Condividere senza dividere, uno sforzo epico

Spesso i rapporti tra i professionisti sono poco chiari. Oggi serve trovare un modello che permetta autonomia di governance e aggregazione nello stesso studio.

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Società tra professionisti, associazione professionale, condividiamo lo studio e le spese. Quando entriamo in uno studio professionale di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro e vediamo più di un professionista che “la fa da padrone”, non è sempre chiaro quale sia la forma giuridica.

I professionisti utilizzano indifferentemente questi schemi di lavoro e, a volte, non si riesce a trovare la differenza nell’approccio al cliente o ai collaboratori.

Quando un rapporto non è chiaro all’esterno, probabilmente, non lo sarà neanche all’interno.

Spesso i rapporti tra i professionisti sono confusi e nebulosi, si creano tensioni all’interno dello studio che passano da dissapori insanabili e conducono alla separazione.

Non avere stabilito chiaramente tutti gli aspetti che interessano i rapporti economici può portare a problemi nel futuro. Di solito, il rapporto ha un minimo comune denominatore nella relazione personale e non tiene conto delle dinamiche di crescita professionale individuale all’interno di un gruppo di professionisti.

La declinazione personale del rapporto, finché dura, rende indifferente un modello di gestione o l’altro, nelle strutture a ristretta base. I dolori iniziano quando il rapporto personale deflagra: più stretto è il vincolo e più ci si farà male.

In una condivisione degli spazi il perimetro dei rapporti sarà determinato, di solito, in favore di chi ha intestato il contratto di locazione, oppure ha la proprietà dell’immobile. Questo resta, l’altro o gli altri vanno via.

Associazione professionale

Nell’associazione professionale, il vincolo è più blando. Quindi, il passaggio da uno schema associativo a uno individuale sarà immediato.

L’unico vincolo da risolvere sarà quello della struttura fisica, in caso di condivisione, incluse utenze e collaboratori.

Società professionale

Nella società professionale è più complicato, soprattutto se ci sono stati degli investimenti condivisi, nell’ottica di una crescita tipica del modello adottato. La fase della liquidazione è una tragedia economica e professionale e vincola il commercialista nella adesione a un altro progetto finalizzato alla costituzione di una società professionale, per una limitazione prevista in modo espresso dalla normativa in materia.

La creazione di aggregazioni professionali, dalle forme basilari fino a quelle evolute, passa sempre dal rapporto personale, che deve essere forte e stabile. Al di fuori di questo rapporto qualsiasi forma adottata per la gestione congiunta di uno studio rischia di diventare fallimentare.

La differenza tra le varie forme è che più complessa è la forma giuridica, più difficile sarà sciogliere il vincolo senza creare tensioni.

A questo punto la domanda sorge spontanea: perché non condividiamo semplicemente lo studio?

La risposta è nella necessità burocratica di condividere alcune spese (locazione, collaboratori, utenze, altre spese), non tanto nella visione comune che resta sempre legata al rapporto personale.

La sfida è trovare un modello che salvi l’autonomia e l’indipendenza nella governance e consenta l’aggregazione, rafforzando delle strutture economiche fragili.

Autore
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Giovanni Emmi

Dottore Commercialista

Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

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