Il Senato ha approvato, giovedì 30 ottobre, la riforma della giustizia e della separazione delle carriere. Così si è concluso l’iter delle quattro letture previste dalla Costituzione per le modifiche della Carta. Tra le novità previste dal testo, l’introduzione della separazione delle carriere per i magistrati, l’istituzione di due Consigli superiori della magistratura distinti tra loro e di un’Alta Corte disciplinare per i procedimenti contro i magistrati. Ma adesso serve il “sì” del popolo: il referendum previsto per le riforme costituzionali sarà confermativo e non abrogativo, dunque non necessiterà del quorum per essere valido.
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Riforma della giustizia, la separazione delle carriere per i magistrati
Nel nuovo assetto previsto dalla riforma, il passaggio di funzioni da giudice a PM e viceversa, che oggi è prassi, seppur con limitazioni, non sarà più possibile. In questo caso i magistrati seguiranno carriere autonome, con meccanismi di progressione, valutazione e formazione differenziati. In questo modo, all’interno della magistratura si creeranno due percorsi professionali distinti. Da un lato quindi ci sarà la magistratura giudicante (i giudici), ovvero coloro che giudicano, che prendono le decisioni finali sulle controversie e sull’innocenza o colpevolezza; dall’altro invece la magistratura requirente (i pubblici ministeri o PM), che conducono le indagini in rappresentanza dello Stato.
Inoltre, oggi tutti i magistrati entrano in carriera superando un unico concorso e, dopo un periodo di formazione, scelgono se esercitare la funzione giudicante o requirente. Con la riforma ci sarebbero invece due concorsi d’accesso distinti fin dall’inizio, uno per diventare giudice e uno per diventare pubblico ministero. Chi sceglie una carriera non potrà mai più passare all’altra, interrompendo definitivamente la possibilità di interscambio funzionale.
L’istituzione di due CSM distinti
Attualmente, il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è l’organo che gestisce l’intera carriera (valutazioni, promozioni, trasferimenti, sanzioni) di giudici e PM. Tuttavia, con la riforma, la separazione delle carriere implica la necessità di una separazione dell’organo di autogoverno. Per questo motivo, il testo approvato dal Senato prevede la nascita di due Consigli superiori della magistratura distinti: uno per i magistrati giudicanti e uno per quelli requirenti.
Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e comprenderanno figure di diritto (il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, a seconda del Consiglio), magistrati eletti e membri scelti tra professori ordinari e avvocati con esperienza.
Cambia anche la selezione dei cosiddetti membri “laici”, ovvero quelli che non sono magistrati. Con il sistema attuale, i membri laici sono eletti direttamente dal parlamento in seduta comune (Camera e Senato). Con la riforma, una parte di questi sarà scelta tramite sorteggio da un elenco precostituito dal parlamento. Rimane invece la durata di 4 anni per la copertura del ruolo e il divieto di ricandidarsi.
Arriva l’Alta Corte disciplinare per i procedimenti contro i magistrati
Accanto ai due CSM è prevista poi l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, con competenze specifiche per i procedimenti contro i magistrati. La Corte sarà composta da magistrati (sia giudicanti sia requirenti) e da membri esterni (professori e avvocati con lunga esperienza). Alla presidenza si potrà arrivare sia da magistrati designati dal Capo dello Stato sia da componenti estratti a sorte. L’Alta Corte avrà inoltre il compito di irrogare sanzioni disciplinari e di garantire uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale.
Fino all’entrata in vigore della riforma, la disciplina dei magistrati è regolata dall’articolo 105 della Costituzione, che attribuisce al Consiglio superiore della magistratura (CSM) il potere di disporre provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati, attraverso un’apposita Sezione disciplinare interna. In questo modo il CSM funge sia da organo di autogoverno, sia da giudice disciplinare dei magistrati. Con la riforma il potere disciplinare e quello di gestione non sono più concentrati nello stesso organismo.
Riforma della giustizia, quando sarà il referendum nel 2026
L’articolo 138 della Costituzione italiana stabilisce il procedimento per l’approvazione delle leggi di revisione della Costituzione e delle leggi costituzionali: per l’ok serve una doppia deliberazione di ciascuna Camera a distanza di almeno tre mesi. Se, nella seconda votazione, la legge non viene approvata a maggioranza assoluta, allora può essere sottoposta a referendum popolare confermativo. Lo stesso se – nonostante la maggioranza assoluta – viene richiesto da un quinto dei membri di una Camera, da 500 mila elettori o da cinque Consigli regionali.
Dal momento della pubblicazione in Gazzetta ufficiale – secondo la legge n.352 del 1970 – ci saranno tre mesi di tempo per raccogliere le firme necessarie per chiedere il referendum: serviranno un quinto dei membri di una Camera (80 deputati o 41 senatori), 500 mila elettori o cinque Consigli regionali.
A differenza del referendum abrogativo, l’altro strumento di democrazia diretta che ha come obiettivo l’eliminazione di una o di parte di una legge, il referendum confermativo non prevede l’obbligo di raggiungimento del quorum (50% +1) degli aventi diritto al voto. Dunque, sarà valido a prescindere dall’affluenza alle urne e il risultato corrisponderà a ciò che avrà espresso la maggioranza relativa dei voti validi.
I cittadini saranno chiamati al voto, presumibilmente, tra la fine di marzo e la prima metà di aprile 2026.














Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it