Tra IRPEF progressiva e IVA “regressiva”, la metà degli italiani non paga le tasse: come abbassarle

"Scatole cinesi", società non patrimonializzate e reddito minimo. Gran parte degli italiani vive "sulle spalle" degli altri.

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chi non paga le tasse in Italia

Si parla spesso di tasse e di come mantenere “generoso” il sistema di welfare. Un dibattito attualmente caldo, alla luce della prossima approvazione della manovra 2026. Ma un dato contenuto nella dodicesima indagine sulle entrate fiscali svolta da Itinerari Previdenziali salta all’occhio: oltre il 76% di tutta l’IRPEF, l’Imposta sul reddito delle persone fisiche, è versato da poco più di un quarto dei contribuenti italiani. Il dato è contenuto nel documento “Le dichiarazioni dei redditi 2023: l’analisi IRPEF e delle altre imposte dirette e indirette per importi, tipologia dei contribuenti e territori negli ultimi 16 anni”. Questo significa che gran parte del finanziamento ai servizi pubblici ricade su una minoranza ristretta, composta soprattutto da coloro che dichiarano redditi superiori a 29 mila euro.

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Progressività del sistema tributario: capacità contributiva vs distribuzione del reddito in Italia

Interrogato sulla concentrazione del prelievo fiscale e sul rispetto del principio costituzionale di progressività, Mario Rovetti, dottore commercialista e professore a contratto di diritto tributario all’università di Torino, inserisce il tema nel contesto della distribuzione della ricchezza: “La progressività del sistema tributario comporta che l’onere fiscale cresca più che proporzionalmente al crescere degli elementi di capacità contributiva”, dice a Partitaiva.it.

Mario Rovetti

Per spiegare il concetto, l’esperto fa un esempio banale: è progressivo un sistema che su un reddito di mille faccia versare cento e che su un reddito di tremila faccia versare, per esempio, quattrocento (ovvero non solamente trecento, che significherebbe proporzionalità). “Ciò premesso, poiché solo il 5-6% degli italiani ha un reddito superiore a 50 mila euro, è evidente che la maggior parte del gettito provenga dal restante gruppo di contribuenti – aggiunge -. Facciamo un altro esempio banale: immaginiamo novantacinque contribuenti, a basso reddito, che pagano ognuno dieci euro di imposte e cinque contribuenti, a più alto reddito, che pagano ognuno venti euro di imposte (il doppio degli altri). Su un totale di millecinquanta di gettito, il 90% proverrà, comunque, dal gruppo che possiede un reddito inferiore”.

IRPEF progressiva vs IVA indifferenziata

Rovetti sottolinea che non è, quindi, un problema di capacità contributiva, quanto di distribuzione del reddito in Italia. La progressività dell’Irpef è assicurata dalla tassazione per scaglioni e dal riconoscimento di detrazioni via via decrescenti al crescere del reddito. “Occorre anche ricordare – aggiunge il docente universitario – che nel nostro sistema tributario vive un’imposta per nulla progressiva, anzi direi quasi regressiva, l’IVA, che colpisce i consumi di tutti noi a prescindere dalla nostra capacità contributiva: il prezzo di un bene o di un servizio è uguale per tutti, non è differenziato a seconda del reddito prodotto o della ricchezza. Quindi, finisce inevitabilmente per gravare percentualmente di più sui ceti meno forti“.

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Evasione fiscale e redditi bassi: chi non paga le tasse in Italia

L’analisi dei dati fiscali mostra che quasi la metà della popolazione italiana (il 49,9% dei contribuenti, pari a circa 30 milioni di cittadini) versa solo il 5,64% di tutta l’IRPEF risultando di fatto a carico della collettività per la maggior parte dei servizi. Nel documento si sostiene che una larga parte degli italiani paga poche o nessuna imposta, risultando di fatto a carico della collettività.

Per capire come si può conciliare la tutela dei redditi bassi con l’esigenza di sostenere la spesa pubblica e il welfare in termini giuridico-tributari, Rovetti fa, innanzitutto, una distinzione tra chi non paga le imposte, perché produce un reddito basso, e chi non le paga, perché troppo furbo, ovvero l’evasore. “I primi sono tutelati in primis dalla Costituzione e dal conseguente sistema di welfare, che garantiscono loro una esistenza dignitosa anche senza pagare le imposte. I secondi, invece, costituiscono un male per l’economia perché sottraggono risorse al sistema e, nella sostanza, fanno pagare ad altri le loro imposte: se in un ristorante con dieci tavoli solo otto pagano il conto, alla fine costoro pagheranno anche le consumazioni degli altri due tavoli, che pure sono stati serviti”, continua.

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Società non patrimonializzate e “scatole cinese”

Da decenni si sente parlare di lotta all’evasione ma, ad oggi, secondo l’esperto, non si può dire che lo Stato abbia strumenti efficaci ed efficienti per contrastarla: “Anzi, sulla base della mia esperienza professionale l’attività di recupero delle imposte non versate è rivolta in gran parte a chi le imposte già le paga, perché è facile andare a prenderne altre, mentre i veri furbi quasi sempre la fanno franca”. Il professore dell’università di Torino si riferisce a chi costituisce società non patrimonializzate, che in caso di evasione non possono essere aggredite dal Fisco. Oppure a chi giunge in Italia per esercitare un’attività economica per qualche anno per poi sparire senza aver pagato le imposte, infine, a chi costruisce un sistema di “scatole cinesi” per impedire di risalire al beneficiario effettivo fino ad arrivare alle società di grandi dimensioni che sfruttano i disallineamenti dei sistemi tributari spostando i redditi da un Paese all’altro.

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Spending review: come abbassare le tasse e l’evasione fiscale

Di fronte a un quadro di forte squilibrio fiscale e di evasione persistente, secondo Rovetti occorre rimodulare, una volta per tutte, la spesa pubblica italiana. “Innumerevoli volte si è messo mano alla spending review, senza mai arrivare al dunque. Eppure – aggiunge – è evidente che il verso giusto della relazione sia: ‘La spesa pubblica determina quante imposte riscuotere’ e non il contrario”.

Per l’esperto, se la spesa pubblica fosse una volta per tutte ridisegnata, facendole acquisire efficacia ed efficienza, si otterrebbero due risultati: primo, quello di spendere meno (e, quindi, di avere necessità di richiedere uno sforzo contributivo ai cittadini inferiore) e, secondo, migliorando i servizi e riducendo il prelievo fiscale con ogni probabilità ci sarebbe meno propensione all’evasione. “La sostenibilità finanziaria di ogni famiglia, e quindi anche del nostro Stato, passa dal principio della corretta amministrazione, che si attua spendendo le risorse in modo oculato e produttivo: provvedimenti come il bonus 110%, costato l’equivalente di decine di manovre di bilancio e che non ha avuto un effetto moltiplicatore positivo nell’economia, non devono più trovare spazio nelle scelte di bilancio”, conclude il docente dell’ateneo piemontese.

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Mario Catalano

Giornalista

Giornalista freelance, mi occupo di economia, ambiente e sanità. Ho conseguito l’Executive Master in “Scrivere e Fare Giornalismo Oggi: il Metodo Corriere – 6° Edizione” alla RCS Academy Business School. Nel 2018 ho vinto il Premio Cristiana Matano (sezione giornalista Under 30), sono stato finalista dell’ottava edizione del Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo e nel 2024 ho vinto il Premio Umberto Rosa di Confindustria Dispositivi Medici per un articolo pubblicato su INNLIFES

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