Negli ultimi anni sono cresciuti a ritmi record gli investimenti in Borsa ispirati al rispetto ambientale, sociale e di governance (ESG). Perché sempre più investitori cercano di coniugare la ricerca di rendimento con il desiderio di avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Ma nel 2025, gli ETF ESG – i fondi di investimento quotati in borsa che replicano la performance di un indice selezionato in base a criteri ambientali, sociali e di governance – sembrano aver subito il primo stop. A dirlo sono i dati di un’analisi di justETF: dall’inizio del 2025, infatti, il patrimonio complessivo degli ETF ESG è sceso di oltre il 7% dal massimo raggiunto, attestandosi a 324 miliardi di euro. Gli ETF ESG generano davvero extra-rendimenti? Per scoprirlo Partitaiva.it ha intervistato Massimo Guerra, coordinatore della sezione Rifiuti, acqua e ambiente per una società sostenibile del CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile).
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Investire in ETF ESG: “Sostenibilità non è solo green”
Secondo l’esperto spesso accade che della sostenibilità si faccia una lettura un po’ semplicistica, a partire già dal lessico. E questo si traduce nell’incapacità di valutare l’effettiva affidabilità dei prodotti finanziari del segmento. “Occorre diffondere le conoscenze appropriate circa la sostenibilità, e magari allontanarsi dalla semplificazione ‘green’ – spiega -. In altre parole, occorre studiare, apprendere su che cosa si basa la sostenibilità, per poi misurare il grado di affidabilità di prodotti finanziari ETF ESG, o meglio, delle società che si propongono in questo settore. Ricordo che la sostenibilità si basa sull’applicazione contemporanea di tre principi (i tre pilastri della sostenibilità) quali sociale, ambientale, economico. E devono essere effettivi, concreti, davvero applicati. Una società che cerca investimenti deve essere trasparente nell’attuazione di tale approccio, meglio se condividendo le informazioni su scala temporale. La sostenibilità è misurabile, nessuno pensi di affermarsi ‘sostenibile’ se non sottostà a farsi misurare in termini reali”.
Le metriche ESG
Molte delle metriche ESG attualmente in uso mancherebbero di un legame concreto con l’impatto ambientale, concentrandosi solo su proxy o indicatori secondari. Si tratterebbe, più che di limiti tecnici, di barriere culturali. “Ci sono ampi margini di miglioramento e muri da superare – sottolinea Guerra -. Muri culturali, che riguardano la conoscenza. È curioso, e un po’ triste, vedere inseguire gli aggiornamenti tecnologici o della cosiddetta intelligenza artificiale e non impiegare del tempo per cercare in rete soluzioni compatibili con i propri intendimenti. Inoltre, voglio precisare che l’impatto ambientale di per sé non è l’unico termine di comprensione del percorso imprenditoriale sostenibile di una società. Per esempio, i cosiddetti ‘acquisti verdi‘ devono coniugare economicità (che significa anche durata nel tempo), prestazioni ergonomiche corrette, certificazione autentica dei materiali utilizzati. E l’energia deve derivare da fonti rinnovabili, ma non sempre è possibile certificare questa cosa. Dipende anche dalle dimensioni degli interventi, e la loro scalabilità”.
La redditività degli ETF ESG
Dal punto di vista finanziario, gli ETF ESG mostrano un comportamento peculiare, in particolare nel lungo periodo, dove sembrano offrire maggiore resilienza rispetto ai prodotti tradizionali. “Le metriche ESG devono tenere conto dei dati sociali, economici e ambientali, tutti insieme, sulla linea del tempo – precisa l’esperto -. D’altronde, la forza positiva degli investimenti ETF ESG è proprio la redditività sul lungo periodo, grazie alla loro resilienza”.
Investimenti green vs investimenti sostenibili
Quando si parla di “investimenti green”, Massimo Guerra preferisce una definizione più complessa ma che rispecchi la realtà, proprio per non ridurre la questione a mere operazioni di facciata. “Gli ‘investimenti green‘ è meglio chiamarli ‘investimenti sostenibili‘, un concetto che rende merito alla complessità, qual è nelle intenzioni di questo tipo di investimenti. Insomma, non è sufficiente ‘fare la raccolta differenziata o utilizzare il pannello fotovoltaico’, ma sono tutti i processi produttivi, operativi e organizzativi che devono tendere alla sostenibilità. Mettere in atto azioni per migliorare le condizioni del lavoro, l’illuminazione dei luoghi di lavoro, promuovere la mobilità leggera, etc. Questi sono esempi di sostenibilità applicata”.
