Processo tributario, l’Agenzia delle Entrate non è obbligata a rispondere a tutte le contestazioni: la novità

Il contribuente che riceve un avviso di accertamento deve provare le proprie contestazioni. L'Agenzia, invece, non è obbligata a entrare sugli aspetti tecnici.

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La Corte di Cassazione riscrive le regole del contenzioso fiscale. In particolare, quando viene contestato un avviso di accertamento, i giudici hanno chiarito che l’Agenzia delle Entrate non è obbligata a replicare punto per punto a tutte le singole obiezioni presentate dal contribuente.

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Come cambiano le regole nel contenzioso fiscale

Quando un contribuente fa ricorso contro un avviso di accertamento, all’Agenzia delle Entrate basta confermare e dimostrare la correttezza dell’avviso originale. In sede di giudizio, questo vale per rigettare complessivamente tutte le argomentazioni della controparte. Questo perché l’atto di accertamento stesso contiene già i fatti e le motivazioni necessarie a giustificare il controllo, e non richiede al Fisco di aggiungere nuove prove.

Prima che intervenisse la Corte di Cassazione, si riteneva che, se il Fisco non avesse replicato analiticamente alle obiezioni del contribuente, alcuni fatti, se non contestati nello specifico, potessero considerarsi ammessi. Con l’ordinanza n. 28665 quest’interpretazione del cosiddetto principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) viene smentita.

Prima interpretazione diffusaDopo la Cassazione 28665/2025
Fisco deve replicare punto per puntoBasta chiedere la conferma dell’atto
Mancata replica = possibile ammissioneContestazione implicita e complessiva
Maggiore carico difensivo per l’AgenziaPiù onere probatorio sul contribuente
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Il caso

La Cassazione si è espressa su una controversia che ha coinvolto l’Agenzia delle Entrate e una società. Quest’ultima aveva impugnato un avviso di accertamento davanti alla Commissione tributaria regionale della Sicilia (CTR), che a sua volta lo aveva accolto. Secondo il giudice, in questo caso, ogni specifico punto, sostenuto dalla società, a cui il Fisco non aveva replicato si doveva considerare vero, quindi ammesso.

L’Agenzia delle Entrate ha allora impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che non sia previsto dall’ordinamento l’obbligo di rispondere voce per voce alle ricostruzioni avversarie. E i giudici di legittimità hanno confermato questo principio, specificando che l’atto di accertamento originario contiene già le ragioni della pretesa fiscale. Basta quindi dimostrare la correttezza di questo per controbbatere a un eventuale ricorso da parte del contribuente.

Pertanto, è il contribuente che deve provare le proprie contestazioni. L’Agenzia deve solo difendere l’atto, non entrare in un confronto tecnico su aspetto del ricorso.

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