Anche la madre intenzionale ha diritto al congedo di paternità, la novità in materia di diritti per le coppie dello stesso sesso è stata stabilita direttamente dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 115.
Madre intenzionale, riconosciuto il congedo di paternità
La Consulta ha dichiarato l’illeggittimità costituzionale dell’articolo 27-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001 “nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale, in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile”.
La questione era stata sollevata dalla Corte d’apello di Brescia. Per il tribunale lombardo la norma era discriminatoria.
La denuncia all’INPS
Ad aprire il caso, era stata Rete Lenford, un’associazione che tutela i diritti delle persone LGBT+, che aveva denunciato l’INPS per comportamento discriminatorio. Questo perché l’istituto, che non nega alle coppie omogenitoriali il diritto di accedere al congedo, rendeva impossibile farne richiesta telematicamente. Il sistema informatico dell’INPS non permette di inserire due codici fiscali di persone dello stesso sesso, anche se entrambi sono civilmente i genitori del bambino.
Il giudice di primo grado aveva ordinato all’INPS di adeguare il sito entro due mesi, pena una multa di 100 euro per ogni giorno di ritardo. L’istituto aveva fatto ricorso in appello, ottenendo la sospenzione dell’efficacia del provvedimento.
La sentenza della Corte costituzionale
La Consulta ha ravvisato che la normativa era discriminante, come notato anche dal tribunale. Il giudice delle leggi scrive nella sentenza: “Tale esclusione determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla situazione in cui il beneficio è riconosciuto al padre lavoratore in coppie composte da genitori di sesso diverso”. la Consulta ha ravvisato che le due donne che hanno condiviso un progetto di genitorialità sono equiparabili ad una coppia eterosessuale e di conseguenza devono avere gli stessi diritti.
Inoltre, nelle coppie omogenitoriali femminili è possibile identificare una figura equiparabile a quella paterna nella madre intenzionale, ovvero quella che non partorisce il bambino. Questo perché “ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato, e vi partecipa attivamente”. Inoltre, sottolinea la Consulta, “tale distinzione risulta applicabile anche nei casi di adozione non legittimante, in cui al rapporto giuridicamente riconosciuto con la madre biologica si affianca il legame del figlio con la madre intenzionale, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983”.
Redazione
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