Rapporto Bes 2025, in Italia rischio povertà più alto della media UE e condizione femminile di svantaggio

5,8 milioni di cittadini hanno rinunciato alle cure per motivi economici e lunghe liste d'attesa. Medici ancora in calo.

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Le condizioni di benessere economico in Italia sono al di sotto della media europea. A dirlo è il Rapporto Bes 2025 (Benessere equo e sostenibile) dell’Istat. Nel 2024, il rischio di povertà è al 18,9% contro il 16,2% della media Ue. E se si guarda al reddito netto, la disuguaglianza è ancora più alta, segnando il 5,5% contro il 2,7% della media Ue. Ma a preoccupare sono anche altri dati: la condizione di svantaggio delle donne, che partecipano poco al mercato del lavoro e vedono “in casa” i principali pericoli per la loro incolumità; la carenza di medici e posti letto negli ospedali.

Rapporto Bes 2025: casa, salute e sicurezza

Nonostante l’emergenza abitativa, il report indica un sostanziale vantaggio sul costo dell’abitazione, che in Italia è di 3,1 punti percentuali al di sotto della media europea (8,2%). Buoni anche gli indicatori di salute e sicurezza: la mortalità evitabile è del 17,6% rispetto al 25,8% su 10 mila abitanti della media Ue; la speranza di vita è di 84,1 anni, contro gli 81,7 anni della media europea.

Ma la speranza di vita in buona salute scende a 58,1 anni, rispetto ai 59,1 anni del 2023 e ai 58,6 anni del 2019. Su questo calo pesa il peggioramento della percezione di buona salute (pari a 67,1% nel 2024, in riduzione di 1,3 punti percentuali dal 2023). Le donne registrano il valore più basso degli ultimi 10 anni: 56,6 anni di vita attesa in buona salute, con un gap di 3,2 anni rispetto agli uomini (59,8 anni).

Omicidi e femminicidi: il pericolo per le donne è “in casa”

Il tasso di omicidi in Italia (0,6% per 100 mila abitanti) è tra i più bassi in Europa, dove la media è dello 0,9%. Nel 2023, le vittime di omicidio sono state 220 uomini e 124 donne (rispettivamente 0,76 e 0,41 omicidi per 100 mila abitanti dello stesso sesso). Il tasso di omicidi degli uomini prosegue nel 2023 la crescita iniziata nel 2021, mentre quello delle donne registra una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Sia per gli uomini, sia per le donne i livelli sono più bassi rispetto al 2014, quando erano pari rispettivamente a 1,13 e 0,47 per 100 mila abitanti.

Tuttavia, le dinamiche degli omicidi che coinvolgono i due sessi restano molto diverse. Nel 2023, l’88% degli omicidi femminili è stato commesso da una persona conosciuta: circa quattro donne su 10 sono state uccise dal partner attuale, il 12,8% da un precedente partner, il 26,5% da un familiare (inclusi figli e genitori) e il 7,7% da un’altra persona che la donna conosceva (amici, colleghi, ecc.). La situazione è molto diversa per gli uomini: nel 2023 solo il 37,4% è stato ucciso da una persona conosciuta, e tra queste il 2,9% dal partner attuale, mentre nel 62,6% dei casi l’autore è sconosciuto o non identificato.

Rapporto Bes 2025, il lavoro in Italia penalizza soprattutto le donne

Dal Rapporto Bes 2025 ciò che sembra funzionare peggio in Italia è il mercato del lavoro, con un tasso di occupazione del 67,1%, con un ribasso di 8,7 punti rispetto alla media europea. L’occupazione scende vertiginosamente, toccando il 57,4%, quando si parla di donne. La media dell’occupazione femminile in Europa, invece, è del 70,8%. Le differenze sono evidenti anche tra le persone che lavorano in part-time involontario (8,5% Italia; 3,2% Ue27) soprattutto tra le lavoratrici (13,7% Italia; 4,8% Ue27).

I nidi che mancano

Nel triennio 2022-2024, ha frequentato nidi e servizi per la prima infanzia il 35,2% dei bambini tra 0 e 2 anni (3,5 punti percentuali in più rispetto al triennio 2021-2023). Più della metà delle regioni ha superato il target europeo del 33% previsto per il 2010; Sardegna ed Emilia-Romagna superano anche il target del 45% previsto per il 2030, mentre in Campania, Calabria, Liguria, Puglia, Basilicata e Sicilia meno del 30% dei bambini di 0-2 anni frequentano il nido.

