Direttiva Whistleblowing: cos’è e norme di riservatezza

Cos'è la Direttiva Whistleblowing, come influisce sulle imprese e come adeguarsi in base alla normativa sulle segnalazioni di atti illeciti

di Valeria Oggero

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  • Il 15 marzo 2023 è stato pubblicato un decreto specifico sull’applicazione in Italia della Direttiva Whistleblowing, volta a contrastare situazioni illecite presso ambienti di lavoro o intorno ad appalti pubblici.
  • La direttiva europea comporta l’obbligo per le imprese di dotarsi di un canale interno per gestire le segnalazioni di atti illeciti, o whistleblowing. La norma entra in vigore nel 2023 con date diverse in base alla dimensione dell’azienda.
  • La direttiva contiene anche una serie di tutele per i soggetti che segnalano atti illeciti o irregolari presso luoghi di lavoro oppure intorno ad appalti.

La Direttiva Wistleblowing è passata un po’ in sordina, tuttavia è decisamente importante per le imprese conoscere le sue disposizioni, regolamentate a livello europeo. Questa direttiva riguarda le imprese che hanno almeno 50 dipendenti, tuttavia la data di applicazione del nuovo obbligo cambia in base alla dimensione delle aziende.

L’obbligo è stato istituito a livello europeo, quindi arrivato anche in Italia, per consentire l’emersione di atti illeciti compiuti presso i luoghi di lavoro o intorno ad appalti pubblici. Per atti illeciti si intendono fenomeni di corruzione, mancato rispetto della sicurezza, mancato rispetto delle tutele ambientali e situazioni similari.

Conoscere i dettagli della direttiva è importante per le imprese per non rischiare sanzioni, previste per tutte le aziende che non si adeguano entro le date stabilite al nuovo regolamento. Vediamo in questo articolo nel dettaglio cosa prevede.

Cos’è la Direttiva Whistleblowing

Letteralmente il termine “Whistleblowing” significa “segnalazione, denuncia”. La direttiva europea su questa tematica introduce in modo progressivo nuovi obblighi per le imprese rispetto alla possibilità per diversi stakeholders (clienti, dipendenti, fornitori e così via) di denunciare eventuali atti illeciti riscontrati.

Il whistleblowing è uno strumento di compliance aziendale, e i soggetti che assistono ad una situazione di attività illecita, oppure di corruzione sotto diversi aspetti, possono segnalarla attraverso un sistema che vada anche a tutelare il segnalatore.

Questo sistema deve quindi essere garantito, secondo la Direttiva Whistleblowing, da parte dell’impresa, superato un certo numero di dipendenti. L’obbligo di istituire questo tipo di strumento scatta nel 2023, come vedremo tra poco, tuttavia si discute intorno alle normative europee già da diverso tempo.

Si parla di Whistleblowing già dal 2012 per ciò che riguarda gli enti pubblici, con la necessità di istituire uno strumento apposito per consentire ai dipendenti e ai diversi stakeholders di segnalare eventuali irregolarità tutelando i segnalanti. Successivamente questo obbligo è stato applicato anche al settore privato, anche con l’arrivo del GDPR, e con l’inserimento della tutela dei dati personali. Arriviamo così al 2023.

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Direttiva Whistleblowing in Italia: cosa prevede nel 2023

In Italia il 15 marzo 2023 è stato pubblicato il decreto n. 24/2023 che recepisce le normative della Direttiva Whistleblowing europea, la n. 1937 del 2019. L’obiettivo delle direttive è quello di facilitare le segnalazioni intorno ad atti illeciti, su diversi fronti.

Ma cosa cambia per le imprese con le nuove regole? L’obbligo viene applicato a partire da quest’anno, intorno ad alcuni specifici parametri, in date diverse a seconda del numero di lavoratori presenti:

  • dal 15 luglio 2023: per le aziende con più di 250 dipendenti;
  • dal 17 dicembre 2023: per le aziende con più di 50 dipendenti.

Questo vuol dire che l’obbligo di dotarsi di uno strumento per facilitare il whistleblowing è scattato per le aziende di grande dimensione già a luglio di quest’anno, oltre i 250 dipendenti. Le imprese invece con un numero di dipendenti variabile da 50 a 249 hanno ancora tempo per adeguarsi alla normativa, entro il 17 dicembre di quest’anno.

Whistleblowing: chi può segnalare un illecito

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A poter segnalare un atto illecito verificatosi una tantum o diverse volte in ambienti lavorativi privati o pubblici, o in merito ad un appalto, sono tutti coloro che vengono definiti come stakeholders, ovvero i soggetti che ruotano intorno ad una attività.

Tra questi ci possono quindi essere: dipendenti pubblici o nel privato, lavoratori autonomi e collaboratori, consulenti, ma anche tirocinanti e stagisti, volontari, azionisti oppure persone che ricoprono un ruolo nella dirigenza o nell’amministrazione dell’impresa.

La Direttiva Whistleblowing consente a tutti questi soggetti di procedere con una segnalazione per un illecito o risvolto che fa emergere un atto di corruzione per ciò che concerne il contesto lavorativo. La direttiva stabilisce che questi soggetti possano procedere tramite i canali interni all’impresa, ovvero quelli che le aziende dovranno entro quest’anno mettere a disposizione obbligatoriamente.

