Evasione fiscale, più di metà dei contribuenti vive grazie a chi paga le tasse: cosa cambierà con la riforma

Circa 2,5 milioni di persone usufruiscono gratis di servizi pubblici - come sanità, trasporti e istruzione - per cui altri cittadini pagano le tasse. Salvatore Forastieri e Alberto Brambilla raccontano numeri e contorni di un'ingiustizia sociale che può essere ancora superata.

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Nonostante il recupero di oltre 16 miliardi in più rispetto all’anno precedente, i dati sull’evasione fiscale in Italia restano impietosi: oltre la metà dei contribuenti vive sulle spalle degli altri, il Fisco insegue soprattutto chi paga le tasse e le imposte continuano a non essere uguali per tutti. Adesso, però, grazie alla legge delega di riforma fiscale n. 111 del 9 agosto 2023, il governo Meloni si pone un obiettivo ambizioso su Fisco e tasse: ribaltare il sentimento comune di ostilità nei confronti del sistema fiscale, considerato punitivo e ai limiti della persecuzione, e favorire la tax compliance.

Partitaiva.it – grazie anche al contributo di esperti come Salvatore Forastieri e Alberto Brambilla – ha rintracciato i numeri dell’evasione fiscale, ha analizzato il profilo di coloro che non pagano le tasse secondo l’Agenzia delle entrate e individuato le soluzioni passate, presenti e futuribili che il legislatore ha adottato o pensato di adottare per arginare il problema.

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Cosa prevede la legge di riforma fiscale

Decentramento fiscale, semplificazione, allargamento delle basi imponibili, maggiore neutralità ed eliminazione di ingiustificate posizioni di vantaggio per alcune categorie sono i principi ispiratori della legge delega di riforma fiscale. Molte prescrizioni in essa contenute sono già legge, essendo state inserite nei 14 decreti legislativi (decreti delegati), compreso uno rettificativo, già pubblicati dal Governo e riguardanti in particolare: 

  • la riforma IRPEF e altre misure in tema di imposte sui redditi; 
  • la riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale; 
  • le modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente
  • la razionalizzazione e la semplificazione degli adempimenti tributari; 
  • le nuove disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale; 
  • il potenziamento del regime di adempimento collaborativo; 
  • la revisione disciplina del contenzioso tributario; 
  • il riordino del settore dei giochi;  
  • la revisione del sistema sanzionatorio tributario; 
  • il riordino del sistema nazionale della riscossione; 
  • la razionalizzazione dell’imposta di registro, successioni e donazioni, bollo; 
  • la revisione della disciplina doganale e del sistema sanzionatorio in materia di accise; 
  • la revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF e IRES). 

Ma non solo. Sono stati pure predisposti nove Testi unici (previsti dall’articolo 21 della legge delega) pensati  proprio al fine di semplificare la consultazione della enorme mole di disposizioni tributarie di cui si compone il sistema fiscale del nostro Paese (imposte sui redditi, IVA, imposta di registro e altri tributi indiretti, tributi erariali minori, adempimenti e accertamento, sanzioni tributarie amministrative e penali, giustizia tributaria, versamenti e riscossione, agevolazioni tributarie e regimi di particolari settori).

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Lotta all’evasione fiscale in Italia, il 57% dei contribuenti vive a carico di qualcun altro

Chi paga le tasse in Italia? La risposta a questa domanda ce la fornisce l’analisi del Centro studi di Itinerari previdenziali e Cida: il 43% degli italiani non dichiara alcun reddito e poco più del 25% si fa carico dell’80% dell’IRPEF. Una ripartizione fiscale certamente iniqua che non può che suscitare l’indignazione dei (pochi) contribuenti onesti che dichiarano fino all’ultimo euro di reddito.

Qual è il profilo degli evasori fiscali? Nella black list dell’Agenzia delle Entrate troviamo soprattutto partite IVA, liberi professionisti e lavoratori. Più nello specifico, parliamo di ristoratori, albergatori e panettieri che risulterebbero le categorie con maggiore propensione al nero. E poi mercerie, negozi di giocattoli e abbigliamento. Capire chi evade di più le tasse in Italia significa intraprendere un percorso lungo e tortuoso che potrebbe finalmente portare alla fine di quella condizione di ingiustizia sociale che vivono i contribuenti italiani costretti a pagare per tutti.

