L’Europa, grazie alle sue economie diversificare, offre numerose opportunità per chi ha intenzione di aprire una nuova impresa: alcuni Paesi UE, in particolare, presentano un costo del lavoro più basso per gli imprenditori, maggiori agevolazioni fiscali e miglior rendimento delle attività nel tempo. In alcune zone, inoltre, esistono procedure di registrazione semplificate, politiche fiscali favorevoli per gli investitori, un fiorente ecosistema di startup e un ampio supporto governativo.
Partitaiva.it ha analizzato gli ultimi dati Eurostat per capire quali sono i Paesi UE con il costo del lavoro più basso e dove conviene aprire nuove attività.
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Qual è il costo medio del lavoro nei Paesi UE?
Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2024 il costo medio del lavoro nei Paesi UE è stato di 33,5 euro, in aumento rispetto al 2023 (31,9 euro): tra i Paesi con il costo del lavoro più basso c’erano la Bulgaria con 10,6 euro, la Romania con 12,5 euro e l’Ungheria con 14,1 euro.
L’Italia si trova poco al di sotto della media UE, con 29,4 euro, un valore che è comunque 3-4 volte più alto rispetto ai due Paesi meno cari: Bulgaria e Romania.
“Quando parliamo di Bulgaria e Romania, è vero che sono i due Paesi UE con il costo del lavoro più basso, però il punto interessante non è solo quanto si paga, ma come è costruito il costo del lavoro”, spiega a Partitaiva.it il commercialista Giovanni Emmi.
Aprire un’attività in Romania: vantaggi e svantaggi
“In Romania gran parte del peso previdenziale e sanitario grava sul lavoratore”, continua. Questo potrebbe essere un vantaggio per aspiranti imprenditori o per coloro che hanno intenzione di avviare un’attività imprenditoriale in questo Paese.
“Per fare un esempio, su un salario lordo, il dipendente si trova con contributi sociali complessivi nell’ordine del 35%, più un 10% di imposta sul reddito. Il datore di lavoro, invece, nella situazione standard paga solo un 2,25% circa, a cui si aggiungono eventualmente aliquote ulteriori per i lavori usuranti”, aggiunge l’esperto.
Ciò significa che la distanza tra il lordo e il costo azienda è minima: chi intende garantire un netto competitivo al lavoratore può – su suggerimento di Emmi – gonfiare il lordo, perché il cuneo sta tutto dalla sua parte.
Perché conviene aprire un’impresa in Bulgaria?
A primo impatto, si potrebbe pensare che il basso costo del lavoro della Bulgaria equivalga a basse capacità produttive. In realtà, questo Paese ha un vantaggio competitivo e strategico che pochi imprenditori conoscono: i curriculum tecnici sono in aumento e con essi anche il numero di lavoratori specializzati in particolari settori.
Un altro vantaggio per gli imprenditori riguarda i contributi previdenziali: per la maggior parte dei datori di lavoro, il rapporto tra costo totale e salario netto è gestibile, con meno spese impreviste rispetto ai Paesi ad alta tassazione. “Il carico contributivo complessivo si aggira intorno al 32–33% del lordo, ma ripartito in modo più bilanciato: circa un 19% a carico del datore di lavoro e un 14% a carico del dipendente – fa sapere il commercialista -. E grazie al tetto contributivo sulla base imponibile, il sistema bulgaro diventa particolarmente efficiente quando parliamo di stipendi medio-alti”.
Infine, in Bulgaria anche i salari sono in crescita: nel 2023 le retribuzioni medie mensili sono aumentate del 14% e si prevedono ulteriori aumenti anche per il 2025. Nonostante questo, il vero problema è l’emigrazione dei talenti.
Paesi UE più convenienti per aspiranti imprenditori
Al di là del costo del lavoro, che in Bulgaria e Romania è particolarmente basso, gli aspiranti imprenditori che intendono avviare nuove attività possono considerare anche quei Paesi che presentano maggiori incentivi, minore tassazione e burocrazia più snella.
Se allarghiamo lo sguardo al resto dell’Unione, oltre a Bulgaria e Romania, troviamo una serie di Paesi che restano effettivamente competitivi in termini di costo del lavoro. “L’Ungheria è il primo nome che viene in mente – prosegue Giovanni Emmi –. Il costo orario medio è intorno ai 14 euro, quindi ancora nettamente sotto la media europea. Subito dopo troviamo Lituania, Lettonia, Croazia, Slovacchia, che si collocano tutte nella fascia bassa dei costi UE”.
Il caso della Polonia
La Polonia, secondo l’esperto, merita un discorso a parte: qui il costo del lavoro è più alto rispetto a Bulgaria e Romania, però rimane inferiore alla media UE e, soprattutto, è accompagnato da un quadro fiscale che favorisce molto gli utili reinvestiti in azienda.
“Questo fa sì che, per certi modelli di business più capital intensive o orientati alla crescita di lungo periodo, la Polonia possa essere più interessante rispetto a Paesi che sulla carta costano un po’ meno ma offrono meno strumenti sul piano societario e fiscale”, precisa l’esperto.
Fattori da considerare prima di aprire un’attività
Le voci che fanno davvero la differenza quando si ha intenzione di aprire una nuova attività sono parecchie: il livello dei salari lordi, il peso degli oneri non salariali a carico del datore di lavoro e l’esistenza di meccanismi come i tetti contributivi o regimi speciali. Bisogna dunque considerare anche la qualità istituzionale, cioè quanto sono solide le istituzioni e quanto è percepito il rischio di corruzione, la stabilità normativa e fiscale, nonché la dinamica dei costi.
“Romania e Bulgaria sono ancora nella parte bassa della classifica europea sulla qualità istituzionale, e l’Ungheria addirittura è il fanalino di coda in termini di percezione della corruzione. Al contrario, Paesi come Lituania e Polonia offrono un livello di rule of law e di prevedibilità amministrativa decisamente migliore, e questo, per un investitore che ragiona a 5–10 anni, vale quasi quanto qualche euro in meno all’ora sul costo del lavoro – spiega Emmi -. Sul fronte fiscale, la Romania in questo momento è in una fase di iperattività legislativa, che rende difficile la pianificazione nel medio periodo. La Bulgaria, invece, ha mantenuto finora un impianto molto stabile: flat tax al 10% per società e persone fisiche, regole relativamente semplici, poche sorprese”.
Se si guarda soltanto il costo del lavoro, difficile fare previsioni a lungo termine. “Gli aumenti del costo orario del lavoro negli ultimi anni sono a doppia cifra proprio nei Paesi che consideriamo ‘low cost’ (Romania, Bulgaria, Ungheria, Polonia, Paesi baltici) – continua l’esperto –. Questo significa che quello che oggi appare molto economico potrebbe non esserlo più fra tre o cinque anni”.
Dove aprire un’attività imprenditoriale in UE?
Bilanciando i diversi aspetti, la scelta migliore per gli aspiranti imprenditori risiederebbe proprio nella Bulgaria. “Oggi offre probabilmente il miglior compromesso tra costo del lavoro, stabilità fiscale e prevedibilità – conclude il commerialista -. Romania e Ungheria si possono considerare nella scelta, ma con un profilo di rischio politico-fiscale più elevato. Lituania e Polonia costano un po’ di più, ma restituiscono un ambiente normativo più solido e prevedibile. La scelta, alla fine, è sempre una trade-off tra costo immediato e rischio di medio periodo”.















Laura Pellegrini
Giornalista e content editor