Via libera alla settimana corta in Spagna: a che punto siamo in Italia?

Mentre in Spagna si lavorerà meno a parità di stipendio, in Italia i dipendenti non si fermano nemmeno nel weekend. La nostra settimana lavorativa è tra le più lunghe d'Europa, nonostante si continui a discutere sulla possibile introduzione della settimana corta.

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  • La proposta di legge sulla settimana corta è stata approvata dalla Spagna: i dipendenti potranno lavorare 37,5 ore a settimana, anziché le classiche 40 ore, a parità di stipendio.
  • In Italia esiste una proposta di legge sulla settimana corta, sia nel settore pubblico sia in quello privato, e sempre più aziende sperimentano questa soluzione per valutarne benefici e vantaggi.
  • I lavoratori italiani, nonostante tutto, rimangono i più stakanovisti d’Europa: la settimana lavorativa media arriva fino a 47 ore gli autonomi e 36,6 ore per i dipendenti, weekend compresi.

Il governo spagnolo guidato da Pedro Sánchez ha approvato una proposta di legge per l’introduzione della settimana corta: i lavoratori, quindi, potranno svolgere 37,5 ore a settimana a parità dello stesso stipendio.

In realtà, la proposta di legge spagnola inizierà ora l’iter parlamentare con il sostegno di Ugt e Ccoo, i due maggiori sindacati della Spagna, ma non quello dei datori di lavoro. Non è affatto scontata la sua approvazione definitiva, considerando che i Popolari e Vox, le due principali forze di opposizione, sono contrari al provvedimento. Il sostegno potrebbe invece giungere dagli indipendentisti catalani di Junts.

In Italia, nel frattempo, la proposta di legge per l’introduzione della settimana corta è ancora bloccata in Parlamento. Molte aziende (come Intesa Sanpaolo, Lavazza e Lamborghini) hanno avviato delle sperimentazioni interne per valutarne i benefici, mentre nella Pubblica Amministrazione si discutono possibili soluzioni per bilanciare produttività e benessere.

La Spagna approva la settimana corta: come funziona

A distanza di quasi un anno dall’inizio dei negoziati, la Spagna è pronta a introdurre la settimana corta, passando da 40 ore a 37,5 senza intaccare lo stipendio dei lavoratori. La proposta di legge è sostenuta dalla vicepremier con delega al Lavoro Yolanda Díaz, leader del gruppo di sinistra Sumar, e ha ottenuto il via libera dopo l’accordo con i sindacati spagnoli. Rimangono contrarie, invece, le principali organizzazioni imprenditoriali del Paese.

Il modello spagnolo prevede non solo la riduzione delle ore settimanali, ma anche un maggiore controllo dell’orario effettivo di lavoro da parte dell’ispettorato e con apposito registro, oltre al diritto alla disconnessione.

Il ministero del Lavoro spagnolo ha stimato benefici per oltre 12,5 milioni di lavoratori impegnati nei settori più disparati dell’economia: dalla ristorazione al commercio, fino ai settori dell’informazione e della comunicazione.

I lavoratori godrebbero di maggiore benessere personale e tempo libero da dedicare ad altre attività, con conseguenze positive anche a livello di produttività aziendale.

Settimana corta anche in Italia? La proposta

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Anche in Italia era stata avanzata una proposta di legge, da parte di M5S, AVS e PD, per l’introduzione della settimana corta, con la previsione di lavorare per 4 giorni a settimana con lo stesso stipendio previsto attualmente.

L’obiettivo era quello di promuovere un equilibrio migliore tra vita lavorativa e vita privata, migliorando il benessere e la soddisfazione dei lavoratori e, di conseguenza, aumentando la produttività delle imprese.

Secondo la Ragioneria di Stato, però, questo modello (che prevede una riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione) avrebbe un costo indefinito per la Pubblica Amministrazione e degli sgravi troppo onerosi per i privati. Inoltre, si renderebbe necessaria l’assunzione di ulteriore personale a copertura delle ore non lavorate.

Sebbene alcune aziende private abbiamo già sperimentato l’adozione della settimana corta, a livello nazionale, almeno per il momento, non è previsto alcun cambiamento.

Produttività e retribuzioni: il nodo cruciale per l’Italia

Perché nonostante le numerose sperimentazioni nelle aziende private, l’Italia non ha ancora adottato a livello nazionale un modello di settimana lavorativa di 4 giorni? Secondo alcuni esperti i motivi sono legati a due fattori principali: la produttività delle imprese e le retribuzioni dei lavoratori.