Più di un milione di italiani dichiara reddito nullo o negativo

Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, commenta così il paradosso racchiuso nei numeri che emergono dall’indagine: “Malgrado il miglioramento di PIL e occupazione – spiega – sono 1.184.272 i soggetti (in aumento di oltre 170 mila unità sullo scorso anno) che denunciano un reddito nullo o negativo, non pagando quindi né tasse né contributi”.

In tema di risultati alla lotta all’evasione fiscale, l’Agenzia delle entrate ha presentato il 18 febbraio 2025 i risultati raggiunti nel 2024. “Dall’analisi – si legge nella Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva – emerge che nel 2024 sono stati recuperati 26,3 miliardi, 1,6 miliardi in più rispetto al 2023 (+6,5%)”. Quella certificata è la somma più alta di sempre: 22,8 miliardi derivano dalle ordinarie attività di controllo svolte dal Fisco e 3,5 miliardi da misure straordinarie, come la “rottamazione” delle cartelle, la definizione delle liti pendenti e la “pace fiscale”.

Nonostante margini di lieve miglioramento del livello di evasione fiscale in Italia, i numeri denotano una scarsa efficacia del sistema e confermano che la strada da fare è ancora molto lunga. La Relazione poc’anzi citata calcola un tax gap che, in termini assoluti, si attesta nell’anno 2021 a 96 miliardi di euro. Di questi, 84,4 miliardi si riferiscono a mancate entrate tributarie e 11,6 miliardi a mancati contributi. Un livello di evasione fiscale

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Evasione fiscale e ingiustizia sociale: il Fisco vessatorio solo nei confronti di chi paga le tasse

I numeri forniti dall’indagine smentirebbero la convinzione, scolpita nell’immagino collettivo italiano, che il Fisco del Belpaese sia vessatorio con tutti. In realtà, lo è solo nei confronti di chi paga le tasse e si ritrova a scucire di più per sopperire al mancato gettito che dovrebbe arrivare da chi vive a scrocco. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, in Italia ogni giorno circa 2,5 milioni di persone usufruiscono gratis di servizi pubblici come la sanità, i trasporti e l’istruzione.

Una sperequazione che genera una pressione fiscale iniqua poiché usa il pugno duro nei confronti dei contribuenti italiani ma poi consente ai paperoni stranieri di ottenere maxi sconti sulle tasse in caso di trasferimento della residenza fiscale nel nostro Paese. Questo fa dell’Italia un paradiso fiscale? Assolutamente no perché la fiscalità elevatissima addirittura scoraggia la nascita di attività economiche, con pesanti ripercussioni su imprenditorialità e tessuto produttivo che sono oggi sotto gli occhi di tutti.

Non a caso l’Italia, rivela ancora la Cgia, occupa il sesto posto nella classifica dei Paesi UE con la pressione fiscale più elevata con un tasso del 42,6 per cento del PIL (a fronte di una media del 40,4%). La pressione fiscale del Belpaese è superiore di 1,8 punti percentuali rispetto a quella della Germania e di 5,4 punti rispetto a quella della Spagna. In Francia, invece, supera la nostra di 2,6 punti. 

Le tasse non sono uguali per tutti

Poco tempo fa, Partitaiva.it ha approfondito un ulteriore elemento di “ingiustizia fiscale” nei confronti di quelle imprese sottoposte a una pressione fiscale maggiore a seconda della loro collocazione geografica. A tirare fuori lo “scandalo” è stata a CNA con il dossier “Comune che vai fisco che trovi” da cui emerge che le tasse non sono uguali per tutti

A Bolzano la pressione fiscale sulle piccole imprese si attesta al 46,3%. In fondo alla classifica dei 114 capoluoghi di provincia, invece, troviamo Agrigento con una tassazione al 57,4%. Sebbene in media le imprese abbiano lavorato per il Fisco fino al 9 luglio, due giorni in meno rispetto all’anno precedente e la tassazione sulle imprese personali nel 2024 sia scesa dal 52,8% al 52,3%, persistono divari territoriali consistenti che dipendono principalmente dalla qualità dei servizi offerti a cittadini e imprese: laddove sono gestiti male, favoriscono un livello di tassazione più alto e dunque condizioni meno favorevoli per l’avvio di nuove attività imprenditoriali. Una gran bella fregatura.

