L’ISTAT conferma il trend in aumento dell’occupazione in Italia. Dopo il crollo del 2020 causato dalla pandemia, la crescita iniziata nel 2021 non si ferma. I dati, pubblicati il 26 novembre 2025 – ma relativi al periodo 2023-2024 – mostrano che il mercato del lavoro è cresciuto anche l’anno scorso, coinvolgendo giovani, famiglie con redditi più bassi e regioni del Mezzogiorno. C’è però un altro trend che si pone a contrasto con questo andamento positivo. Una quota consistente dei nuovi ingressi riguarda, cioè, professioni poco retribuite e con contratti precari. Con alcune categorie che, già svantaggiate, ne pagano le spese più di altre.
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Occupazione in crescita in Italia: i numeri della ripresa
Nel 2024 il tasso di occupazione in Italia, nella fascia 15-64 anni, arriva al 62,2%, registrando un aumento di +0,7 punti percentuali in un anno. Scende invece il tasso di disoccupazione al 6,6%, mentre il tasso di inattività rimane sostanzialmente stabile al 33,4%. Di fatto, si è confermato l’andamento del 2023, anno in cui l’occupazione è passata dal 60,1% al 61,5%, mentre la disoccupazione è scesa dall’8,2% al 7,8% e l’inattività dal 34,5% al 33,3%. L’occupazione è aumentata in tutte le aree del Paese, ma con intensità diverse. Il Mezzogiorno, nonostante parta da livelli molto più bassi, mostra un incremento del +1,5% nel 2023, pari a quello del Nord-Est.
Nel Nord-Est e al Centro, c’è stato un aumento dell’occupazione proprio tra la popolazione che guadagna meno. Ad esempio, nel Nord-Est, il tasso di occupazione in questa fascia è salito del 5,6%, e al Centro del 3,9%. In controtendenza, c’è stata una leggera diminuzione dell’occupazione (un calo dello 0,5%) tra le persone più ricche che vivono al Centro Italia.
Contratti stabili ma poco pagati
La quota di lavoratori con contratto a tempo indeterminato sale dal 39,8% al 41,2% nel 2024. Tuttavia, questi sono diffusi soprattuto tra chi percepisce un reddito medio-alto, mentre i contratti a termine crescono proprio tra i più poveri dal 6,8% all’8,1%. Inoltre, nel 2023 il 26,7% degli occupati lavora in attività a basso reddito e solo il 15,2% svolge professioni ad alto reddito. Tra i nuovi occupati la percentuale di lavori a basso reddito sale al 42,7%, mentre solo il 6,9% entra in professioni più remunerative. La crescita del lavoro, cioè, non si traduce ancora in un reale avanzamento salariale e professionale.
Tra i lavoratori più poveri, il 10,3% è un autonomo (solo e senza dipendenti). Mentre, tra i più ricchi la percentuale di autonomi è dell’11%. Gli autonomi imprenditori (con dipendenti) rappresentano il 6% dei lavoratori solo nella fascia di reddito superiore.
Lavoratori giovani e over 55 in aumento, ma cresce divario di genere
Il tasso di occupazione dei giovani tra i 25 e i 34 anni raggiunge il 68,1% nel 2023, con un aumento di 2 punti rispetto al 2022. Tra questi, però, aumenta (del 5%) il numero delle persone che percepiscono un reddito basso. Crescono anche i lavoratori tra 55 e 64 anni (+2,3%), soprattutto tra quelli che hanno un reddito medio basso (+3,5%).
La disparità di opportunità lavorative tra uomini e donne cresce man mano che si scende nelle fasce di reddito più basse. La percentuali di uomini che lavorano è del 66,2%, contro il 38,7% delle donne. Nelle fasce economicamente più ricche la situazione cambia: lavora l’83% degli uomini e il 75,3% delle donne.
Chi ha una laurea ha probabilità molto più alte di essere occupato
Dai dati ISTAT emerge che chi possiede un titolo universitario ha molte più probabilità di essere occupato, ma la distanza rispetto ai meno istruiti si amplia salendo nella scala del reddito. Nelle fasce più povere della popolazione, il 52,2% di occupati ha un titolo universitario (21 punti percentuali in più rispetto a chi è meno istruito). Nelle fasce più ricche della popolazione, l’occupazione per i laureati sale al 90%. In questo caso, il divario si allarga a ben 32,9 punti percentuali rispetto ai meno istruiti.













Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it