Secondo acconto imposte 2025, stop alla rateizzazione: la scadenza e come non pagare subito

Il versamento di novembre non potrà essere ulteriormente suddiviso, la proroga concessa scadrà il 1° dicembre 2025. Il ravvedimento operoso resta, però, un valido paracadute per chi ha problemi di cassa.

Adv

Secondo acconto imposte 2025

Nel 2025 non sarà possibile rateizzare il secondo acconto delle imposte 2025 (IRPEF, IRES, IRAP, contributi previdenziali a percentuale) per una precisa decisione del nostro Governo. Un’inversione di rotta rispetto a quanto accaduto nel 2023 e 2024 e un ritorno alla normale gestione del secondo acconto, come avveniva prima del 2023. Una scelta che aumenta la confusione nella gestione delle scadenze fiscali e irrigidisce una scadenza tra le più odiate dai contribuenti italiani. Eppure esistono delle situazioni in cui il versamento può essere omesso, con una previsione accurata del reddito. L’errore può essere facilmente rimediato con gli strumenti messi a disposizione dal Fisco.

tot business

Acconto imposte 2025, perché lo stop alla rateizzazione

Con una dichiarazione durante il Question time alla Camera dei deputati, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiuso definitivamente la porta alla rateizzazione per ragioni di cassa. Le esigenze di gettito dello Stato non consentono di dilazionare i pagamenti o posticiparli, ad esempio, a gennaio.

Mentre negli anni precedenti chi aveva difficoltà di liquidità poteva almeno suddividere il pagamento, oggi questa opzione non esiste più. L’importo calcolato con il metodo storico, pari al 60% dell’acconto complessivo per chi non è soggetto agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), oppure il 50% per chi è soggetto a ISA deve essere versato per intero entro il primo dicembre.

Acconti in due rate e in unica soluzione

La normativa mantiene comunque la distinzione tra acconti suddivisi in due rate e acconti in soluzione unica, ma il meccanismo di calcolo è rimasto fermo ai livelli soglia degli anni passati. Se l’acconto totale supera i 257,52 euro, deve essere ripartito in due versamenti (il 40% entro giugno, il 60% entro novembre). Se è inferiore, versamento unico. Ma sia nel primo che nel secondo caso, il versamento di novembre (prorogato al 1 dicembre 2025) non può essere ulteriormente suddiviso.

nordvpn

Come calcolare l’acconto delle imposte 2025? Metodo storico vs metodo previsionale

Come si calcola l’acconto? Il contribuente ha due scelte, il metodo storico e il metodo previsionale.

Con il metodo storico l’acconto si determina applicando al reddito dell’anno precedente le stesse aliquote fiscali. Si prende come riferimento l’imposta dovuta indicata nella dichiarazione dei redditi (il rigo “Differenza” per le persone fisiche, “IRES dovuta” per le società) e si applica il 40% come primo acconto e il 60% come secondo versamento. Per i soggetti ISA e i soci di società trasparenti, la ripartizione è pari al 50% e 50%.

Con il metodo previsionale il contribuente può decidere di versare un importo inferiore se prevede una minore imposta per l’anno in corso rispetto all’anno precedente. In questo caso, può versare il primo acconto in misura proporzionale e il secondo acconto come differenza tra l’imposta stimata e quanto già pagato.

Il metodo previsionale presuppone una valutazione soggettiva della propria situazione reddituale. Ma se il contribuente commette errori nella previsione e il suo reddito effettivo è superiore a quello stimato, si troverà ad aver pagato troppo poco e andrà incontro a sanzioni.

Cosa accade con i sostituti d’imposta

Per i contribuenti tenuti alla presentazione del modello 730, che si vedono trattenuta la somma dal datore di lavoro, secondo le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, il contribuente può comunicare per iscritto al proprio sostituto d’imposta la volontà di ridurre o annullare il secondo acconto. La scadenza per questa comunicazione era il 10 ottobre 2025, ma una volta inviata, l’effetto è vincolante.

Non è una richiesta soggetta ad approvazione. Non è una deroga che deve essere motivata. È semplicemente una dichiarazione di volontà del contribuente. La comunicazione di annullamento o riduzione è effettuata “sotto la responsabilità del contribuente”. Significa che se il contribuente dichiara al proprio sostituto d’imposta di non dover versare l’acconto, o di versarlo in misura inferiore, e successivamente risulta che aveva comunque l’obbligo di versamento, incorre in sanzioni per omesso o insufficiente versamento.

tot business

Come non pagare il secondo acconto delle imposte 2025

Supponendo il caso di un contribuente che, secondo la dichiarazione dei redditi 2024, risulta dover versare un’imposta di 10.000 euro, il calcolo dell’acconto 2025 sarà:

  • primo acconto del 40% (4.000 euro);
  • secondo acconto del 60% (6.000 euro);
  • totale acconto 2025 di 10.000 euro.

