Le addizionali comunali e regionali dell’IRPEF sono imposte dirette che i lavoratori versano periodicamente alla propria Regione o Comune di residenza. Con la conferma delle tre aliquote IRPEF per l’anno in corso, anche questa tassa si è adeguata, per cui le singole Regioni e i Comuni hanno avuto un periodo specifico di tempo per aggiornarsi.
Oggi è possibile accedere online agli elenchi aggiornati al 2025 con tutte le aliquote proposte dai singoli enti. La UIL ha individuato da queste percentuali delle forti disparità territoriali, che vanno soprattutto a svantaggio dei lavoratori che si trovano in determinate zone d’Italia. Con cifre che non sempre corrispondono ad un miglioramento reale dei servizio pubblici.
Addizionali comunali e regionali IRPEF: la lista
La lista aggiornata al 2025 delle aliquote di queste imposte si può consultare sulla pagina ufficiale pubblicata dal ministero dell’Economia e delle Finanze. I dati sono integrati periodicamente per seguire le decisioni del governo e dei singoli enti territoriali. Inoltre è possibile visionare anche gli elenchi precedenti.
Scaricando il documento relativo al 2025 si possono vedere i nomi dei diversi Comuni italiani con relativa percentuale dell’addizionale comunale (o regionale) e specifiche sullo scaglione di reddito a cui è applicabile.
Questa imposta è a carico di tutti i lavoratori soggetti all’IRPEF, quindi sia ai dipendenti che agli autonomi, ma lascia fuori tutti quei soggetti che non versano questa tassa, come i contribuenti forfettari. L’ultimo adeguamento delle aliquote delle addizionali, dopo la conferma del sistema IRPEF a tre scaglioni, prevedeva un aggiornamento o una conferma da parte degli enti entro il 15 aprile 2025.
Dopo questa modifica, possono quindi essere applicate le nuove aliquote secondo le disposizioni dei singoli Comuni. Ma come rileva la UIL le percentuali non sono uguali in tutte le zone d’Italia: alcuni Comuni prevedono una tassazione più alta.
Addizionali comunali e regionali IRPEF: le differenze
Le differenza territoriali sono sempre più marcate, come rileva il servizio Stato sociale, politiche fiscali e previdenziali, immigrazione della UIL:
“Analizzando i dati relativi alle città metropolitane, sommando l’addizionale comunale a quella regionale, si evince che, in totale, un cittadino con un reddito pari a 20.000 euro, versa da un minimo di 263 euro, se abita a Milano, sino a un massimo di 607 euro, se abita a Napoli.”
Una differenza notevole, di diverse centinaia di euro, che rileva come questa tassa non sia uguale per tutti e che al contrario ci sia una forte discrezionalità nella destinazione di questa imposta. Vengono rilevate sostanziali differenze in base al reddito lordo annuo percepito, che sono più marcate in alcune città italiane. In tabella, le cifre da pagare con un reddito annuo di circa 20.000 euro.
Città | Totale addizionali |
Napoli | 607 euro |
Roma | 606 euro |
Torino | 509 euro |
Reggio Calabria | 506 euro |
Bologna | 456 euro |
Palermo | 449 euro |
Genova | 446 euro |
Bari | 431 euro |
Venezia | 406 euro |
Catania | 406 euro |
Messina | 406 euro |
Cagliari | 381 euro |
Firenze | 284 euro |
Milano | 263 euro |
Da come si può intuire, vivere ad esempio a Firenze risulta più conveniente (in riferimento all’addizionale IRPEF) rispetto a vivere in un’altra città come Roma. Va ricordato che questa tassa viene applicata con l’obiettivo di destinare le risorse da essa recuperate a servizi pubblici e infrastrutture del territorio.
Ma come evidenzia la UIL, spesso la tassa viene impiegata a compensazione dei tagli imposti dai governi alla spesa da indirizzare per i territori, per cui i ricavi non vengono realmente impiegati per innovare il territorio e agevolare i cittadini, ma per compensare mancanze strutturali. Il sindacato quindi chiede una riforma del sistema fiscale locale, per evitare l’aumentare delle disuguaglianze tra cittadini dello stesso paese.
Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it