Il referendum per la riforma della giustizia 2026 chiamerà alle urne gli italiani per confermare o meno la riforma approvata dal parlamento. Il testo di revisione costituzionale infatti, non avendo ottenuto i due terzi dei voti in seconda lettura, dovrà essere sottoposta al giudizio dei cittadini previa raccolta firme.
Referendum giustizia 2026: la data
Dal momento della pubblicazione in Gazzetta ufficiale – secondo la legge n.352 del 1970 – ci saranno tre mesi di tempo per raccogliere le firme necessarie per chiedere il referendum: serviranno un quinto dei membri di una Camera (80 deputati o 41 senatori), 500 mila elettori o cinque Consigli regionali.
Dopodiché le firme passeranno alla Cassazione che deve decidere in almeno 30 giorni. Dopo l’ok dei giudici, in assenza di irregolarità da sistemare, il presidente della Repubblica – con decreto approvato dal Consiglio dei ministri – fisserà la data entro 60 giorni. Il voto sarà in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’annuncio del presidente. La data rientrerà presumibilmente tra la fine di marzo e l’inizio aprile.
Come funziona il referendum confermativo sulla giustizia
A differenza del referendum abrogativo, l’altro strumento di democrazia diretta che ha come obiettivo l’eliminazione di una o di parte di una legge, il referendum confermativo non prevede l’obbligo di raggiungimento del quorum (50% +1) degli aventi diritto al voto. Dunque, sarà valido a prescindere dall’affluenza alle urne e il risultato corrisponderà a ciò che avrà espresso la maggioranza relativa dei voti validi.
Il quesito posto ai cittadini sarà riportato su una scheda che riporta come oggetto la legge costituzionale. In questo caso, la riforma della giustizia e della separazione delle carriere dei magistrati. Le opzioni di voto sono due: “sì” per confermare la legge (farla entrare in vigore), “no” per respingerla. La legge costituzionale sottoposta a referendum entra in vigore se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi.












Redazione
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