Secondo la normativa ordinaria, il contribuente dovrà versare 4.000 euro entro giugno/luglio e 6.000 euro entro il 1° dicembre 2025, senza possibilità di rateizzazione. Se il contribuente dichiara al suo sostituto d’imposta (o al suo commercialista) di voler versare un acconto inferiore perché prevede una riduzione del reddito, e prevede per esempio un’imposta di soli 8.000 euro, il primo acconto potrebbe essere ridotto a 3.200 euro (40% di 8.000) e il secondo acconto a 4.800 euro (60% di 8.000).

Nel caso il contribuente anticipasse il versamento della prima quota a 8.000 euro in una soluzione unica, ossia pagasse tutto nella prima rata, egli soddisfarebbe integralmente l’acconto 2025 sulla base della sua previsione e potrà legittimamente omettere il secondo versamento, senza incorrere in sanzioni, purché la sua previsione non sia palesemente errata.

Se il contribuente ha già versato a titolo di primo acconto un importo pari o superiore all’acconto complessivo che la dichiarazione 2024 indicava come dovuto, egli può omettere il secondo acconto senza incorrere in sanzioni. Tecnicamente, non sta evadendo, sta solamente anticipando il versamento e azzerando il secondo acconto.

wallester business

Omissione versamento seconda rata: il costo reale del rischio

Proviamo a quantificare il rischio concreto che un contribuente corre omettendo il versamento della seconda rata dell’acconto delle imposte 2025. Secondo la normativa vigente dal 1° settembre 2024, le sanzioni sono state significativamente ridotte rispetto al passato e il ravvedimento operoso offre margini di regolarizzazione molto vantaggiosi.

Se un contribuente omette completamente il versamento della seconda rata senza giustificazione, incorre in una sanzione amministrativa pari al 25% dell’importo non versato (dal 1° settembre 2024, in precedenza era del 30%). Nel nostro esempio di un acconto omesso di 6.000 euro (il 60% dell’acconto totale di 10.000 euro), la sanzione ordinaria ammonta a 1.500 euro.

A questo importo di sanzione si aggiungono gli interessi, calcolati nella misura del 2% annuo a partire dal 1° gennaio 2025. Su una somma di 6.000 euro, gli interessi ammontano a circa 120 euro per ogni anno di ritardo, con calcolo iniziale su base giornaliera secondo la formula: imposta × 2% × giorni di ritardo / 36.500.

Tuttavia, il quadro cambia radicalmente se il contribuente si avvale del ravvedimento operoso.

tot business

Il ravvedimento operoso come paracadute

Se un contribuente commette un errore, oppure decide consapevolmente di non versare l’acconto delle imposte 2025 e poi si pente, ha sempre la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso. Questo istituto consente di regolarizzare i versamenti omessi con sanzioni ridotte rispetto alla sanzione ordinaria del 25%. Nel caso dell’acconto delle imposte, dopo la riforma delle sanzioni entrata in vigore dal 1° settembre 2024, il ravvedimento operoso funziona così:

  • se il versamento avviene entro 14 giorni dalla scadenza, si applica una sanzione giornaliera pari allo 0,083% per ogni giorno di ritardo;
  • se il versamento avviene tra il 15° e il 30° giorno, la sanzione è pari all’1/10 del minimo edittale del 12,5%, cioè 1,25%;
  • se il versamento avviene dal 31° al 90° giorno, la sanzione è pari all’1/9 del minimo edittale del 12,5%, cioè 1,3889%;
  • se il versamento avviene oltre il 90° giorno ed entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, la sanzione è pari all’1/8 del minimo edittale del 25%, cioè 3,125%;
  • oltre tale termine, si applica la sanzione ordinaria del 25%, a cui vanno aggiunti gli interessi legali.

Esempio di applicazione del ravvedimento operoso

Prendendo l’esempio di un contribuente che non abbia versa 6.000 euro di secondo acconto, è facile comprendere ciò che accade. Se il soggetto regolarizzasse la propria posizione entro 14 giorni dalla scadenza (ad esempio entro il 15 dicembre 2025), andrebbe incontro a una sanzione molto contenuta. Infatti, 5 giorni di ritardo comportano 24,90 euro di penalità. In caso di pagamento entro 30 giorni, dovrebbe corrispondere una sanzione pari all’1,25%, cioè 75 euro. Se regolarizzasse dal 31° al 90° giorno, la sanzione sarebbe pari all’1,3889%, cioè 83,33 euro. Se invece regolarizzasse entro la presentazione della dichiarazione dei redditi 2025 (entro maggio 2026), la sanzione sarebbe del 3,125%, pari a 187,50 euro.

