L’emendamento a firma della senatrice Paola Mancini (Fratelli d’Italia), che mirava a prorogare e ampliare Opzione donna nel 2026 è stato dichiarato inammissibile. La Commissione bilancio del Senato lo ha bocciato per mancanza di coperture finanziarie. Nonostante ciò, la maggioranza ha tentato il “ripescaggio” della misura, presentando un nuovo emendamento, questa volta ammesso. Il pensionamento anticipato potrebbe quindi essere prorogato il prossimo anno, ma continuerà a essere molto selettivo.
Opzione donna 2026: i requisiti
Se l’emendamento venisse approvato, opzione donna nel 2026 potrebbe essere richiesta dalle lavoratrici al compimento dei 61 anni, purché abbiano maturato almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2025. A cambiare, quindi, è il requisito anagrafico. Nel 2025, sempre a fronte di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni, basta aver raggiunto un’età di 58 anni (per dipendenti) o di 59 anni (per le autonome).
Inoltre, nel 2026 la misura resterebbe limitata (come oggi) a chi è caregiver, invalida al 74% oppure è stata licenziate da un’azienda con un tavolo di crisi aperto. La platea di beneficiare non verrebbe quindi estesa come previsto dal primo emendamento Mancini. In questo caso, era stato proposto di estendere questo tipo di pensionamento anticipato alle donne in stato di disoccupazione per scadenza di contratto (a tempo determinato), dimissioni per giusta causa e risoluzione consensuale assistita. Ma proprio questa modifica è stata bocciata, perché insostenibile finanziariamente.
Da cosa dipende la proroga
Il destino di opzione donna è legato a doppio filo all’approvazione della manovra 2026. Il nuovo emendamento, pur essendo stato ammesso, dovrà superare l’approvazione di entrambe le Camere. L’esito finale della discussione, e quindi la certezza della proroga, si avrà solo con la promulgazione definitiva della legge finanziaria a fine anno.











Redazione
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