Un’impresa su 3 assumerà lavoratori extra UE entro il 2026 perché mancano gli italiani: le previsioni

Un'impresa su 3 entro il 2026 assumerà lavoratori extra UE perché non trova italiani: le previsioni e quali sono i fattori che incidono su questa scelta.

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Il prospetto presentato oggi da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne è chiaro: mancano lavoratori italiani e quindi le imprese entro il 2026 ricorreranno in maniera massiccia alle assunzioni di persone extra UE. E non sono poche le realtà che prenderanno questa decisione o l’hanno già presa, almeno 1 su 3.

Le imprese dichiarano quindi la mancanza di candidati italiani, per il 73,5% del totale. Il tema è caldo in Italia e il dibattito politico intorno alla questione si fa sempre più acceso: da un lato le aziende non trovano lavoratori, dall’altro lato gli stessi dipendenti denunciano stipendi bassi e condizioni sempre più precarie.

Ma quello che spesso sfugge ad una prima lettura sull’argomento sono i numerosi fattori che incidono su questi dati, a partire dalle dinamiche demografiche fino ad arrivare alla mancanza sempre più frequente di lavoratori specializzati. Non sempre quindi la motivazione è di tipo economico, anche se è ciò di cui più si parla.

Quante imprese cercano lavoratori extra UE

I dati trapelati dall’indagine sono chiari: la maggior parte delle imprese italiane non trova lavoratori. All’apparenza una contraddizione, dato che comunque la disoccupazione italiana, anche se è scesa nell’ultimo periodo, resta al 5,9%, raggiungendo il 19,2% per la fascia giovanile.

Le imprese in ogni caso sono sempre più decise ad assumere personale che proviene da fuori confine, non solo italiano, ma europeo:

  • il 47,1% delle imprese vuole assumere operai specializzati extra UE entro il 2026 o li ha già assunti;
  • il 32,6% delle imprese vuole assumere operai generici extra UE entro il 2026 o li ha già assunti;
  • il 13,3% delle imprese intende assumere lavoratori extra UE nel settore terziario;
  • l’11,1% delle imprese vuole assumere lavoratori artigiani extra UE;
  • il 9,3% delle imprese intende assumere tecnici specializzati extra UE;
  • il 4,9% delle imprese vuole assumere professionisti altamente qualificati extra UE;
  • l’1,1% delle imprese vuole assumere manager extra UE.
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Da queste percentuali viene delineato il profilo maggiormente ricercato, ovvero quello degli operai specializzati. Lavoratori altrimenti difficili da trovare nei confini italiani. E la richiesta proviene soprattutto dalle imprese situate a nord-est del paese, da Trentino e Veneto.

Perché le imprese cercano lavoratori extra UE

La difficoltà nel reperire lavoratori qualificati in Italia è la motivazione principale di questa scelta organizzativa, mentre la maggior parte delle imprese dichiara che questa selezione non è dovuta alla necessità di pagare meno i lavoratori (solo il 3% indica questo motivo). Una questione che oggi è ampiamente dibattuta a livello politico e sociale, con punti di vista differenti.

Ma dietro a questi dati si celano alcune problematiche da non sottovalutare, tra cui quella della mancanza di giovani che possono coprire questo ruolo. Il problema è di tipo demografico, soprattutto perché l’Italia è un paese in cui questa fascia di età è presente in modo nettamente inferiore rispetto alle altre.

L’Istat rilevava nel 2023 circa 199,8 anziani ogni cento giovani, un numero che fa capire bene qual è la forza lavoro attualmente presente nel paese. Una delle cause per cui le imprese cercano lavoratori fuori dall’Europa riguarda le competenze tecniche, per cui in molti casi mancano nel bel paese.

Dati sintetici che nascondono non poche problematiche strutturali italiane: il crollo demografico, il calo delle nascite e le criticità nella formazione scolastica, che a ben vedere non riesce a rispondere in modo adeguato alle richieste del mondo del lavoro.

Quindi le motivazioni per cui le aziende sempre più spesso sceglieranno di guardare fuori dall’Italia e dall’UE sono di tipo quantitativo (mancano giovani lavoratori nel paese) ma anche qualitativo (mancano le competenze per coprire i posti di lavoro), più che economico.

Come risolvere queste criticità? La risposta non è semplice, ma si potrebbe partire da maggiori politiche attive per la famiglia, che possano sostenere sia le imprese che i lavoratori verso la ripresa demografica, passando per strategie di formazione mirate realmente all’inserimento in un mercato del lavoro sempre più complesso che evolve velocemente. Qualcosa a cui, date le evidenze numeriche, l’Italia non ha ancora saputo rispondere.

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