La produttività, intesa come il prodotto per ogni ora lavorata, aumenta a rallentatore nel nostro Paese rispetto agli altri Stati europei. Ciò significa che per potersi permettere una riduzione dell’orario settimanale di lavoro, le aziende dovrebbero prima registrare un aumento della produttività tale da equilibrare la situazione.

L’altro fattore che ostacola l’introduzione della settimana corta in Italia è lo stipendio. La crescente inflazione, la riduzione dei salari reali e le spese quotidiane sempre più elevate, spingono i lavoratori a chiedere straordinari piuttosto che a ridurre l’orario di lavoro per arrotondare la paga a fine mese.

In definitiva, per poter introdurre la settimana corta occorre partire da una base solida, ovvero un buon livello di produttività e dei salari sufficienti per mantenere un tenore di vita dignitoso.

Settimana corta in Europa: a che punto siamo

A livello europeo, molti Paesi hanno già adottato o sperimentato la settimana lavorativa corta seguendo diversi modelli e registrando risultati diversi, sui quali cui il dibattito è ancora aperto.

Tra il 2015 e il 2019, per esempio, l’Islanda ha condotto due esperimenti su due campioni di 2.500 lavoratori circa: al primo sono state mantenute le medesime condizioni lavorative, mentre al secondo è stata applicata la settimana corta a parità di stipendio. I risultati hanno dimostrato un effettivo miglioramento del benessere dei lavoratori e anche una maggiore produttività delle imprese.

In Belgio, invece, è stata sperimentata la possibilità di svolgere una settimana lavorativa a 4 giorni, senza però toccare l’orario lavorativo settimanale.

Infine, nel Regno Unito si è concluso con successo un grande esperimento che ha coinvolto circa una sessantina di aziende nello svolgimento della settimana corta: al termine, il 90% delle aziende partecipanti ha deciso di proseguire questo modello.

Quante ore lavorano i dipendenti in Europa

Secondo i dati Eurostat1, la settimana lavorativa media in Europa nel 2023 era di 36,1 ore, con oscillazioni tra i vari Paesi: in Grecia, per esempio, si arriva fino a 39,8 ore di lavoro mentre nei Paesi Bassi si svolgono mediamente 32,2 ore a settimana.

L’Italia rimane il Paese dove i lavoratori sono più impegnati anche nel fine settimana. Non solo: quasi il 60% dei lavoratori autonomi lavora nel weekend, arrivando a svolgere circa 49 ore a settimana.

Non va meglio nemmeno per i dipendenti: stando ai dati, il 37,5% degli occupati ha lavorato mediamente tra 40 e 44,5 ore a settimana, superando addirittura le 8 ore al giorno. Per garantire maggiore benessere e soddisfazione lavorativa, molte aziende hanno iniziato a sperimentare in autonomia la settimana corta, mantenendo invariato lo stipendio nonostante la riduzione delle giornate di lavoro effettive.

Settimana lavorativa e differenze di genere

Andando ad analizzare anche le differenze di genere nello svolgimento della settimana lavorativa possiamo evidenziare un dato saliente: in alcuni Paesi UE, per un’occupazione a tempo pieno, gli uomini arrivano a svolgere 39,8 ore a settimana, rispetto alle 37,5 ore svolte dalle donne. Queste ultime, però, si trovano ad affrontare una settimana più impegnativa e più lunga degli uomini in Romania (39,5 ore), Lettonia (39,4) e Grecia (39,3). 

Nel nostro Paese gli uomini impegnati a tempo pieno svolgono mediamente 40,2 ore di lavoro a settimana, mentre le donne ne svolgono circa 37,0. Diversa è la situazione per le occupazioni part time, che vedono le donne impegnate per più ore a settimana (22 ore circa) rispetto ai colleghi dell’altro sesso.

  1. Actual and usual hours of work, Eurostat, ec.europa.eu ↩︎

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Laura Pellegrini

Giornalista e content editor

Dopo la Laurea in Comunicazione e Società, ho iniziato la carriera da freelance collaborando con diverse realtà editoriali. Ho scritto alcuni e-book sui bonus e ad oggi mi occupo della redazione di articoli di economia, risparmio e lavoro.

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