Pochi giovani praticanti negli studi commercialisti? Un’alternativa potrebbe essere il Ra(I)gioniere

Gli studi commercialisti faticano ad attirare giovani praticanti. In attesa di riforme strutturali, c'è una soluzione per inserire un AIutante per il lavoro

di Giovanni Emmi

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La crisi della vocazione nell’attività professionale è uno dei temi del momento. Le iniziative pensate dai commercialisti italiani, per invertire questa tendenza, sono due: la prima è presentarsi nelle università italiane, nei dipartimenti di economia, illustrando i vantaggi di intraprendere questa storica professione. La seconda è prevedere un tirocinio retribuito, con tanto di contributo statale.

In parole povere, le soluzioni potenziali sono una maggiore informazione e un trattamento economico, negato negli anni passati a tutti i tirocinanti.

Il tirocinio non retribuito

Il tirocinio non retribuito è una pratica introdotta negli anni ’90 per i dottori commercialisti con l’intento di disincentivare l’accesso ad una professione molto richiesta, con intenti chiaramente corporativi.

I tirocinanti rappresentavano un serbatoio di forza lavoro che, dopo sei mesi circa di naturale apprendimento su dinamiche e realtà lavorative nuove, venivano utilizzati per le attività di studio per gli anni rimanenti, creando un valore aggiunto per lo studio.

L’agognato accesso alla professione era visto dai più come il raggiungimento di un successo professionale assicurato, con una carriera promettente, in un settore in forte crescita.

Verso una disaffezione della professione

Nel tempo le attività del tirocinante sono diventate sempre più complesse e articolate. I tempi di lavoro si sono dilatati, pur mantenendo una discreta redditività.

Al praticante è stato dedicato sempre meno tempo per le attività interne di formazione e sempre più pratiche da lavorare. Nessuna retribuzione o, al massimo, un rimborso spese.

Tutto ciò ha contribuito a far nascere una certa disaffezione naturale all’attività professionale del commercialista da parte dei giovani, che preferiscono altre opportunità con un minimo di retribuzione, maggiori stimoli professionali, formazione più approfondita e il miraggio di un avanzamento di carriera che, nella stragrande maggioranza dei casi, è destinato a non materializzarsi.

Così sono stati ridotti i tempi del tirocinio. Oggi si discute se abolirlo e rendere, addirittura, la laurea professionalizzante con un percorso ad hoc.

Una proposta che trova un ostacolo nella maggior parte dei professionisti, che hanno seguito un percorso di abilitazione lungo e con molti sacrifici ed ostacoli, dettato dalle passate condizioni del mercato del lavoro.

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Quali sono le possibili soluzioni?

Veniamo alle soluzioni proposte. In primis quella della retribuzione, a spese (almeno parzialmente) dello Stato.

Sarebbe un modo per azzerare la concorrenza dei big della consulenza, che sulla scorta dei contratti di apprendistato o di contratti di inserimento fanno incetta di giovani. Ma probabilmente le retribuzioni non sarebbero competitive con quelle di strutture più grandi e meglio organizzate, anche sul fronte degli investimenti.

Le attività informative sulla professione del commercialista presso le università dovrebbero presentare agli studenti le opportunità della professione del commercialista che, in effetti, sono tante. Prima tra tutti la possibilità di svolgere un lavoro in piena autonomia e libertà.

D’altro canto i giovani professionisti dovrebbero avere la possibilità di svolgere questo lavoro in un adeguato contesto di work-life balance.

Una professione attrattiva dovrebbe essere più attuale e compenetrata nel mondo delle imprese e nelle richieste che una attività di consulenza richiede oggi.

Quali sono le prospettive future?

Non è scontato che in tempi brevi possa esserci una inversione di tendenza, con un numero di giovani leve che inizierà a crescere per dare nuova vita e nuova linfa agli studi professionali di commercialisti.

Lo scenario più plausibile potrebbe essere quello di una crescita più lenta, che potrebbe diventare una “decrescita felice” della professione con una leggera variazione del modello di lavoro rispetto al passato.

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Intelligenza artificiale e contabilità

I problemi da risolvere oggi e i grandi temi aperti sono quelli dell’attività contabile e fiscale, sempre più in predicato di diventare marginale nella professione del commercialista.

Le ragioni sono legate ad una serie di fattori, fra cui la ribalta di strumenti di intelligenza artificiale che, secondo recenti analisi provenienti da oltreoceano, ridurrebbero le attività contabili e amministrative di una percentuale che oscilla tra il 40 e il 60%.

E proprio l’intelligenza artificiale potrebbe essere la soluzione a questo gap tra domanda e offerta di lavoro in questo mercato particolare.

Esistono sistemi di intelligenza artificiale addestrati per svolgere alcune attività specifiche del professionista che, in molti studi, sono storicamente affidate ai giovani praticanti:

  • Analisi dei metodi per la valutazione di azienda e applicazioni;
  • Redazione di business plan;
  • Progetti di finanza agevolata;
  • Analisi di indici;
  • Redazione di documenti e check list.

Verso il consulente IA

Uno scenario possibile è quello in cui il professionista, invece di acquisire le risorse ed inserirle in studio per le attività preparatorie, potrebbe rivolgersi a consulenti in outsourcing.

Costoro farebbero le attività fino ad una fase “semilavorata” dell’attività di consulenza che, una volta revisionata dal professionista e se è il caso certificata, diventerebbe un “prodotto” da fornire al cliente finale.

L’attività di consulenza potrebbe essere modellizzata e standardizzata in modo da poter essere gestita con delle risorse esterne, che potrebbero svolgere il lavoro “sporco” con l’affinamento da parte del commercialista.

Replicare quello che il commercialista del secolo scorso o di inizio secolo faceva, affidando le pratiche al tirocinante che “smazzava” la parte preparatoria del lavoro e lo sottoponeva al commercialista.

Quali sono le caratteristiche del Ra(I)gioniere

Un vero è proprio “Ra(I)gioniere”, che prepara:

  • le carte di lavoro per la revisione legale;
  • la valutazione di azienda;
  • la check list per gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili;
  • un business plan generico o per pratiche di finanza agevolata;
  • un tool che scarica gli estratti conto bancari dei clienti e li acquisisce;
  • una automazione per raccogliere dati e informazioni dal cliente oppure per creare il ciclo di compliance con antiriciclaggio e privacy.

Un assistente virtuale sempre disponibile e semplice da gestire nell’immediato, oggi che la difficoltà di trovare non solo praticanti, ma anche collaboratori, è elevato.

Un nuovo modello di lavoro per reggere l’urto di questa fase di grandi cambiamenti.

Nell’attesa dell’evolversi degli eventi e di formare una nuova generazione di interpreti della professione che supera la fase della carta e penna, le calcolatrici, il pc, il web, si avvia ad esplorare le nuove frontiere di una lavoro che potrebbe tornare a dare enormi soddisfazioni ai suoi protagonisti e rinverdire i fasti di un passato da dimenticare.

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Giovanni Emmi

Dottore Commercialista

Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

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