Capitale e valori etici: un equilibrio difficile
Allineare il capitale con i valori etici è ancora oggi un’impresa tutt’altro che semplice, soprattutto nelle economie a capitalismo avanzato. L’obsolescenza programmata resta una prassi diffusa e raramente messa in discussione. “Possiamo cambiare la batteria del nostro cellulare? Adesso no, dobbiamo comprarne uno nuovo. Ma fino a qualche anno lo si poteva fare. Quanto ai settori, direi attività nel campo delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica, la crescita è costante e consolidata”.
ETF ESG, come il governo può favorire gli investimenti sostenibili
Per rafforzare il legame tra finanza e sostenibilità, serve anche una regia politica. Secondo L’esperto propone una ridefinizione delle priorità di spesa pubblica e un sistema fiscale che incentivi attivamente gli investimenti sostenibili. “Da sempre, la finanza si muove per ottenere guadagni economici, nel tempo sempre più prossimi all’investimento iniziale – spiega -. Questo disinteressandosi completamente sia delle ricadute sociali, sia di quelle ambientali. Rimane tuttora valido il pecunia non olet. E chi vuole vendersi ‘green’, di verde sovente ha piutturato unicamente la facciata (greenwashing). La politica deve intervenire come sua competenza e la promozione di attività sostenibili deve diventare centrale nell’idea di sviluppo di un Paese. Ma è certo che se un governo intende spendere il triplo degli investimenti nell’infrastruttura stradale, a scapito di quella ferroviaria, dagli intendimenti si è ben lontani. Sarebbe utile anche che il governo promuovesse tassazioni differenti a seconda del settore di investimenti, abbassando le aliquote per quelli sostenibili“.
Anche la comunicazione mediatica, secondo Guerra, spesso banalizza o distorce il concetto di sostenibilità, contribuendo a generare polarizzazione e ostilità culturale. “Ai tre pilastri della sostenibilità (società, economia, ambiente) va aggiunto un quarto: la formazione, intesa anche come istruzione”, precisa.
Sostenibilità è priorità: nel 2025 il cambiamento climatico costa fino a 34 miliardi
Con l’aumento della popolazione mondiale e della pressione sulle risorse naturali, una finanza sostenibile non può più essere considerata opzionale, ma diventa una condizione necessaria di sopravvivenza sistemica. “La produzione di beni e servizi per soddisfare i bisogni di tutti richiederà più energia, aumenteranno le comunicazioni, ci sarà bisogno di nuovi approcci finanziari, di un’economia che si basi su principi differenti da quelli che si applicano attualmente, sostanzialmente ispirati da società diffuse a capitalismo avanzato. Oggi abbiamo individuato tra le necessità l’energia pulita, il riciclo, l’eliminazione dell’obsolescenza programmata, ma sosteniamo che si debbano raggiungere ‘con calma’, allungando i tempi. Intanto i costi del cambiamento climatico nel 2025 sono stimati tra i 12 e i 34 miliardi di euro. Globalmente, il costo ammonta a circa 135 miliardi di euro. ‘Con calma è una espressione molto pericolosa anche dal punto di vista economico”.
Investimenti sostenibili ed extra rendimenti
Secondo l’esperto, gli unici investimenti in grado di assicurare extra rendimenti, sarebbero proprio quelli sostenibili. “Dopo la pandemia, sono gli unici che hanno sovraperformato, producendo guadagni. L’economia circolare, inclusa l’attività di riciclo dei rifiuti, rappresenta un importante motore economico per l’Italia, con un valore aggiunto stimato al 2,5% del PIL nel 2024. Oltre 236.000 posti di lavoro ci sono nel riciclo e nel recupero dei rifiuti, mentre attualmente più di 600.000 persone operano nelle attività di economia circolare, un valore percentuale secondo solo alla Germania nell’UE. Il riciclo degli imballaggi genera più di 3 miliardi di euro di valore economico, grazie al recupero di materia (circa 2,5 miliardi), all’indotto e alla valorizzazione energetica – conclude -. L’Italia è leader in Europa per il tasso di riciclo, con un tasso di utilizzo circolare delle materie pari al 20,8% nel 2023, a fronte di una media UE dell’11,8%. Cioè: occupazione, valori economici positivi, minore pressione ambientale”.
Cristina Siciliano
Giornalista e scrittrice