina e la questione dazi.

Le ragioni? Una presunta corsa all’atomica dell’Iran di cui nessuno, nemmeno l’Aiea, possiede o quantomeno fornisce prova. Così sette bombardieri B-2 hanno sganciato bombe bunker buster su tre siti nucleari. Trump afferma si sia trattato di uno “spettacolare successo militare” e di averli completamente distrutti. Cina e Russia condannano fermamente gli attacchi, la Turchia si dice “profondamente preoccupata”, i democratici Usa evocano l’impeachment per The Donald e si attendono le conseguenze dell’azione militare.

Attacco USA all’Iran, i rischi per l’Italia

Difficile determinare oggi tutte le possibili ritorsioni – e le loro tempistiche – dell’attacco USA all’Iran che, questa notte, ha colpito Israele, concentrandosi anche su Haifa e Tel Aviv. In prima battuta, si temono attacchi terroristici alle basi statunitensi in Medio Oriente, con la conseguenza di un’eventuale guerra di logoramento e di ulteriori ripercussioni economiche e politiche per Donald Trump. Queste potrebbero accorciare persino il margine di trattativa sui dazi.

Attentati terroristici, poi, potrebbero arrivare pure senza diretto intervento iraniano, da parte di fondamentalisti religiosi che potrebbero interpretare l’azione come una guerra all’islam.

Il coinvolgimento dei militari italiani

Per quanto precedentemente escluso dal ministro Crosetto e nonostante il ministro degli Esteri Antonio Tajani abbia comunicato il rientro di alcuni militari italiani che stavano a Baghdad insieme a militari americani, un eventuale coinvolgimento diretto degli USA potrebbe spingere verso la partecipazione del personale militare italiano nelle operazioni. I più a rischio sarebbero quelli impiegati in Iraq, Kuwait e Libano, ma anche quelli presenti negli Emirati Arabi Uniti e in Qatar.

Le basi militari USA in Italia

L’Iran potrebbe pure decidere, strategicamente, di colpire le basi militari USA presenti in Italia e per questo c’è massima allerta da giorni. Le basi NATO presenti nel Belpaese, e per questo soggette all’Alleanza atlantica, sono quelle di Aviano – in Friuli-Venezia Giulia – e di Sigonella, in Sicilia. Poi c’è la base dell’Aereonautica militare USA di Camp Darby, in Toscana, seppur con una pista troppo corta per garantire adeguato supporto alle operazioni più complesse. I militari USA in Italia, poi, si trovano anche nelle basi di Vicenza, Gaeta – in Lazio – e Napoli.

Il petrolio, il gas, l’inflazione e la questione migranti

L’escalation potrebbe portare al blocco totale o alla riduzione del traffico dello Stretto di Hormuz, da cui passa circa un terzo del petrolio mondiale e un quinto del gas naturale liquefatto. Questo comporterebbe un nuovo rincaro di petrolio e gas, con le conseguenze già note su imprese e famiglie. Inoltre, sembra a rischio persino la tenuta della produzione e del commercio globale, con una plausibile interruzione parziale degli scambi internazionali, dell’import e dell’export, già colpiti dal conflitto russo-ucraino.

Ad aggravare il quadro, la possibile inimicizia di Algeria e Iraq, partner italiani fondamentali rispettivamente per le forniture di gas e petrolio. Lo stesso vale per la Tunisia, che “aiuta” l’Italia nella gestione dei flussi migratori – di cui, paradossalmente, avremmo bisogno – che potrebbe per questo smettere di farlo.

Le origini del conflitto e la via diplomatica di Obama che non è piaciuta a Trump

Al di là delle prove mancanti sulla corsa all’atomica dell’Iran, il programma di ricerca nucleare è in discussione da decenni. Esattamente da quando, nel 1979, con la rivoluzione islamica venne rovesciato lo Scia Reza Pahlavi. Fino a quel momento l’Iran aveva aderito al Trattato di non proliferazione nucleare, per volontà di Usa e Unione Sovietica, entrambe concordi nel non dividere con altri il potere di morte.

Oggi l’Iran rivendica il suo diritto all’energia nucleare e sostiene che non si tratti di un programma con scopi militari. Nel 2015, desiderando ridurre la pressione delle sanzioni economiche, aveva accettato con Barack Obama di ridurre l’approvvigionamento dell’uranio, di smantellare parte degli impianti e di favorire i controlli. Per questo venne firmato il protocollo d’intesa Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA).

Nel 2016 le Nazioni Unite presero atto del rispetto dei patti da parte dell’Iran e Obama restituì i fondi iraniani bloccati all’estero. Ma Donald Trump entrò in politica, accusò i democratici di aver regalato denaro agli ayatollah. Divenuto presidente, nel 2018, decise di uscire unilateralmente dall’accordo e di ripristinare le sanzioni economiche, ottenendo l’ovvia reazione del rilancio delle sperimentazioni. Netanyahu dichiarò pubblicamente la necessità di bombardare gli impianti nucleari iraniani, per neutralizzare il nemico.

Quando Trump accusava Obama di voler attaccare l’Iran

Inutili i tentativi di Biden di mediare. Con l’ultima elezione di Trump, l’ennesimo invito di facciata, volto a chiedere una grottesca rinuncia totale al programma nucleare, intervallato dalle solite minacce di aggressione militare. I diversi “sforzi” negoziali non hanno portato a un accordo definitivo, piuttosto a un irrigidimento delle posizioni a cui sono seguiti gli attacchi americani delle ultime ore.

Intanto in rete torna virale un vecchio tweet di Donald Trump che nel 2013, durante i negoziati per l’accordo sul nucleare iraniano che lui stesso avrebbe unilateralmente annullato dopo, accusava Obama di incapacità di negoziazione e di voler attaccare l’Iran.

Non è certamente chiaro se sia in corso una trattativa tra Trump e Putin, visti i risvolti in Ucraina, sulla quale la Russia potrebbe alzare ulteriormente la pressione. Basti pensare al “timore” espresso dallo zar, in occasione Forum economico internazionale di San Pietroburgo, che entrambi i conflitti convergano in una terza guerra mondiale. Ciò che è chiaro, però, è che l’ordine internazionale basato sul primato del diritto sia definitivamente saltato, lasciando spazio alla legge del più forte, all’assenza di diplomazia, all’arbitrarietà oltremisura sulle scelte politiche che coinvolgono non soltanto chi le compie, ma il mondo intero.

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Ivana Zimbone

Direttrice responsabile

Direttrice responsabile di Partitaiva.it e della rivista filosofica "Vita Pensata". Giornalista pubblicista, SEO copywriter e consulente di comunicazione, mi sono laureata in Filosofia - con una tesi sul panorama dell'informazione nell'era digitale - e in Filologia moderna. Ho cominciato a muovere i primi passi nel giornalismo nel 2018, lavorando per la carta stampata e l'online. Mi occupo principalmente di inchieste e approfondimenti di economia, impresa, temi sociali e condizione femminile. Nel 2024 ho aperto un blog dedicato alla comunicazione e alle professioni digitali.

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