I rimborsi erogati dall’azienda al dipendente, per le trasferte effettuate all’interno dello stesso comune della sede di lavoro, possono essere escluse dal reddito imponibile. Fino ad ora, salvo rare eccezioni, queste venivano generalmente tassate come reddito da lavoro dipendente. Ma, con una nuova circolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quando e perché non vadano calcolate, specificando anche quali siano le condizioni da rispettare in caso di utilizzo di auto propria.
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Quando i rimborsi per trasferte e missioni sono esclusi dal reddito
Il trattamento fiscale cambia a seconda di dove si svolge la missione:
- fuori dal comune della sede di lavoro, i rimborsi per spese di viaggio, vitto e alloggio sono sempre esclusi dal reddito, purché documentati;
- all’interno del comune della sede aziendale, sulla base dei recenti chiarimenti delle Entrate, ora anche i rimborsi chilometrici e le spese di trasporto sono esentasse, a condizione che siano strettamente inerenti all’attività lavorativa e correttamente documentati. Quindi, non sono più considerati fringe benefit.
L’esclusione dal reddito resta però vincolata al metodo di pagamento utilizzato dal dipendente. Perché il rimborso non venga tassato in busta paga, il dipendente deve dimostrare di aver utilizzato pagamenti tracciabili. Queste regole valgono generalmente per tutte le spese di spostamento, ma ci sono delle eccezioni.
Quando scatta l’obbligo di tracciabilità delle spese
Per le missioni in Italia (sia all’interno che fuori dal comune), la normativa prevede l’obbligo di tracciabilità per quasi tutte le spese di servizio, se si vuole che il rimborso resti esentasse. Sono ammessi i pagamenti con bancomat, carta di credito, bonifico, app di pagamento. Questo principio vale anche per gli spostamenti con auto propria e quelli non di linea (taxi e servizi di noleggio con conducente/NCC), ed è stato esteso alle spese di vitto e alloggio (ristoranti, bar, hotel e strutture ricettive).
Se si paga in contanti, il datore di lavoro può comunque rimborsarle. Ma quel rimborso concorrerà a formare il reddito imponibile. Quindi, verrà sommato allo stipendio lordo e su quella cifra il dipendente pagherà le tasse (IRPEF) e i contributi. Inoltre, la circolare conferma ufficialmente che anche i rimborsi per pedaggi autostradali e parcheggi sono esclusi dal reddito, a patto che siano regolarmente documentati e inerenti alla missione lavorativa.
L’unica eccezione riconosciuta è per i mezzi di trasporto pubblico di linea (bus, tram, metropolitana, treni). In questo caso non c’è obbligo di tracciabilità e il biglietto cartaceo o digitale acquistato anche in contanti è sufficiente per garantire l’esclusione dal reddito.
Da quando si applicano le nuove disposizioni?
Anche se la circolare è arrivata solo il 22 dicembre, le regole valgono per tutto l’anno 2025. Le aziende devono quindi controllare i rimborsi per trasferte e missioni dell’ultimo mese dell’anno con i nuovi criteri. Inoltre, per le spese sostenute nel corso del 2025, si applica il principio di cassa. Quindi, se un dipendente ha fatto una trasferta a dicembre 2025, ma l’azienda gli paga il rimborso entro il 12 gennaio 2026, quel pagamento viene considerato come se fosse avvenuto nel 2025, e si applicano le nuove regole di esenzione fiscale chiarite dall’AdE.













Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it