Solamente in alcuni casi particolari si potrà procedere tramite canali esterni all’impresa. Ricordiamo ad esempio che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha istituito un’apposita piattaforma per il whistleblowing, una piattaforma online per segnalare le violazioni della concorrenza.

Il soggetto segnalante può inviare un messaggio anonimo per segnalare una situazione specifica, tramite apposito modulo. Come riporta l’AGCM, è possibile procedere in questo modo:

“Puoi fornire una descrizione di condotte collusive o abusive, delle circostanze (fattuali, di tempo e di luogo) in cui esse si sono svolte/si stanno svolgendo/stanno per svolgersi, dei prodotti o servizi interessati, dei soggetti coinvolti (imprese, associazioni di imprese, liberi professionisti, ecc.) e dei possibili soggetti che subiscono tali condotte.”

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Direttiva Whistleblowing: cosa segnalare

La nuova direttiva europea favorisce l’emersione di situazioni illecite tramite lo strumento del whistleblowing. Ma cosa si può realmente segnalare in questo modo? Secondo la Direttiva Europea n. 1937/2019, diverse situazioni possono essere considerate illecite, e per cui si può procedere alla segnalazione. Ne abbiamo individuate alcune qui di seguito di esempio:

  • frodi e corruzione attorno agli appalti pubblici;
  • illeciti di tipo finanziario;
  • atti di fabbricazione illecita;
  • fabbricazione e vendita di prodotti non sicuri;
  • mancata sicurezza di macchinari e mezzi di trasporto utilizzati;
  • reati ambientali;
  • violazione della tutela dei dati personali.

Questi sono solo alcuni esempi, sotto forma di macro aree, di situazioni che i vari stakeholders potranno segnalare con gli appositi strumenti, che vengono messi a disposizione internamente dalle imprese.

Whistleblower e tutela della riservatezza

Intorno alla questione delle segnalazioni, emerge la necessità di tutelare coloro che provvedono a presentare una testimonianza di atti illeciti o violazioni particolari. La direttiva europea ribadisce l’importanza della tutela della riservatezza di questi soggetti.

Le segnalazioni possono essere presentate, come abbiamo visto sopra, da un vasto numero di soggetti, sia se sono legati da un rapporto in essere (ad esempio un lavoratore dipendente che svolge una mansione per l’azienda) sia in caso di rapporto cessato o non iniziato (pensiamo ad esempio ad un tirocinio).

La via prioritaria per la segnalazione è quella del canale interno, tuttavia i soggetti coinvolti devono sempre poter essere tutelati grazie alla riservatezza delle comunicazioni. La direttiva prevede quindi che vi sia un apposito soggetto, formato per lo scopo, a gestire le segnalazioni.

Ma cosa si intende per riservatezza? Con questo concetto la direttiva intende che qualsiasi soggetto che presenti una segnalazione, e i dati stessi della segnalazione, rimangano riservati e non possano essere diffusi senza il consenso diretto dell’interessato.

L’impresa deve quindi prevedere anche, secondo la direttiva, un’informativa specifica per i soggetti segnalatori, sul trattamento dei dati (identità o fatti segnalati, e procedure di gestione). Il recente Decreto Whistleblower si occupa nello specifico di garantire questa riservatezza, potenziando le normative precedenti, con l’obiettivo di limitare il più possibile eventuali ritorsioni.

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Come adeguarsi alla Direttiva Whistleblowing

Come possono fare le imprese, a seguito di questo decreto, ad adeguarsi? Risulta necessario istituire, entro le date viste sopra, strumenti, piattaforme e procedure per la gestione delle segnalazioni. Per farlo è quindi indispensabile formare in modo opportuno chi andrà a gestire quest’area di compliance aziendale.

I soggetti coinvolti intorno ad un’impresa devono quindi poter comunicare le proprie segnalazioni in modo semplice e con la massima riservatezza dei dati. A questo fine si può utilizzare la crittografia come strumento per conservare e proteggere i dati.

Il mancato adempimento secondo le nuove normative, può portare a conseguenze non positive per l’azienda, ovvero a sanzioni di importo variabile da 500 fino a 50.000 euro.

Anche se questo obbligo non riguarda le PMI (piccole e medie imprese) con meno di 50 lavoratori, le disposizioni coinvolgeranno molte aziende sul territorio, per cui l’obbligo per quelle più grandi è previsto dallo scorso luglio 2023.

Direttiva Whistleblowing – Domande frequenti

Cos’è la Direttiva Whistleblowing?

La direttiva contiene indicazioni sulla gestione delle segnalazioni dei diversi stakeholders di un’azienda intorno ad atti illeciti e violazioni di diverso tipo. Ecco cosa prevede.

Cosa cambia per le imprese di grandi dimensioni con la Direttiva Whistleblowing?

Per le imprese di grande dimensione è obbligatorio fornire uno strumento interno per le segnalazioni di violazioni di varia natura. La data da cui scatta l’obbligo nel 2023 varia in base al numero di lavoratori presenti.

Cosa cambia con la Direttiva Whistleblowing?

Con la nuova direttiva cambiano i parametri con cui diversi soggetti possono segnalare un atto illecito in ambiente lavorativo. Scopri qui i dettagli.

Autore
Giornalista pubblicista, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle Partite Iva. La curiosità mi ha portato a collaborare con agenzie web e testate e a conoscere realtà anche diversissime tra loro, lavorando come copywriter e editor freelancer.

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