Aumento dell’età pensionabile, chi lavorerà 5 mesi in più dal 2028

L'uscita dal lavoro non sarà per tutti uguale e, tra qualche anno, a pagarne le conseguenze saranno soprattutto i redditi bassi.

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Dal 2028 l’età pensionabile aumenterà di 3 mesi, ma non per tutti. Secondo un’analisi della CGIL, infatti, chi ha redditi bassi rischia di dover lavorare fino a 5 mesi in più. Si tratta di circa 5 milioni di persone – in gran parte giovani, donne e lavoratori con contratti discontinui o part-time – che non raggiungono il cosiddetto minimale contributivo, ovvero la soglia di retribuzione annua minima necessaria per vedersi riconosciuti i contributi ai fini pensionistici.

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Aumento dell’età pensionabile: cosa cambia tra 2027 e 2028

Come confermato dalla manovra 2026, il prossimo anno l’accesso alla pensione di vecchiaia continuerà, come oggi, a essere possibile al raggiungimento di 20 anni di contributi e un’età minima di 67 anni. Nessuna novità anche per quanto riguarda la pensione anticipata ordinaria, per cui restano confermati 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica. Le cose però cambiano dal 2027 e nel 2028.

A partire dal 1° gennaio del 2027, l’adeguamento all’aspettativa di vita imporrà un primo innalzamento dei requisiti pari a un mese. Quindi, per la pensione di vecchiaia, l’età minima salirà a 67 anni e 1 mese. E il requisito contributivo per l’uscita anticipata aumenterà di pari misura, attestandosi a 42 anni e 11 mesi per gli uomini e 41 anni e 11 mesi per le donne.

Il meccanismo di adeguamento prevede poi un secondo innalzamento per il 2028, con un incremento di due mesi rispetto all’anno precedente. Di conseguenza, per la pensione di vecchiaia il requisito minimo anagrafico salirà a 61 anni a 3 mesi. Ma anche i parametri della pensione anticipata verranno ritoccati: saranno necessari 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.

DecorrenzaPensione di vecchiaia (età minima)Pensione anticipata (contributi minimi)
Dal 1° gennaio 202767 anni e 1 mese (+1 mese)Uomini: 42 anni e 11 mesi / Donne: 41 anni e 11 mesi (+1 mese)
Dal 1° gennaio 202867 anni e 3 mesi (+2 mesi)Uomini: 43 anni e 1 mese / Donne: 42 anni e 1 mese (+2 mesi)

Tuttavia, secondo l’analisi della CGIL, chi ha redditi bassi rischia di dover lavorare fino a 5 mesi in più.

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Per chi la pensione rischia di slittare di 5 mesi

Il problema riguarda chi ha redditi troppo bassi per raggiungere il cosiddetto minimale contributivo annuo, cioè la soglia minima di reddito necessaria perché l’INPS riconosca 52 settimane di contributi, equivalenti a un anno pieno, necessari per richiedere poi la pensione. Nel 2025 questa soglia è fissata a 12.551 euro, ma è destinata a salire a 12.726 euro nel 2026. Chi guadagna meno di queste cifre (ad esempio 10.000, 8.000 o 5.000 euro l’anno) non ottiene un anno completo di contributi, anche se lavora per tutti i 12 mesi. Proprio questa fetta di lavoratori si vedrà accreditare solo una parte delle settimane (40, 30 o ancora meno), ovvero la contribuzione minima.

Come suggerito dall’analisi, a chi ha sempre maturato anni pieni di contributi basterà lavorare 3 mesi in più per adeguarsi al nuovo requisito dal 2028. Ma a chi non raggiunge il minimale contributivo quei 3 mesi non bastano e, per ottenere lo stesso risultato, ne serviranno cinque.

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