Come cambiano le pensioni nel 2026? Addio quota 103, in pensione a 64 anni

L'importo minimo potrebbe salire a 3,2 volte l'assegno sociale.

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Nel 2026 si preannuncia una svolta sulle pensioni. Il governo sembra orientato ad archiviare definitivamente la quota 103, attualmente nel sistema pensionistico italiano. A rischio anche l’Opzione donna. Come confermato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon a La Repubblica, si apre concretamente l’ipotesi di andare in pensione a 64 anni.

Secondo i dati diffusi dal report del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps (CIV) , le domande di pensione anticipata nel 2024 sono state 15 mila, ma solo poco più di 1.100 pensioni sono state effettivamente liquidate. E si prevede un ulteriore calo per il 2025. Questa una delle ragioni per cui il governo intende riformare le pensioni nel 2026.

Pensioni con quota 103 in calo: le motivazioni

A rallentare le uscite anticipate e a ridurre l’appeal della quota 103 sono diversi fattori: il calcolo contributivo dell’assegno, spesso inferiore a quello ottenibile con il regime ordinario; l’allungamento delle finestre mobili, (fino a 7 mesi per i dipendenti privati, 9 per quelli pubblici); il requisito contributivo difficilmente raggiungibile da molti, in particolare le donne e i lavoratori con carriere discontinue. Con il termine “finestre mobili” si indica il tempo che intercorre tra la maturazione del diritto alla pensione e l’effettiva riscossione dell’assegno.

L’assegno pensionistico viene calcolato interamente con il sistema contributivo, che di solito risulta meno favorevole rispetto ai metodi retributivo o misto, rendendolo quindi un po’ penalizzante. Fino a quando non si compiono 67 anni, c’è anche un limite massimo all’importo che si può ricevere, fissato a quattro volte il trattamento minimo (circa 2.413,60 euro al mese nel 2025).

Quota 103, chi può usufruirne e come funziona

Questa misura è stata introdotta dal governo con l’obiettivo di superare la quota 102 e consente ai lavoratori di lasciare il lavoro prima rispetto ai requisiti standard, oggi fissati a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, anche per i titolari di partita IVA. Il sistema prevede l’accesso alla pensione con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, da maturare entro la fine del 2025.

Possono beneficiarne i lavoratori dipendenti e autonomi, sia del settore pubblico che privato, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle sue forme esclusive, sostitutive, nonché alla Gestione separata INPS. Restano esclusi, invece, i lavoratori delle forze armate, della polizia, vigili del fuoco e guardia di finanza, per i quali continuano a valere regole specifiche.

Ai fini del calcolo dei contributi richiesti, sono considerati validi tutti i versamenti effettuati, obbligatori, volontari, da riscatto o figurativi, a patto che il lavoratore possa vantare almeno 35 anni effettivi al netto di periodi di malattia o disoccupazione. È inoltre possibile cumulare gratuitamente i versamenti in più gestioni Inps, a condizione che il richiedente non sia già titolare di un’altra pensione diretta.

L’erogazione dell’assegno non è immediata: come già anticipato, la decorrenza è legata a una finestra mobile di sette mesi per i lavoratori del settore privato e autonomi, e di nove mesi per quelli del pubblico impiego.

I redditi cumulabili

Inoltre, la pensione quota 103 non è cumulabile con i redditi di lavoro dipendente o autonomo di qualsiasi entità. L’incumulabilità riguarda i redditi percepiti dopo la decorrenza della pensione e vale fino alla data di compimento dell’età pensionabile (67 anni o eventuali età pensionabili diverse vigenti nel fondo pensionistico di appartenenza). Invece, è cumulabile con:

  • i redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000,00 euro lordi annui;
  • il compenso erogato per le prestazioni occasionali a tempo determinato di durata non superiore a 45 giornate annue nel settore agricolo;
  • le indennità percepite dagli amministratori locali o, comunque, connesse a cariche pubbliche elettive; 
  • i redditi di impresa o partecipazioni agli utili non connessi ad attività lavorativa;
  • i compensi percepiti per la funzione sacerdotale;
  • l’indennità sostitutiva di preavviso;
  • i redditi derivanti da attività socialmente utili svolte da anziani nell’ambito di programmi di reinserimento;
  • le indennità di trasferta, i rimborsi per le spese di viaggio, di alloggio e di vitto che non concorrono a formare il reddito Irpef e l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale.

Opzione donna, rischia l’eliminazione con la riforma delle pensioni 2026

Crollano anche le pensioni liquidate con l’Opzione donna. In questo caso, oltre ai 35 anni di contributi richiesti, è necessario aver compiuto 61 anni d’età, con una riduzione di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due (quindi 60 anni con un figlio, 59 anni con due o più figli). Per le lavoratrici licenziate, il requisito anagrafico è fissato a 59 anni. Ma non basta, perché ora è necessario rientrare anche in una delle seguenti categorie aggiuntive:

  • essere caregiver da almeno sei mesi di un familiare convivente con disabilità grave;
  • avere un’invalidità civile riconosciuta pari o superiore al 74%, oppure essere state licenziate o dipendenti di aziende in crisi.

Nel primo semestre del 2025 le richieste sono state appena 1.134, quasi la metà (468) con meno di 1.000 euro al mese. Nel 2024 erano state nel complesso 3.590, numero già in calo rispetto agli anni precedenti. 

Riforma pensioni 2026, le ipotesi

La quota 103 potrebbe essere sostituita da un modello più sostenibile e flessibile con un riforma delle pensioni nel 2026. Una delle ipotesi principali è la pensione anticipata a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, attualmente riservata ai lavoratori integralmente contributivi, cioè assunti dopo il 1995, con un assegno minimo pari a 3 volte l’assegno sociale. La soglia richiesta potrebbe crescere a 30 anni di contributi entro il 2030 e l’importo minimo salire a 3,2 volte l’assegno sociale

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Cristina Siciliano

Giornalista e scrittrice

Giornalista pubblicista, classe ‘97, con una solida formazione classica. Dopo la laurea conseguita con lode in Filologia Moderna, ho frequentato un Master in giornalismo politico-economico multimediale presso la 24ORE Business School. Ho collaborato con testate nazionali, come Leggo.it, e locali. Sono autrice del libro Breviario del silenzio: tra anima e parole, edito da Affiori, marchio di Giulio Perrone Editore.

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