Ogni giorno sono tanti i professionisti che viaggiano e si spostano per motivi di lavoro. Ed è proprio su di loro che l’aumento dei pedaggi autostradali graverebbe di più. Il rischio di rincari è oggi concreto: una recente sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il rinvio degli adeguamenti delle tariffe autostradali per gli anni dal 2020 al 2023. Ma cosa c’entra il blocco delle tariffe avvenuto cinque anni fa con un potenziale innalzamento dei prezzi oggi? Le società di gestione autostradale ora hanno la facoltà di richiedere l’applicazione degli aumenti tariffari che erano stati sospesi.
Ci sarà un aumento dei pedaggi autostradali?
La sentenza non comporta un aumento automatico dei pedaggi, ma cambia le regole. Nello specifico, d’ora in avanti i concessionari potranno tornare ad applicare, previa approvazione ministeriale, gli aggiornamenti previsti dai contratti, che tengono conto di inflazione, investimenti e qualità del servizio.
Se nel breve periodo è molto probabile che i pedaggi restino invariati, nel medio termine (2026–2027) si potrebbero registrare ritocchi verso l’alto, soprattutto per recuperare le perdite accumulate negli anni del blocco. Non si tratta di un aumento “retroattivo”, ma piuttosto di un riallineamento tariffario per adeguare i prezzi all’inflazione. Di questo fattore, infatti, si terrà conto nelle prossime revisioni annuali di aggiornamento e adeguamento delle tariffe autostradali
Il ministero può impedire gli aumenti?
Tradizionalmente, i contratti di concessione tra lo Stato e le singole società autostradali (i concessionari) prevedono una revisione delle tariffe (generalmente con efficacia dal 1° gennaio di ogni anno). Funziona così: ogni anno, i concessionari presentano al ministero dei Trasporti e all’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) una proposta di aggiornamento. Il MIT però, dopo aver verificato i dati, approva o modifica la proposta e può anche rifiutare l’aumento, giustificandolo con provati motivi tecnici.
Negli scorsi anni (i citati anni che vanno dal 2018 al 2023), il Governo ha più volte bloccato gli aumenti dei pedaggi autostradali tramite decreti legge o delibere ministeriali, ricorrendo a varie motivazioni, come il contrasto della spinta inflazionistica. Questo, dopo che la Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 42 del 15 ottobre 2025, non è più possibile. Perché non si possono più bloccare tutti i pedaggi insieme, con una norma generale e ogni concessione va valutata caso per caso, sulla base del contratto e dei dati economici. Quindi, solo il ministero e l’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) possono decidere, con motivazioni tecniche, se approvare, ridurre o rifiutare un aumento. Ogni altro intervento sarebbe, di contro, incostituzionale.
Redazione
Il team editoriale di Partitaiva.it