Dal 2015, con l’approvazione del Jobs Act, le aziende possono usare per fini disciplinari le registrazioni delle telecamere posizionate all’interno dei luoghi di lavoro. Tuttavia la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30822 del 24.11.2025, ha posto un limite all’uso di questo materiale. Ovvero, se il contratto di categoria (CCNL) o l’accordo firmato con i sindacati vieta l’uso dei video per controllare i lavoratori, tale divieto ha la meglio sulla legge generale. C’è solo un caso in cui si può derogare a questo principio.
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Tutele rinforzate per il lavoratore licenziato
L’articolo 4 dello statuto dei lavoratori, aggiornato nel 2015 dal Jobs Act, prevede che le informazioni raccolte tramite telecamere siano utilizzabili dall’azienda per fini connessi al rapporto di lavoro, compresi quelli disciplinari. Ma l’utilizzo delle stesse non è mai stato libero da vincoli, anche prima dell’intervento della Cassazione. Infatti, la legge ha imposto fin da subito alle aziende l’obbligo di informare il lavoratore con un’adeguata comunicazione preventiva.
La Suprema Corte, di fatto, ha quindi aggiunto solo un ulteriore paletto. I giudici hanno cioè riconosciuto che la libertà contrattuale tra le parti può restringere il perimetro operativo della legge generale. Quindi se il CCNL di categoria o l’accordo siglato con le rappresentanze sindacali aziendali contiene una clausola che esclude esplicitamente l’uso delle immagini per contestazioni disciplinari, tale divieto resta vincolante.
Il CCNL diventa decisivo
Il caso su cui si sono espressi i giudici riguardava un dipendente licenziato per furto, la cui colpevolezza era emersa dalle telecamere di sicurezza. Nonostante l’illecito fosse grave, il licenziamento è stato dichiarato nullo perché il contratto collettivo applicato dall’azienda vietava espressamente l’uso della tecnologia per sanzionare il personale. Il principio di favore per il lavoratore ha prevalso sulla norma generale, perché le parti sociali hanno concordato tutele superiori.
Per le imprese non è più sufficiente ottenere il via libera dall’Ispettorato del Lavoro installare le telecamere in azienda e utilizzarle. Anche se l’impianto è a norma, occorre verificare gli accordi di secondo livello e dei contratti nazionali. Altrimenti resta un impianto a norma ma non utilizzabile per giustificare un licenziamento disciplinare.
Quando sono ammessi i controlli difensivi
Quanto detto fino ad ora vale per il cosiddetto monitoraggio ordinario, che la giurisprudenza distingue dai controlli difensivi occulti, ammessi anche senza il preventivo accordo con i sindacati, ma solo in specifici casi. Come stabilito da una precedente sentenza della Cassazione (n. 28613/2025), se c’è il sospetto di un illecito (es. ammanchi di cassa documentati), si possono installare telecamere senza accordo sindacale e senza informativa preventiva, ma solo se il controllo è mirato a individuare il colpevole di un reato specifico e le telecamere vengono attivate dopo che è sorto il sospetto (non possono essere “preventive”).
Le riprese, in questi casi, n on devono riguardare l’attività lavorativa in sé, ma esclusivamente il luogo dove avviene l’illecito (ad es. il furto). I controlli non devono cioè mai trasformarsi in una sorveglianza continua e indiscriminata della prestazione lavorativa. Infine, le immagini non possono essere conservate oltre le 24-48 ore, salvo autorizzazioni specifiche del Garante o, appunto, esigenze investigative.
Cosa rischia il datore di lavoro
La violazione delle norme sull’installazione delle telecamere in azienda comporta sanzioni penali (ammende da 154 a 1.549 euro o arresto da 15 giorni a un anno), mentre l’utilizzo improprio di filmati ha delle conseguenze sia sul piano civile che amministrativo. Prima di tutto, è prevista la reintegra del dipendente sul posto di lavoro con il contestuale pagamento delle retribuzioni arretrate. A questo si aggiungono le pesanti sanzioni del Garante per la protezione dei dati personali, calcolate in percentuale rispetto al fatturato annuo se viene accertata una violazione sistematica dei diritti dei lavoratori.













Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it