La riforma del gioco d’azzardo riscrive le regole di un settore in crescita in Italia e monta la polemica tra gli operatori del settore. Si alzano gli standard – anche e soprattuto economici – per ottenere la concessione, ma anche per garantire trasparenza e sicurezza. A pagarne il prezzo soprattutto gli operatori più piccoli, che nel Belpaese rappresentano già una minoranza piuttosto ristretta all’interno del comparto. Per l’esperto Renato Baldo, tuttavia, le conseguenze potrebbero non essere esclusivamente negative. Partitaiva.it ha individuato tutte le novità in arrivo, gli effetti già in essere e quelli futuribili.
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I dati sull’industria del gioco d’azzardo in Italia
I dati della raccolta da gioco a settembre 2025 sono cresciuti a 8,5 miliardi di euro, con una buona spinta rispetto ai 7,7 miliardi di euro dello stesso mese di un anno fa e agli 8,2 miliardi di euro del precedente mese di agosto. La performance cumulata dei primi 9 mesi dell’anno è pari a 73,1 miliardi di euro, in accelerazione dell’8,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Andamento più prudente della spesa di gioco (GGR), ovvero la spesa effettiva degli italiani al netto delle vincite e, come tale, indicatore per eccellenza del mercato del gioco, che a settembre è pari a 421 milioni di euro, contro i 407 milioni di euro dello scorso anno, ma in calo rispetto ai 485 milioni di euro di dicembre. La prestazione progressiva da inizio anno è pari a 4,1 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 3,6 miliardi di euro su base annua.
Insomma, pochi dati di sintesi che dipingono un quadro ancora in crescita, ma in cui non sembra esserci facile spazio per le PMI. Di fatto, non solo il mercato risulta essere in mano a pochi e qualificati operatori (tra il gruppo Lottomatica, Flutter ed Eurobet, va via più del 75% del totale), ma le nuove regole dettate dalla riforma del gioco d’azzardo rischiano di gettare qualche ombra sullo sviluppo del comparto.
Riforma gioco d’azzardo, come cambiano le licenze
Il settore del gioco online in Italia sta da tempo attraversando una fase di profondo cambiamento. Le ultime disposizioni dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) sulle concessioni per il gioco a distanza (GAD) hanno infatti dato il via a un nuovo scenario caratterizzato da maggiore selettività, trasparenza e responsabilità.
L’ADM ha per esempio innalzato i requisiti per gli operatori che intendono entrare o rimanere nel mercato italiano del gioco, con nuovi standard che prevedono criteri molto più stringenti rispetto al passato. Le società interessate devono infatti essere costituite come società di capitali con sede legale all’interno dello spazio economico europeo e dimostrare di aver maturato un’esperienza consolidata di almeno due anni nella gestione di servizi digitali.
Il fatturato minimo e l’investimento per la licenza
Non basta più, pertanto, una semplice presenza nel settore: agli operatori è richiesto di aver generato un fatturato specifico nell’ambito gaming di almeno 3 milioni di euro negli ultimi due esercizi finanziari. La solidità economica deve essere comprovata attraverso adeguate garanzie finanziarie emesse da istituti bancari riconosciuti. In aggiunta, l’ADM richiede una completa trasparenza sulla struttura proprietaria, con identificazione chiara dei titolari effettivi, e assicurazione dell’assenza di precedenti penali per tutti i soci e gli amministratori coinvolti nella gestione.
Sul versante operativo, è ora richiesta la completa implementazione dei principi di gioco responsabile direttamente nell’architettura delle piattaforme, l’adozione di protocolli avanzati anti-riciclaggio (AML/KYC) per la verifica dell’identità dei giocatori e la piena conformità alla normativa sulla protezione dei dati personali secondo gli standard GDPR più recenti. Non ultimo, il versamento di un impegno finanziario immediato di circa 7 milioni di euro, quale investimento per il conseguimento della licenza.
