Dopo i continui record positivi, martedì 21 ottobre il crollo dell’oro più brusco dal 2013. Il metallo prezioso, considerato da sempre il bene rifugio per eccellenza nei periodi di crisi, ha registrato un aumento di circa il 50% solo nel 2025, superando i 4.000 dollari l’oncia. Il crollo del 5,5% in una singola seduta di contrattazione, tuttavia, ha sorpreso i mercati globali. Si tratta ancora di un buon investimento?
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Le cause del crollo dell’oro
In poche ore la quotazione dell’oro è passata da 4.380 a 4.116-4.126 dollari l’oncia. Gli analisti delle più importanti istituzioni finanziarie suggeriscono che si tratti di una “correzione tecnica” a seguito della crescita eccessiva registrata nel 2025. Non si tratterebbe, dunque, di una tendenza al ribasso. La domanda resta , anche a seguito della volontà di trovare investire in beni che non dipendano dal dollaro statunitense.
Ma c’è anche chi ipotizza che il crollo dell’oro sia stato influenzato dal dirottamento di parte dei capitali verso le criptovalute, traendo tuttavia le medesime conclusioni: l’oro resta un bene rifugio piuttosto sicuro. A confermarlo la, seppur lenta, ripresa immediata che oggi è dell’1,75%.
Quali sono le dinamiche che hanno spinto i prezzi dell’oro in rialzo
Il 2025 è stato un anno complesso per gli investimenti e certamente fortunato per l’oro. Con i dazi commerciali imposti da Trump, le tensioni in Medio Oriente e l’inflazione elevata, i mercati sono diventati sempre più volatili e l’oro è tornato a salire. Questo perché ogni shock geopolitico ha spinto gli investitori verso i metalli preziosi, alimentando la domanda.
Anche le aspettative sul taglio dei tassi da parte della Federal Reserve (FED) per fronteggiare il rallentamento economico hanno fornito un sostegno costante al prezzo. Tradizionalmente, infatti, l’oro ha una relazione inversa con i tassi di interesse reali. Pertanto, quando i tassi reali scendono o si prevede che scenderanno, l’oro (che non paga interessi) diventa più attraente rispetto ai titoli di Stato.
Rialzo dell’oro: bene rifugio o bolla speculativa?
L’oro continua a performare bene nei periodi di forte incertezza macroeconomica e geopolitica, confermando la sua utilità come hedge (copertura) contro l’instabilità. Secondo i dati del World Gold Council (WGC), per esempio, durante gli anni della crisi finanziaria globale, che vanno dal 2008 al 2011, il suo valore è aumentato dell’80%. E ancora, nei primi anni della pandemia da Covid, ha toccato uno dei suoi massimi storici, raggiungendo il prezzo di 2.075,47 dollari l’oncia.
Pertanto, i recenti picchi (così come i rapidi crolli), suggeriscono che una parte significativa del prezzo attuale sia influenzata da investimenti a breve termine, ovvero soldi che entrano ed escono rapidamente dal mercato, in determinati momenti (di instabilità e crisi). Analisti di banche come ANZ, JPMorgan e Goldman Sachs spesso sottolineano nei loro report che i picchi di prezzo dell’oro sono stati causati da un posizionamento speculativo, ovvero per un eccesso di scommesse degli investitori, non da un reale cambiamento economico di lungo periodo.
Di tutt’altro parere Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, che al recente Greenwich Economic Forum ha suggerito una quota fino al 15% del portafoglio in oro, convinto che il metallo rimanga “una polizza assicurativa contro l’imprevedibilità sistemica”. Anche Mark Haefele (di UBS) mantiene una visione positiva sull’oro, considerandolo ancora “una economici e geopolitici”, ma raccomanda un’esposizione contenuta, a una sola cifra percentuale del portafoglio.
Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it