Partono le audizioni sulla manovra 2026 in commissione Bilancio del Senato e, insieme a queste, iniziano a essere presentate le prime richieste di modifiche al testo. Dopo le osservazioni di associazioni e categorie produttive, arrivano le proposte di emendamento dei commercialisti e le valutazioni dei sindacati confederali. Le questioni portate all’attenzione del governo riguardano la stretta sulle compensazioni fiscali, l’obbligo di regolarità contributiva per i pagamenti della PA ai professionisti e la tassazione dei dividendi per i soci di minoranza. Sul fronte sindacale, invece, al centro del dibattito ci sono fisco, previdenza e sanità , insieme alla detassazione dei rinnovi contrattuali e del lavoro festivo e notturno.
Manovra 2026, le modifiche richieste dai commercialisti
Uno dei punti più contestati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC) riguarda la limitazione all’uso delle compensazioni fiscali introdotta dalla manovra 2026. La nuova norma estende a tutti i contribuenti il divieto di utilizzare crediti d’imposta per compensare contributi previdenziali e premi assicurativi, un limite finora valido solo per le banche e per i crediti edilizi (come quelli derivanti dal Superbonus).
Secondo i commercialisti, questa misura rischia di penalizzare in modo ingiusto le PMI e i lavoratori autonomi, già sottoposti a numerosi vincoli. Per questo motivo, l’Ordine propone due correttivi. Il primo, prevede di abolire del tutto la disposizione, oppure limitarla alle imprese di grandi dimensioni. Il secondo, chiede di modificare la decorrenza della norma. Questa dovrebbe cioè essere applicata ai crediti maturati o acquistati dopo il 1° gennaio 2026. Non alle compensazioni effettuate dal 1° luglio 2026, per evitare effetti retroattivi.
L’obbligo del DURC
Un altro nodo è la norma che obbliga i professionisti a presentare la documentazione di regolarità fiscale e contributiva (il DURC) per ricevere i pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Il CNDCEC critica questa misura, giudicandola ingiustificata e sproporzionata, perché non prevede soglie minime di irregolarità , per cui anche piccole anomalie bloccherebbero i pagamenti. Inoltre, secondo i commercialisti, questo creerebbe una disparità di trattamento rispetto ad altri creditori della PA. La richiesta è quindi di eliminare la disposizione, ritenuta più un aggravio burocratico che uno strumento di legalità fiscale.
Il regime di esclusione dei dividendi
Un’altra modifica richiesta, infine, è quella del regime di esclusione dei dividendi. La manovra prevede che i soci di minoranza, cioè con partecipazioni fino al 10%, vengano tassati sui dividendi ricevuti. In questo modo, supera il principio di esclusione parziale oggi in vigore. Secondo il Consiglio, si tratta di una forma di doppia imposizione, poiché gli utili sono già stati tassati in capo alla società con l’IRES. In questo caso, quindi, si chiede di eliminare la misura o di ridurre la soglia di partecipazione per cui scatta la tassazione integrale. Inoltre, si propone l’esclusione delle società quotate dal nuovo regime e una decorrenza più coerente, legata agli utili dell’esercizio 2025. Questo per evitare che le società anticipino le delibere di distribuzione entro fine anno.
Manovra 2026, le modifiche proposte dai sindacati
Accanto ai commercialisti, anche i sindacati confederali CGIL, CISL E UIL, hanno presentato in Senato le proprie osservazioni. Secondo la CGIL , il taglio della seconda aliquota IRPEF (dal 35% al 33%) produce benefici molto modesti, compresi tra 0 e 440 euro l’anno sopra i 28 mila euro di reddito. Mentre, stando ai calcoli del sindacato, la detassazione al 5% sugli incrementi contrattuali per redditi fino a 28 mila euro varrebbe appena 126 euro medi e solo per un anno. Per questo motivo si chiede di adeguare scaglioni, detrazioni e ISEE all’inflazione, per evitare che l’erosione del potere d’acquisto continui a crescere.
Opzione donna e Quota 103
Sulla sanità , la CGIL denuncia il definanziamento del sistema pubblico, con una spesa in calo dal 6,15% al 5,93% del PIL entro il 2028. Sul fronte previdenziale, invece, contesta la mancata proroga di Opzione donna e Quota 103 e il nuovo innalzamento dell’età pensionabile. Anche la UIL critica le misure sulle pensioni e sollecita il ripristino di Opzione donna. Sul fronte previdenziale, chiede poi confronto con il governo su un sistema più flessibile di uscita. Inoltre, chiede di potenziare la detassazione dei rinnovi contrattuali, alzando la soglia di reddito da 28 mila a 40 mila euro e rendendo la misura strutturale.
La flat tax al 15%
Altre richieste sono state avanzate dalla CISL. Il sindacato ha espresso apprezzamento per l’introduzione della flat tax al 15% su indennità e maggiorazioni per lavoro notturno e festivo. Tuttavia, in questo caso chiede innalzare a 40.000 euro il limite di reddito per accedere alla misura e di estendere l’agevolazione al pubblico impiego. Il sindacato chiede anche una revisione più ampia del sistema fiscale, con una ulteriore riduzione dell’IRPEF, l’aumento delle detrazioni da lavoro dipendente e il blocco dell’età pensionabile per tutti. Infine, propone di inserire nuove premialità , legate alla partecipazione dei lavoratori e alla sostenibilità ambientale.









Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it