Industria dei giochi, vietato il modello “white-label”
Tra le innovazioni più significative introdotte dal nuovo quadro normativo emerge poi il divieto del modello “white-label” o “skin”. A partire dal 13 novembre 2025, ciascun operatore potrà operare esclusivamente attraverso un unico sito ufficiale, precedentemente comunicato e approvato dall’ADM. La disposizione comporterà un cambiamento notevole nel panorama digitale del settore, con la chiusura obbligatoria di circa 350 portali alternativi. Tutti i siti secondari, anche quelli che fungono da semplici redirect o vetrine commerciali, dovranno pertanto essere completamente disattivati e resi inaccessibili, con l’obbligo di rimozione anche a livello DNS da parte dei provider di servizi internet.
Quante tasse si pagano per scommesse sportive, casino online e giochi
Sul fronte fiscale, il regime impositivo rimane particolarmente impegnativo. L’aliquota sul cross gaming revenue (GGR) è stata fissata al 24,5% per le scommesse sportive e al 25,5% per casinò online e giochi di abilità. A questo si aggiunge un canone concessorio del 3% calcolato sul net gaming revenue (NGR) e l’obbligo normativo di destinare almeno lo 0,2% dei ricavi complessivi a iniziative finalizzate alla promozione del gioco responsabile e alla prevenzione delle dipendenze patologiche.
Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dal mantenimento del divieto generalizzato di pubblicità e sponsorizzazioni dirette, una limitazione che costringe gli operatori a sviluppare strategie di marketing alternative, basate soprattutto su tecniche di ottimizzazione per i motori di ricerca, produzione di contenuti editoriali di qualità e implementazione di sofisticati programmi di affiliazione.
Riforma gioco d’azzardo, le conseguenze per i piccoli e medi operatori
Gli effetti di questa rivoluzione normativa sulle piccole e medie imprese del settore sarebbero già arrivati. “Il nuovo quadro regolatorio sta creando un effetto di forte selezione sul mercato italiano – Renato Baldo, founder & ceo di Sportive Media ed esperto dell’industria del gioco in Europa -. Le PMI si trovano di fronte a una sfida esistenziale: o trovano rapidamente capitali e partnership strategiche per sostenere gli investimenti richiesti, oppure saranno inevitabilmente espulse dal mercato”.
Secondo l’esperto, la trasformazione non è necessariamente negativa per il sistema del gioco nel suo complesso, perché un mercato più concentrato può significare anche maggiore professionalità, controlli più efficaci e una migliore protezione per i consumatori. “Tuttavia, il rischio concreto è quello di perdere l’innovazione che spesso viene proprio dai player più piccoli e agili”, aggiunge il ceo di Sportive Media.
Le possibili soluzioni
Ma qual è la soluzione più pratica nell’immediato? Per Baldo, la strada maestra per le PMI del settore è la valutazione di opzioni di consolidamento. “Abbiamo già assistito all’inizio di un processo di fusioni e acquisizioni, con operatori di medie dimensioni che uniscono le forze per raggiungere la massa critica necessaria. Chi rimane isolato avrà poche possibilità”, prosegue.
E per il futuro? Baldo si mostra cautamente ottimista: “Nonostante le difficoltà, il mercato italiano rimane uno dei più importanti in Europa. Chi sopravviverà a questa fase di assestamento si troverà in un ambiente più maturo, regolamentato e potenzialmente più redditizio nel lungo periodo. Le PMI che riusciranno ad adattarsi puntando su nicchie specifiche o innovazioni tecnologiche distintive potranno ancora ritagliarsi il loro spazio, ma dovranno essere straordinariamente focalizzate e ben capitalizzate – fa sapere -. Entro 18-24 mesi vedremo un panorama completamente ridisegnato. Gli effetti più significativi si manifesteranno già nel primo semestre del 2026, quando il nuovo sistema sarà pienamente operativo e i costi di adeguamento diventeranno evidenti nei bilanci degli operatori”.














Roberto Rais
Giornalista e autore