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Legge di riforma fiscale, Fisco e tasse ossessione italiana

Le modifiche legate alla riforma tributaria dovrebbero entrare in vigore dal 2026. Tuttavia, spiega Salvatore Forastieri – giudice tributario, già garante dei diritti del contribuente per la Sicilia e direttore
responsabile dell’Osservatorio tributario, organo di stampa dell’Associazione magistrati tributari -, è molto probabile che venga prevista una proroga. “Nonostante l’impegno di coloro i quali hanno lavorato e stanno ancora lavorando sulla riforma – sottolinea – il prossimo futuro dei contribuenti e degli addetti ai lavori non sarà semplice. Non dimentichiamo che fra qualche mese sarà necessario assimilare tutti i Testi unici che raccolgono, in modo organico, le disposizioni che riguardano tutti i tributi nonché i sistemi di accertamento e di riscossione”.

In pratica, sarà necessario “tradurre” l’enorme mole di disposizioni tributarie esistenti, un una quantità di articoli che sfiora i 4.000. “Ma questo è un male necessario – insiste l’esperto -Sappiamo, infatti, che ogni cambiamento, anche quello più opportuno come le recenti innovazioni in ambito tributario, porta con sé, oltre che alle evidenti difficoltà di assimilazione delle novità, una naturale ostilità. Ciò nonostante, l’ottimismo è d’obbligo, specialmente se si pensa alla confusione con la quale, in questi lunghissimi anni, abbiano dovuto fare i conti”.

Una confusione, ricordiamolo, determinata dallo stratificarsi negli anni di migliaia di disposizioni di natura fiscale che hanno prodotto criticità e pesanti conseguenze “non solo sul piano interno, con una scarsissima propensione dei cittadini verso l’adempimento fiscale spontaneo (tax compliance), ma anche sul piano internazionale visto che, regole farraginose per l’applicazione dei tributi ed un contenzioso tributario complicato e lento, allontanano gli investimenti stranieri”, conclude. 

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Evasione fiscale, tax compliance? L’esperto: “Solo con servizi pubblici adeguati”

“In un sistema tributario moderno, è necessario che i tributi vengano accettati dai cittadini”. Un principio di facile enunciazione ma di difficile applicazione quello illustrato da Salvatore Forastieri, magistrato tributario, già garante dei diritti del contribuente per la Sicilia, revisore legale e dirigente superiore di Mef e Agenzia delle Entrate.

“I cittadini dovrebbero essere convinti che il prelievo fiscale che subiscono sia adeguato ai servizi pubblici che ricevono dallo Stato, nonché conforme al principio della distribuzione della ricchezza, ossia al principio secondo il quale la ricchezza, proprio attraverso l’applicazione dei tributi, viene spostata dal “più ricco” al “più povero”, per consentire a tutti (sia al più ricco che al più povero) di fruire dei servizi pubblici in maniera assolutamente uguale”. 

Utopia vs realtà

“Questo concetto, probabilmente, è solo utopia – prosegue Forastieri che è anche giornalista pubblicista e direttore dell’Osservatorio tributario, organo di stampa dell’Associazione magistrati tributari –. Vi sono in Italia alcuni contribuenti che agiscono in modo corretto solo perché percepiscono redditi tracciati (come i lavoratori dipendenti), oppure perché ligi a tutti i doveri, compreso quello di rispettare la legge in modo scrupoloso. Ci sono poi gli evasori che pretendono di usufruire a costo zero dei servizi pubblici. Per loro i controlli dovrebbero essere più stringenti, anche attraverso i poteri che la legge mette a disposizione dell’amministrazione finanziaria, comprese le indagini bancarie e, da poco tempo, anche l’intelligenza artificiale. Ma ci sono altri contribuenti i quali vorrebbero essere adempienti verso lo Stato e, talvolta per sfiducia verso le Istituzioni, spesso per le difficoltà interpretative delle norme fiscali e della complessità degli adempimenti formali richiesti, preferiscono restare nell’ombra”.