Istruzione e ricerca

Trend negativo del Belpaese anche su istruzione e formazione: i laureati nella fascia 25-34 anni sono il 31,6%, contro il 44,1% dell’Ue; i diplomati nella fascia 25-64 anni sono il 66,7%, contro l’80,5% delle media Ue. Dal report emerge che l’Italia investa meno in ricerca e sviluppo (1,37% del Pil, contro il 2,22% dell’Ue27). La percentuale di lavoratori con formazione universitaria nelle professioni scientifico-tecnologiche è inferiore di 7,4 punti rispetto alla media europea (26,7% Italia vs 34,1% Ue27).

Sul fronte delle competenze, sono molte le differenze territoriali e di genere. In Sicilia si osservano le quote più alte di studenti con competenze alfabetiche non adeguate (53,3% degli studenti), seguono la Calabria (50,8%) e la Sardegna (49,1%); le stesse regioni presentano anche i livelli più alti di studenti con competenze numeriche non
adeguate (Sicilia 62,0%, Calabria 59,5% e Sardegna 57,9%). A livello complessivo, gli studenti nativi che non raggiungono competenze adeguate sono il 37% per quelle alfabetiche e il 41,4% per quelle numeriche.

Peggiore le performance tra gli stranieri: il 75% dei ragazzi che non sono nati in Italia non raggiunge adeguate competenze alfabetiche, quota che si attesta al 67,6% per quelle numeriche. La situazione è leggermente migliore per i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, sia per l’italiano (57,2% di competenze non adeguate), sia per la matematica (52,6%).

Bes, la qualità dei servizi in Italia: calano i posti letto negli ospedali

Nel 2023 i posti letto ospedalieri nei reparti ad elevata assistenza scendono a 2,9 per 10 mila abitanti (da 3,2 nel 2022), con diminuzioni più marcate al Nord, soprattutto nella Provincia autonoma di Trento, in Veneto e Lombardia. Ciò determina l’attenuazione delle differenze territoriali e del dualismo Nord-Sud, con regioni sopra e sotto la media distribuite in tutto il Paese.

Aumentano i ricoveri ospedalieri fuori regione: sono 477 mila nel 2023 (+27 mila rispetto al 2022), l’8,6% del totale. La crescita riguarda soprattutto i ricoveri ad alta complessità. Il fenomeno si conferma più marcato nel Mezzogiorno, con l’11,3% dei ricoveri fuori regione (la metà dei quali in ospedali del Nord), mentre il Nord mantiene la maggiore capacità di attrazione. La distribuzione territoriale della mobilità in uscita è stabile negli ultimi vent’anni, con percentuali elevate in molte regioni del Sud, in Valle d’Aosta, Liguria, Provincia autonoma di Trento, Marche e Umbria.

La rinuncia alle cure

Nel 2024 la quota di persone che rinuncia a visite specialistiche (escluse quelle odontoiatriche) o esami medici sale al 9,9% (5,8 milioni di cittadini), in aumento rispetto al 2023 (7,6%) e ai livelli pre-pandemia (8,1%). Le principali cause sono le lunghe liste d’attesa (6,8%) e i motivi economici (5,3%). Le donne (11,4%) e gli adulti di 45-54 anni (13,4%) sono più penalizzati, mentre le differenze territoriali si riducono. Persistono divari per istruzione, con maggiori difficoltà tra gli anziani meno istruiti (11,9%) rispetto ai laureati (9,2%).

La carenza di medici

Prosegue nel 2023 il calo della dotazione di medici di medicina generale: sono 6,4 per 10mila residenti (-3,5% rispetto all’anno precedente). Al Nord sono solo 5,8 per 10 mila residenti e il 63,8% gestisce più di 1.500 pazienti, con picchi in Lombardia, Veneto e Provincia autonoma di Bolzano. Al Centro e al Mezzogiorno la dotazione è più alta (rispettivamente 7,2 e 6,9), ma il carico assistenziale è comunque elevato (rispettivamente 48,7% e 39,6%) e in aumento.

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