Deficit al 3% già nel 2025, Italia si prepara a uscire dalla procedura di infrazione UE

Come l'Italia si sta preparando a uscire dalla procedura di infrazione UE e quali sono le conseguenze per la prossima Manovra 2026.

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Deficit Italia Ue al 3

Nel pomeriggio di giovedì 2 ottobre, è atteso in consiglio dei ministri il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP), il testo ufficiale con cui l’Italia comunica all’Unione europea le sue previsioni di bilancio per l’anno prossimo. L’informazione centrale contenuta in questo documento riguarda la previsione del deficit di bilancio, che l’Italia si impegna a mantenere pari al 3% del PIL già nel 2025.

La svolta del deficit al 3%, un obiettivo (quasi) raggiunto

Il raggiungimento della soglia del 3% non è solo un numero, ma rappresenta propria svolta strategica nelle relazioni tra Italia e Unione Europea.

Raggiungere la soglia del 3% è infatti il requisito fondamentale per l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione. Questo traguardo, che si concretizzerà formalmente entro la primavera del 2026, comporta benefici diretti per il policy-making nazionale, quali:

  • la riconquista dell’autonomia, poiché così facendo l’Italia non sarà più sotto la sorveglianza speciale di Bruxelles, ottenendo maggiore discrezionalità nella gestione della propria politica fiscale;
  • una maggiore flessibilità di bilancio. L’uscita dalla procedura permette l’accesso a strumenti di bilancio più flessibili, essenziali per programmare investimenti strategici nel medio-lungo periodo (ad esempio, le spese per la Difesa potranno essere sterilizzate dai conti grazie alle clausole UE).

Tuttavia, il Documento di Finanza (DPFP) chiarisce che il risanamento è stato dettato da un effetto “automatico” del bilancio – ovvero maggiori entrate e minori spese – e non da una disponibilità strutturale di risorse aggiuntive. Queste risorse sono per la maggior parte vincolate alla prioritaria riduzione del disavanzo e del debito pregresso. Di conseguenza, i margini di manovra per le nuove misure nella prossima legge di Bilancio restano estremamente ridotti.

Quali le misure al vaglio del Governo

Con risorse limitate a pochi miliardi, la Legge di Bilancio si concentrerà inevitabilmente su poche, ma significative, riforme, con il Fisco che farà la parte del leone.

Il capitolo più rilevante è la riforma Irpef, che prevede la riduzione dell’aliquota dal 35% al 33% per i redditi compresi tra i 28.000 e i 50.000 euro. Questo intervento, che mira a dare sollievo al cosiddetto ceto medio, porterebbe un beneficio potenziale fino a 440 euro annui per i lavoratori interessati. Tuttavia, per coprire interamente il nuovo modulo della riforma IRPEF servirebbero tra i 3 e i 4 miliardi di euro, una cifra che richiederà di reperire nuove coperture o di sterilizzare l’effetto degli sgravi sui redditi più elevati per contenere la spesa.

Accanto all’Irpef, il Governo punta su una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali. Questa misura, sempre popolare, permetterebbe ai contribuenti di sanare vecchie pendenze con il Fisco, ipotizzando rateizzazioni fino a un massimo di otto anni, con importi costanti non inferiori ai 50 euro mensili, garantendo allo Stato un gettito immediato, seppur una tantum.

I margini ristretti si riflettono anche su altre importanti richieste che riguardano, per esempio, l’incremento del fondo sanitario di 2-3 miliardi (cifra che dovrà competere con le altre priorità), le risorse per i rinnovi dei contratti, in particolare per gli enti locali e quelle promesse per il terzo settore.

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