Nuovo redditometro: marcia indietro per lo strumento fiscale

Il ritorno del redditometro previsto da un recente decreto non avverrà: Giorgia Meloni ne ha stabilito lo stop definitivo.

di Valeria Oggero

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  • Un recente provvedimento firmato dal Vice Ministro Maurizio Leo e pubblicato in Gazzetta Ufficiale ha sancito il ritorno di uno strumento fiscale che era stato accantonato da diversi anni, il redditometro.
  • Questo metodo permette al fisco di stabilire qual è il reddito delle persone fisiche, analizzando una serie di dati ricavati da diverse fonti.
  • Sul nuovo Redditometro Giorgia Meloni ha deciso per lo stop, subito dopo alla pubblicazione del decreto, rispondendo alle perplessità di diverse parti politiche.

Con la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto 7 maggio 20241 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto di riattivare lo strumento del redditometro, un sistema che in passato veniva utilizzato dal fisco per la lotta all’evasione fiscale.

Anche se ci sono delle novità rispetto a quanto utilizzato in passato, il ritorno di questo metodo ha destato non pochi dubbi presso la maggioranza del governo, al punto che Giorgia Meloni è intervenuta con uno stop decisivo.

Questo strumento sarebbe infatti in grado di individuare casi di evasione fiscale risalendo al reddito complessivo delle singole persone fisiche, ma l’intenzione del governo non è quella di introdurre norme invasive per i cittadini.

Il redditometro utilizzerebbe i dati derivati dalle spese effettuate dai contribuenti, come quelle per acquistare farmaci, per il mutuo e così via. Vediamo cos’è e quale sarebbe stato il funzionamento di questo strumento.

Cos’è il redditometro

Il redditometro è uno strumento che il fisco (ovvero l’Agenzia delle Entrate) utilizzava in passato per verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato dai cittadini e le spese effettuate: in questo modo era possibile individuare delle discrepanze nel caso in cui le spese sostenute indicassero un reddito maggiore rispetto a quello comunicato al fisco.

Questo tipo di mezzo era stato accantonato dal 2018, soprattutto per questioni legate alla privacy, per cui l’Agenzia delle Entrate aveva optato per altre soluzioni. Il recente decreto ha proposto una ripresa del redditometro con l’intenzione di individuare casi di rischio evasione fiscale, prevedendo il doppio contraddittorio per i contribuenti, differenziandosi dalla precedente versione.

Come indicato nel decreto, sarebbero stati presi in considerazione gli elementi di capacità contributiva, ovvero dati da cui può essere dedotto il reddito effettivo del cittadino. Tuttavia lo stop di Giorgia Meloni è decisivo: dopo un confronto con Maurizio Leo si è deciso di sospendere questo metodo.

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Stop al redditometro: l’intervento

L’intervento di Giorgia Meloni ha stabilito in via definitiva che il redditometro non tornerà: dopo un confronto con il Vice Ministro Leo infatti si è preferito continuare come in precedenza, ovvero accantonando questo strumento.

L’ipotesi di una reintroduzione ha scaturito infatti diverse polemiche, a partire dalla maggioranza stessa del governo fino ai cittadini, anche grazie alla diffusione mediatica seguente alla pubblicazione del decreto. Il redditometro non tornerà, ritenuto uno strumento troppo invasivo per i cittadini.

Tuttavia riportiamo qui di seguito le ipotesi che si erano fatte sulla sua reintroduzione, considerando che le caratteristiche dello strumento sarebbero state differenti rispetto al passato.

Nuovo redditometro: ipotesi di funzionamento

Tabella A, allegato al Decreto 7 maggio 2024

Scarica la tabella con le voci di spesa analizzate dal redditometro

Proviamo a vedere come sarebbe stato il redditometro se avesse avuto l’ok dal governo. L’obiettivo sarebbe stato quello di individuare gli scostamenti tra quanto dichiarato dal cittadino e quanto effettivamente speso: il rischio poteva essere individuato con una differenza almeno del 20%. I punti di partenza quindi sono da un lato le dichiarazioni dei redditi presentate e dall’altro lato i dati che riguardano le spese dei cittadini.

Sarebbero potuti rientrare nelle verifiche i costi sostenuti durante l’anno dalle persone fisiche per il mutuo o l’affitto, per l’acquisto di mobilio o elettrodomestici, spese per la sanità, per investimenti, trasporti, telefonia, istruzione, cultura, ma anche per beni alimentari e servizi vari.

Il nuovo redditometro avrebbe fatto una panoramica della spesa complessiva del cittadino con il fine di individuare differenze di capacità contributiva rispetto a quanto dichiarato, in base alla Tabella A del decreto che contiene ben 65 voci di costo.

Si sarebbero considerati quindi i costi sostenuti dal contribuente e la propensione al risparmio, in base alle informazioni dell’Anagrafe Tributaria e ai dati a cui il fisco può accedere in modo legale. Alcune spese, non rintracciabili, potevano essere desunte in base ai prezzi al consumo indicati dall’Istat ogni anno, secondo standard minimi.

Spese per l’attività di impresa e redditometro

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Un fattore da considerare, come viene specificato in Gazzetta Ufficiale, riguarda le spese sostenute dai cittadini per le attività di impresa da loro condotte. In questi casi i costi sostenuti esclusivamente per l’attività non sarebbero rientrati tra quelli da considerare all’interno del redditometro.

Partite Iva e aziende quindi non avrebbero visto applicato il redditometro alle spese sostenute a livello imprenditoriale, tuttavia il fisco può sempre applicare altri tipi di controlli su queste realtà.

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Redditometro e contraddittorio

Come abbiamo visto, l’accertamento sintetico da parte del fisco sarebbe avvenuto solo quando la discrepanza tra le spese e il dichiarato fosse stata almeno del 20%. In questi casi il contribuente avrebbe dovuto giustificare al fisco le proprie entrate economiche: queste possono essere dovute ad esempio ad una eredità improvvisa, ad una borsa di studio o ad altre motivazioni.

Successivamente, se il fisco avesse verificato ancora delle discrepanze o che il caso fosse a rischio fiscale, avrebbe portato avanti il contradditorio obbligatorio, con cui il cittadino doveva giustificare il proprio tenore di vita (in base alle spese sostenute) di fronte al fisco.

In una terza fase, se quanto dimostrato ancora non avesse convinto il fisco, si arrivava all’accertamento. Si tratta quindi di un percorso a diverse fasi che avrebbe permesso al cittadino di difendersi. Giorgia Meloni ha dichiarato fin da subito che l’intenzione non era quella di introdurre un “grande fratello fiscale”, ma di migliorare i rapporti tra cittadini e Stato, per cui si è optato per uno stop definitivo.

  1. Decreto 7 maggio 2024, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Gazzetta Ufficiale ↩︎
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Valeria Oggero

Giornalista

Giornalista pubblicista, laureata in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Torino, da sempre sono appassionata di scrittura. Dopo alcune esperienze all'estero, ho deciso di approfondire tematiche inerenti la fiscalità nazionale relativa alle persone fisiche ed alle Partite Iva. La curiosità mi ha portato a collaborare con agenzie web e testate e a conoscere realtà anche diversissime tra loro, lavorando come copywriter e editor freelancer.

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