Secondo il giudice tributario, se si vuole aumentare l’adesione spontanea verso gli adempimenti tributari (la tax compliance) è a questa categoria che bisognerebbe puntare principalmente, semplificando sostanzialmente gli adempimenti ed eliminando ogni scusa che porta queste persone a operare in nero per evitare rischi.  

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Riforma fiscale, com’è cambiato nel tempo il rapporto tra Fisco e contribuenti

“Negli ultimi cinquant’anni, il rapporto Fisco-contribuente ha subito importanti cambiamenti. Anche il volto della stessa Amministrazione finanziaria – spiega Forastieri – è mutato nel tempo. Prima gli uffici fiscali consideravano i contribuenti cittadini da tassare, e nient’altro. Oggi invece, i contribuenti sono diventati utenti oppure, come si suole pure dire, clienti del servizio pubblico reso dallo Stato”.

“In passato – prosegue – di autotutela non se ne parlava nemmeno. Ora è regolamentata dalla legge. Il dialogo finalizzato alla ricerca della verità non esisteva. Oggi esiste il contraddittorio preventivo obbligatorio. Di contro fino agli anni ’60, la contabilità era un optional. Un concordato (molto artigianale) non si negava a nessuno e, utilizzando sistemi assolutamente presuntivi e, spesso, completamente sballati, l’accertamento molto raramente si avvicinava alla realtà”.

Con la riforma tributaria degli anni ’70, oltre all’istituzione dell’IVA al posto dell’IGE e la modifica sostanziale di molti altri tributi, diretti ed indiretti, con il D.P.R. 600/73 sono state stabilite regole molto più stringenti in materia di accertamento. “Inoltre – chiosa l’esperto Forastieri – cosa estremamente importante, oltre all’introduzione (il primo gennaio 1973) della fattura per tutte le operazioni poste in essere nell’esercizio delle attività d’impresa, arti o professioni, la contabilità è stata posta al centro di ogni adempimento, considerata, più in particolare, come lo strumento fondamentale per scoprire l’evasione”.  

L’introduzione di ISA e minimum tax

Poi, però, anche questi concetti hanno cominciato a mostrare le loro criticità. Anche una contabilità tenuta formalmente bene, anziché essere lo specchio dell’attività svolta dal contribuente, era un muro, difficile da demolire da parte del fisco e che copriva tante irregolarità. “Da qui l’ulteriore svolta – ci racconta l’ex garante del contribuente per la Sicilia – ossia l’istituzione di sistemi di accertamenti presuntivi, come i famosi coefficienti, la minimum tax, per giungere ai più recenti studi di settore che, quasi come prima della riforma, spesso non consentivano di pervenire alla reale situazione fiscale dei cittadini”.

Sistemi la cui efficacia è stata comunque smentita tanto che anche gli studi di settore hanno dovuto cedere il passo a un sistema, quello degli ISA (Indice sintetico di affidabilità fiscale) che, spiega Forastieri, “premia coloro i quali ottengono risultati più vicini a quelli che si ritengono più realistici in relazione alla situazione concreta in cui si svolge l’attività”. Tutte considerazioni che, a detta del magistrato siciliano, dimostrano non solo quanto sia difficile trovare un sistema veramente efficace per combattere l’evasione e che i numerosi adempimenti fiscali formali introdotti nel tempo per tentare di avere maggiormente sott’occhio la situazione fiscale dei contribuenti non ha facilitato i controlli ma creato maggiore confusione e diffidenza verso lo Stato.

Solo grazie a una maggiore semplificazione e chiarezza delle norme si potrebbe ottenere una svolta nell’evasione fiscale. “Un aiuto decisivo – dice Forastieri – potrebbe arrivare anche dall’intelligenza artificiale, prevista tra l’altro dalla legge di riforma tributaria ma senza che passi il messaggio che l’accertamento fiscale sia esclusivamente affidato alle macchine”.

