La lotta contro l’evasione fiscale resta limitata. Nel 2024, solo l’1,4% delle imprese e dei professionisti attivi in Italia è stato oggetto di un controllo effettivo da parte dell’amministrazione finanziaria. A renderlo noto è l’ultima relazione sul rendiconto generale di Stato redatta dalla Corte dei conti. Tuttavia, nonostante le somme recuperate dall’evasione siano in crescita, senza campagne di accertamento credibili, l’efficacia del sistema resta appesa a un filo.
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La lotta all’evasione fiscale, i controlli che mancano
Secondo l’analisi sulle entrate pubbliche della Corte, ogni anno solo 1 azienda su 71 viene sottoposta a controlli sostanziali da parte del Fisco. Su 9 milioni di contribuenti appartenenti a queste categorie, poco più di 129 mila hanno ricevuto una “visita” dagli ispettori fiscali. Un ritmo che, se mantenuto costante, richiederebbe circa 70 anni per completare un ciclo di verifiche su tutte le posizioni attive. Ma il problema non riguarda solo i pochi controlli bensì anche l’effettiva riscossione delle somme evase. Su 72,3 miliardi di euro accertati nel 2024 tra imposte non versate, indebite compensazioni e frodi, solo 12,8 miliardi sono stati effettivamente riscossi. Si tratta quindi di una percentuale del 17,7%. La situazione peggiora se si considera il recupero legato alle cartelle esattoriali: dei 40,7 miliardi accertati solo 1,3 sono stati effettivamente versati nelle casse dello Stato.
Accertamenti, quali sono i settori meno controllati
Un dato ancora più interessante riguarda la distribuzione dei controlli nei diversi settori economici. Il motivo? Sono diversi i settori che non vengono sottoposti a visite frequenti. Tra questi ci sono anche il commercio e la ristorazione, la sanità e l’intrattenimento. Si parla di controlli che in media variano dall’1,3% all’1,7%. Infine, le aziende più piccole che sono sottoposte agli ISA, gli indicatori di affidabilità, vedono un controllo su 20 nel settore delle costruzioni e uno su 50 in quello immobiliare.
Settore | Percentuale soggetti controllati (2024) |
Commercio | 1,3% |
Ristorazione | 1,4% |
Sanità privata (studi medici) | 1,9% |
Attività ricreative | 1,5% |
Agenzie immobiliari | 2,0% |
Costruzioni | 5,1% |
Studi legali | 3,0% |
Il gap tra evasione accertata e riscossa
Il gap tra evasione accertata e riscossa resta strutturale. Il passaggio dall’azione di accertamento a quella di riscossione coattiva presenta molti punti critici poiché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non riesce a trasformare in liquidità la maggior parte dei crediti iscritti a ruolo. Inoltre, sempre nel 2024, la riscossione da accertamento ordinario ha generato 12,8 miliardi di euro su 72,3 accertati e il tasso di incasso delle cartelle esattoriali continua a calare: dal 7% medio storico al 3,1% attuale. Pertanto, secondo la Corte dei Conti, la scarsa efficacia dipende anche dalla bassa qualità dei ruoli trasmessi, spesso riferiti a soggetti nullatenenti, falliti o irreperibili.
Controlli finanziari: +28% ma risultati in calo
Nel 2024 sono aumentati i controlli su conti correnti e investimenti. Le operazioni di verifica patrimoniale sono passate da 3.540 a 4.558, con un incremento del 28%. Tuttavia, l’evasione accertata attraverso questi canali si è attestata a 248 milioni di euro (+41%), ma gli incassi sono diminuiti del 61,4%, passando da 13,2 milioni a 5,1 milioni. Il che rafforza l’idea che anche in presenza di evidenze, il sistema non riesce a monetizzare i crediti erariali. In altre parole, la disponibilità di informazioni e tracciamenti non è sufficiente se non accompagnata da strumenti di riscossione più efficaci e tempestivi.
Irregolarità IVA, cause e conseguenze
Le principali ragioni del sottodimensionamento dell’attività di controllo fiscale in Italia riguardano la carenza di personale qualificato nelle strutture territoriali dell’Agenzia; l’elevato numero di partite IVA attive (oltre 5 milioni) e le imprese individuali difficili da monitorare. Bisogna considerare poi la limitata integrazione dei database fiscali, bancari e assicurativi e le riforme fiscali discontinue, spesso caratterizzate da sanatorie, rottamazioni e condoni. Oltre alle imposte sui redditi, le irregolarità contenute nel rapporto della Corte dei conti investono l’IVA.
Delle comunicazioni inviate dall’Agenzia, circa 1,4 milioni, per un totale di 9,6 miliardi, sono stati versati circa 1,7 miliardi, il 17,26% del dovuto. L’ammanco ha prodotto cartelle per 5,7 miliardi (più o meno la cifra riscossa nel triennio 2019-21). “In media le riscossioni delle imposte richieste a seguito di comunicazioni di irregolarità – fa sapere la Corte dei conti – sembrano costituire poco più del 16% del totale richiesto. Si tratta, dunque, di una percentuale alquanto limitata degli importi complessivamente dovuti e non versati.
Le cause di questo fenomeno dovrebbero formare oggetto di attenta analisi, essendo altamente probabile una loro correlazione a radicate aspettative di successive rottamazioni o al convincimento di poter eludere la successiva azione esecutiva”.
La raccomandazione della Corte dei conti
L’obiettivo della Corte dei Conti è chiaro. “Occorre rafforzare la qualità e la tempestività dei controlli, investendo nella selezione del rischio e nella fase esecutiva”. In particolare, si sollecita un miglior utilizzo delle banche dati, l’integrazione delle fonti informative e una maggiore stabilità normativa per evitare che strumenti straordinari diventino prassi ordinaria.
Cristina Siciliano
Giornalista e scrittrice