- Il caro affitti in Italia è una questione che periodicamente anima i dibattiti e di recente il cardinale Zuppi l’ha messa al centro nel tema del welfare territoriale.
- Se il costo del canone supera il 30% dello stipendio, la prospettiva di rimanere in un monolocale, senza possibilità di allargare la famiglia, diventa tangibile.
- In alcune città italiane il tasso di sforzo raggiunge il 48%: urgono interventi mirati in grado di ridurre impegni così gravosi, che vanno ben oltre la soglia della sostenibilità economica per una famiglia media.
L’annosa questione del caro affitti in Italia continua a generare polemiche e discussioni. Questa volta è il cardinale Zuppi, arcivescovo di Bologna che, in occasione della presentazione del rapporto della fondazione per la sussidiarietà, ha messo al centro anche il tema del welfare territoriale, soffermandosi sul fatto che la casa è una necessità per tutti e non un lusso.
Se in alcuni casi, purtroppo frequenti, 1/3 dello stipendio non basta a coprire il canone di affitto, ecco che si finisce per rimanere a vita in un monolocale, che inevitabilmente resterà vuoto, non potendo allargare la famiglia. Lo stesso vale per chi non percepisce una busta paga, ma emette fattura: la carica delle partite IVA italiane, autonomi in primis.
Sono i liberi professionisti che molto spesso si trovano a viaggiare o spostarsi per lavori a contratto. E i forfettari, in particolare, non riescono nemmeno a recuperare in qualche modo i costi. La domanda sorge spontanea, quindi: quali sono le città meno care per una partita IVA in affitto?
Indice
Tasso di sforzo fino al 48% per affittare casa in Italia
Il tasso di sforzo, in ambito immobiliare, misura l’accessibilità dell’abitazione, cioè quanto un acquisto o un affitto influisce sulle finanze di un nucleo familiare. In altri termini, qual è la percentuale di stipendio da dover riservare al pagamento del mutuo o del canone di locazione e che quindi non si può tenere in considerazione per i consumi.
I dati provengono dall’indagine di uno dei principali portali immobiliari italiani, Idealista. Prendendo in considerazione città con più di 250 mila abitanti come Milano, Roma, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Verona, Venezia, Torino, Palermo, Napoli, Catania, i dati mostrano un tasso di sforzo in costante aumento che nel 2024 è passato dal 26% al 30% del reddito familiare.
Tale percentuale rappresenta una media a livello nazionale, ma il punto è che in ben 17 province italiane, il tasso di sforzo supera di gran lunga il 30%, arrivando fino al 48% delle entrate familiari. Ben evidentemente si tratta si tratta di impegni gravosi che vanno ben oltre la soglia della sostenibilità economica per una famiglia media.
Le città più care e quelle più convenienti per i professionisti in affitto
Le città più costose, che notoriamente offrono più opportunità di lavoro o sono sede di prestigiose università, tendono ad avere un mercato immobiliare molto competitivo, con prezzi elevati per affittare un appartamento o un ufficio.
Al contrario, ci sono città meno care, dove i costi sono più accessibili e permettono di risparmiare o investire in modo più sostenibile. Spesso però, a fronte di una maggiore qualità della vita e dai minori costi complessivi della città, le possibilità di trovare un lavoro scarseggiano.
Essendo il tasso di sforzo medio per affittare casa pari al 30%, come riportato dai dati 2024, ecco a seguire le città più o meno care d’Italia, valutando se superano o no tale percentuale. La classifica:
- Firenze si posiziona al primo posto, con una percentuale di reddito familiare per l’affitto che arriva al 48%;
- Napoli è al secondo posto per caro affitti in Italia con il 47%;
- Como presenta canoni di affitto che richiedono un esborso pari al 36% dello stipendio;
- Roma e Venezia a pari merito, con un tasso di sforzo del 41% per affittare casa;
- Milano registra una lieve flessione del canone del 3%, per quanto il tasso di sforzo resti poco sostenibile al 40%.
Quel che salta all’occhio è senza dubbio il podio, con città che hanno registrato forti rincari, come Napoli appunto, con un +9% e Como con +8%. Proseguono nella classifica Massa col 34%, Vicenza col 32%, Verbania col 32% e Bologna col 31%, mentre Verona e Barletta si allineano alla media nazionale del 30%.
Tra le città meno care, che invece si classificano al di sotto di un tasso di sforzo del 30%, le percentuali oscillano dal 29% di Brescia, Cagliari, Padova e Bolzano al 13% di Terni e Vibo Valentia, che diventano le città più economiche in cui vivere.
Caro affitti, cause e possibili soluzioni
I cambiamenti più rilevanti riguardano il periodo post-pandemico 2019-2024, anni che hanno registrato gli aumenti più significativi dei canoni di affitto in Italia, stando ai vari report pubblicati semestralmente dall’Omi, l’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate1.
Il boom degli affitti brevi (che quindi ha ridotto la disponibilità degli immobili da locare a lungo termine) e i flussi migratori di studenti e lavoratori nelle grandi città sono tra le principali cause individuate per l’aumento vertiginoso dei canoni di affitto.
Inoltre, non si può prescindere dal considerare che i mercati di compravendita e affitto di immobili sono strettamente collegati tra loro e, laddove i prezzi per acquistare sono lievitati, molti inquilini hanno preferito rimanere in affitto in attesa di condizioni migliori, bloccando così il normale scambio di immobili.
Tuttavia, recentemente, la riduzione dei tassi da parte della BCE ha stimolato il mercato delle compravendite, rendendo più facile acquistare casa. Tendenzialmente allora potrebbe esserci una ripresa, considerando anche l’aumento dell’offerta di immobili in affitto da parte di inquilini che decidono di comprare.
Questa tendenza aiuterebbe a contenere l’aumento dei canoni e a creare condizioni più favorevoli per chi è in cerca di un’abitazione da affittare, specialmente nelle grandi città dove le famiglie stanno affrontando difficoltà economiche significative.
- Locazioni immobiliari, Agenzia delle Entrate, agenziaentrate.gov.it ↩︎
Natalia Piemontese
Giornalista