Sui salari reali l’Italia è il Paese con l’andamento peggiore tra le economie Ocse. A dirlo è il report Employment Outlook 2025, che dimostra come – nonostante l’aumento nell’ultimo anno – all’inizio del 2025 i salari reali nel Belpaese fossero inferiori del 7,5% rispetto allo stesso periodo del 2021. L’invecchiamento della popolazione e la scarsa produttività non lasciano ben sperare, lieve l’incremento degli stipendi previsti nel biennio.
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Salari reali e stipendi: le previsioni per 2025 e 2026
A incidere sui salari reali, e quindi sulla capacità d’acquisto degli italiani, è stata soprattutto l’inflazione. L’aumento recente di parte degli stipendi, grazie al rinnovo di molti contratti collettivi, non è stato sufficiente a compensare la perdita di potere d’acquisto accumulata dal 2021 a oggi. Un dipendente su tre, poi, resta ancora coperto da un contratto collettivo scaduto.
Secondo le previsioni Ocse, i salari reali continueranno ad avanzare a rilento almeno per i prossimi due anni. Gli stipendi dei dipendenti, infatti, dovrebbero aumentare del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026, segnando una crescita inferiore alla maggior parte dei Paesi sviluppati. L’inflazione, invece, dovrebbe raggiungere il 2,2% nel 2025 e l’1,8% nel 2026.

Italia Paese di anziani, entro il 2060 -34% in età lavorativa: le politiche urgenti
Dal 2023 al 2060 la popolazione in età lavorativa dovrebbe scendere del 34%. Ci sarà un anziano a carico ogni 1,3 persone in età lavorativa, passando da un rapporto di 0,41 a 0,76. Scenderà del 5,1% il rapporto tra occupati e popolazione totale. Qualora la crescita della produttività del lavoro dovesse restare stabile al periodo antecedente alla pandemia, il PIL in Italia scenderebbe comunque ogni anno dello 0,67%.
L’Ocse, per stabilizzare il rapporto tra occupazione e popolazione o comunque per mitigare la decrescita o la crescita rallentata del PIL, consiglia di:
- incrementare l’occupazione dei lavoratori anziani;
- promuovere la parità di genere sul lavoro, colmando il gender gap di almeno due terzi;
- favorire l’immigrazione attivando canali regolari;
- aumentare la produttività dell’1%.
Queste misure consentirebbero di bilanciare l’impatto negativo dell’invecchiamento della popolazione – problema comune tra i Paesi sviluppati – e di far crescere annualmente il PIL pro capite dell’1,34%.

Mercato del lavoro e redditi: baby boomer i favoriti
A maggio 2025 la disoccupazione in Italia è salita al 6,5%, crescendo però meno dei maggio 2024 e del periodo precedente la pandemia, ma resta più alta della media Ocse del 4,9%. È aumentata l’occupazione totale dell’1,7%, che rimane inferiore alla media Ocse e che si prevede possa crescere dell’1,1% nel 2025 e dello 0,6% nel 2026.
Dal report emerge che negli ultimi trent’anni la fascia degli italiani di 55-64 anni abbia aumentato il proprio reddito in modo significativo, al contrario dei giovani. Nel 1995 il reddito familiare disponibile era superiore dell’1% per i giovani, ma nel 2016 i lavoratori più anziani hanno avuto redditi superiori del 13,8%.
I tassi di occupazione in Italia sono aumentati del 31,8% nella fascia 55-59 anni e del 25,7% nella fascia 60-64, più della media dei Paesi sviluppati, per effetto dell’innalzamento dell’età pensionabile. Inoltre l’età media di uscita dal mercato del lavoro resta inferiore a quella pensionabile. Il suggerimento dell’Ocse è di stimolare la domanda di lavoro e di far sì che i lavoratori restino occupabili a vita, combinando lavoro e reddito pensionistico per un pensionamento graduale. In Italia, però, sono soltanto il 9,9% i pensionati della fascia 50-69 anni che continuano a lavorare, rispetto a una media del 22,4% tra i Paesi Ocse.
A pesare è pure la percentuale di lavori fisicamente impegnativi, del 42%, mentre le occupazioni altamente qualificate che richiedono esperienza sono solo il 40%.

Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it