Ricordate quando Giorgia Meloni sosteneva che la pressione fiscale aumentasse in Italia per effetto dell’aumento dell’occupazione? Esperti (e non) avevano sottolineato il suo errore, spiegando il fenomeno del fiscal drag. Ma la premier adesso ci ritenta. Alla Camera, in occasione del dibattito sulle comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo, si cimenta nuovamente in un’analisi sulla povertà e sulla pressione fiscale in Italia. I numeri non tornano e si eludono quelli scomodi. In aula si eleva il chiacchiericcio, Meloni ne fa una questione di ignoranza: “Le cose o si dicono come stanno, o si studiano se non si sanno”. Ma lo cherry picking è pericoloso per la democrazia.
Indice
La povertà in Italia non diminuisce con la destra, aumenta dal 2014
“Nel 2024 l’Istat certifica la povertà assoluta all’8,4%. Ma quando noi ci siamo insediati era sostanzialmente in linea”, ha detto, citando correttamente i dati, prima di attaccare l’opposizione. “Dov’è che c’è stato invece il balzo della povertà assoluta? Tra il 2021 e il 2022. Nel 2021 era al 7,7%, nel 2022 era arrivata all’8,3%. Se noi stiamo moltiplicando la povertà, non mi pare che andasse meglio quando c’erano altri al governo”, ha continuato.
Queste informazioni tacciono delle evidenze fondamentali. La prima tra tutti è il fatto che gli ultimi numeri dell’Istat dimostrano che la povertà assoluta sia aumentata sempre dal 2014 al 2024, ad eccezione del 2019 per effetto del reddito di cittadinanza che il governo Meloni ha cancellato. Dal 2014 al 2024, inoltre, la maggioranza è stata spesso composta da Lega e Forza Italia, che – assieme a Fratelli d’Italia – la rappresentano ancora oggi.
Nel 2023, poi, la povertà è salita all’8,4% e i due anni precedenti non possono essere presi a campione, in quanto duramente segnati dal Covid. Basti pensare alle chiusure forzate delle attività che hanno messo in ginocchio interi settori.
L’eccezione del periodo pandemico
Il periodo pandemico non viene quasi mai utilizzato dagli statisti per tracciare i contorni dei fenomeni, perché restituisce dati fuorvianti. Ma a chi ha osato sollevare quest’obiezione ha risposto che l’opposizione abbia “sempre un sacco di giustificazioni” e che anche adesso ci siano “due guerre e una situazione molto complessa, e molte meno risorse da gestire”. Come se le chiusure forzate, i dipendenti in cassa integrazione e il blocco della domanda – oltre all’incertezza pressoché totale del mercato e i divieti di spostamento – potessero essere messi a paragone.
Oggi non c’è proprio nulla da festeggiare: persino il rapporto BES 2025 suggerisce che il rischio di povertà sia ancora alto e sopra la media UE. Senza considerare le condizioni di svantaggio legate al genere e al gap Nord-Sud.
Vale anche la pena citare il 59° rapporto del CENSIS, che dimostra come la ricchezza in Italia sia calata dell’8,5% tra il 2011 e il 2025, colpendo soprattutto il ceto medio e le fasce più povere della popolazione. In controtendenza il 10% delle famiglie più ricche, che ha migliorato le proprie finanze negli stessi anni (+5,9%). Il 60% della ricchezza nazionale si concentra nel 10% delle famiglie più abbienti.
La pressione fiscale aumenta perché aumenta il gettito? Sì, ma non in Italia
“La pressione fiscale sale perché sale il gettito fiscale, certo. Ma il gettito fiscale non sale solamente nel caso in cui aumentano le tasse sui lavoratori e sulle famiglie. Le ragioni per cui il gettito fiscale aumenta sono molte, tra cui per esempio il fatto che oggi lavora un milione di persone in più che pagano le tasse, e il record della lotta all’evasione fiscale”, ha continuato.
Il principio citato dalla premier non è errato: la pressione fiscale valuta il gettito (gli incassi effettivi dello Stato) in rapporto al PIL. Ma è anche vero che se il PIL cresce, la pressione fiscale si abbassa.
Fiscal drag, una lezione già affrontata su cui Meloni è (ancora) impreparata
La connessione tra aumento degli occupati e aumento della pressione fiscale è fuorviante: gli occupati non pagano solo le tasse, aumentano anche il prodotto interno lodo (PIL). La presidente del Consiglio aveva già provato lo scorso marzo ad avanzare un’analisi sulle cause dell’aumento della pressione fiscale, sostenendo che crescesse per effetto di una maggiore performance sull’occupazione. Partitaiva.it aveva spiegato – alla stregua degli esperti e di alcuni parlamentari – che fosse dovuto al fiscal drag, ovvero all’aumento implicito delle imposte per effetto dell’inflazione.
Tuttavia, imperterrita Meloni ha provato a riportare, otto mesi dopo, lo stesso argomento cambiando le parole, ma sostenendo che siano gli altri a dover studiare.
Il record dell’evasione fiscale: merito del governo Meloni?
Tra gli argomenti citati dalla presidente del Consiglio c’è il record nella lotta all’evasione fiscale. Quest’informazione è vera, ma non può essere pensata come merito del governo. La crescita del recupero è un processo iniziato già nel 2022, quando l’Agenzia delle Entrate parlava di record dopo il rallentamento dovuto al Covid-19.
Anche su questo, però, non si dovrebbe festeggiare: nell’ambito della revisione del PNRR, nel documento inviato dall’Italia alla Commissione europea gli obiettivi del contrasto all’evasione vengono alleggeriti. La ragione? Nel 2024 i dati si sono rivelati peggiori delle attese. La milestone M1C1-121 puntava a ridurre l’evasione del 15% entro il 2024, un dato già al ribasso rispetto al 18,5% inizialmente previsto.










Ivana Zimbone
Direttrice responsabile