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Riforma del contenzioso tributario, accumulo di controversie per mancanza di personale

Il contenzioso tributario merita una riflessione a parte. “Proprio tre anni fa – racconta Forastieri – con la legge n.130 del 31 agosto 2022,  il contenzioso tributario ha ricevuto una sostanziosa rivisitazione, quella che ha cambiato la denominazione delle vecchie Commissioni tributarie di primo e di secondo grado in Corti di giustizia tributaria, di primo e di secondo grado, e dato un assetto professionale  a questa magistratura, con l’inserimento di nuove figure di magistrati tributari, mantenendo provvisoriamente i vecchi giudici tributari, che, nonostante privi di adeguata retribuzione, con grandissima professionalità hanno assicurato per tantissimi decenni la giurisdizione tributaria”.

Con la riforma, la volontà di professionalizzare i giudici tributari ha portato il legislatore da un lato ad accelerare la fuoriuscita, per anzianità, dei vecchi giudici, dall’altro a reclutare, tramite concorso pubblico, nuovi magistrati. Ma anche in questo settore i risultati sono stati assolutamente insoddisfacenti. Forastieri ci spiega il perché: “I concorsi stentano ad andare avanti. Solo per un primo concorso è stata completata la correzione delle prove scritte e, su 454 candidati, solo 182 sono stati ammessi agli orali. Intanto i vecchi giudici se ne vanno a casa. Così le Corti di giustizia faticano tantissimo a smaltire le numerosissime controversie che, specialmente a causa della complessa normativa tributaria ancora vigente, continuano a formare il grosso arretrato”.

I dati, ricorsi pendenti per evasione fiscale in aumento

In modo superficiale, si dice spesso che i contribuenti del Sud sono più litigiosi di quelli del resto d’Italia. “Potrebbe anche essere vero – chiosa il giudice -. Ma la confusione normativa e i troppi adempimenti formali previsti dalla legge, unitamente a una normativa sanzionatoria spesso sproporzionata rispetto all’effettiva gravità delle violazioni commesse, fortunatamente recentemente rivista con il decreto legislativo di riforma n. 87 del 2024, è certamente causa delle numerose liti instaurate con il fisco, sia al Sud che al Nord”.

I dati parlano chiaro. L’anno scorso, il 2024, così come risulta dalla relazione della presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (l’organo di autogoverno dei giudici tributari), è stato caratterizzato da un incremento del numero di ricorsi pervenuti e definiti. In quell’anno, a livello nazionale, sono pervenuti 224.725 nuovi ricorsi del valore complessivo di 23,7 miliardi di euro, mentre sono stati definiti 218.384 ricorsi per un valore complessivo di 25,97 miliardi di euro. Al 31 dicembre il numero di ricorsi pendenti ammontava a 259.453 unità, con un incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente. 

L’ipotesi di giudici in servizio fino a 75 anni

La situazione, nonostante la riforma, stenta parecchio a normalizzarsi. E potrebbe ancora peggiorare se si tiene conto che, in base alla vigente normativa, molti dei 2.100 magistrati e giudici tributari, di cui oltre 1.500 in primo grado, potrebbero presto cessare dal servizio.

Recentemente, a Roma, il presidente emerito dell’Associazione magistrati tributari, Ennio Sepe, con la presidente della stessa associazione Daniela Gobbi, hanno incontrato il direttore generale del dipartimento Finanze del MEF, sottolineando la necessità che si provveda al più presto a un’ulteriore riforma correttiva, magari consentendo fino all’espletamento dei concorsi previsti per l’accesso alla magistratura tributaria (di cui il primo è in corso di svolgimento), la permanenza nelle funzioni giudicanti dei giudici tributari fino al compimento dei 75 anni di età, così come era previsto dal decreto legislativo 31/12/1992 n. 545.

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Patrizia Penna

Giornalista professionista

Sono nata a Catania, mi sono laureata con lode in Lingue e Culture europee all'Università di Catania. Ho lavorato per quasi vent'anni come redattore al Quotidiano di Sicilia, ho curato contenuti ma anche grafica e impaginazione. Oggi sono una libera professionista. Mi occupo di informazione, uffici stampa e curo sui social media la comunicazione di aziende, anche straniere.

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