L’aspetto più interessante è che il ravvedimento operoso renda il mancato versamento immediato molto meno oneroso di quanto si possa immaginare. Il contribuente conserva 6.000 euro di liquidità per diversi mesi, pagando una sanzione che può essere di soli 24,90 euro (5 giorni di ritardo), 75 euro (entro 30 giorni) o al massimo 187,50 euro (entro termine dichiarazione), oltre agli interessi legali al 2% annuo. In situazioni di difficoltà di cassa, questa possibilità rappresenta un paracadute.

blank business

La modalità di pagamento

Dal 1° luglio 2024, se il modello F24 contiene compensazioni (utilizzo di crediti tributari), il versamento deve essere effettuato esclusivamente tramite i canali telematici Entratel o Fisconline. I titolari di partita IVA, inoltre, già da tempo devono presentare il modello F24 con utilizzo di crediti esclusivamente in via telematica. Se non ci sono compensazioni e il saldo è a debito, è ancora possibile utilizzare i servizi di home banking. Ma la regola generale rimane: via telematica per chi utilizza crediti in compensazione.

Per i contribuenti senza partita IVA che non hanno crediti da compensare, resta ancora possibile presentare il modello F24 in forma cartacea presso banche, poste o agenti della riscossione. Ma questa eccezione è sempre più marginale. L’effetto pratico è che il versamento dell’acconto è divenuto un’operazione telematica obbligatoria nella quasi totalità dei casi, con tutte le implicazioni logistiche che questo comporta. Non è certo complicatissimo, ma rappresenta comunque un ostacolo ulteriore per chi non ha dimestichezza con i servizi online dell’Agenzia delle Entrate.

tot business

Concordato preventivo biennale, cambia il calcolo dell’acconto

Per chi ha aderito al concordato preventivo biennale il calcolo dell’acconto subisce alcune regole particolari. L’articolo 20 del Dlgs 13/2024 stabilisce che l’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP relativo ai periodi d’imposta oggetto del concordato deve essere determinato secondo le regole ordinarie. Ma tenendo conto dei redditi e dei valori concordati, con modalità diverse a seconda che il 2025 sia il primo o il secondo anno di adesione.

Per chi ha esercitato l’opzione per il biennio 2024-2025, il 2025 rappresenta il secondo anno di concordato. In questo caso l’acconto 2025 va calcolato utilizzando il reddito concordato per il 2024 come base imponibile, escludendo la parte assoggettata a imposta sostitutiva. Si applica il metodo storico ordinario (40% primo acconto, 60% secondo acconto), ma partendo dall’imposta calcolata sul reddito concordato 2024 rettificato secondo le disposizioni del decreto legislativo 13/2024. Non si applica alcuna maggiorazione dell’acconto nel secondo anno di adesione.

Diversamente, per chi aderirà al concordato per il biennio 2025-2026, il 2025 è il primo anno di concordato. In questo caso l’articolo 20, comma 2, del Dlgs 13/2024 prevede una maggiorazione dell’acconto. Occorre, dunque, aggiungere il 10% della differenza positiva tra il reddito concordato per il 2025 e il reddito 2024 (rettificato secondo le regole del decreto). Per l’IRAP la maggiorazione è pari al 3% della stessa differenza.

In altre parole, se il reddito concordato per il 2025 risulta superiore al reddito 2024, l’acconto da versare aumenta in misura proporzionale. Si tratta di un elemento di complessità ulteriore per i contribuenti che entrano nel concordato a partire dal 2025, perché il semplice calcolo ordinario dell’acconto non è più sufficiente e occorre applicare tali maggiorazioni.

Autore
Foto dell'autore

Giovanni Emmi

Dottore Commercialista

Commercialista dal 🧗🏾‍♀️secondo millennio, innovatore professionale nel terzo millennio🏃🏾‍♂️. Il futuro della professione del commercialista nel mio ultimo libro "dalla società alla rete tra professionisti".

Lascia un commento

Continua a leggere

Iscriviti alla Newsletter

Il meglio delle notizie di Partitaiva.it, per ricevere sempre le novità e i consigli su fisco, tasse, lavoro, economia, fintech e molto altro.

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.