Lo stipendio di un architetto è mediamente di 37.398 euro in Italia ma con importanti differenze tra Nord, Centro e Sud. A Bolzano, ad esempio, si può arrivare a 66.262 euro l’anno, mentre nel Medio Campidano a 18.991 euro. A determinare i compensi, poi, sarebbe persino il sesso, confermando il gap di genere. Partitaiva.it ha analizzato i dati più aggiornati del settore per individuare le sfide e le opportunità.
Accanto alla necessità di adeguarsi alle nuove tecnologie, alle difficoltà strutturali e alla suscettibilità della categoria ai controlli da parte delle autorità fiscali italiane, esistono “isole felici” e condizioni specifiche che aiutano i professionisti a essere sempre competitivi sul mercato.
Indice
- Stipendio architetto in Italia: da 18.991 a 75.253 euro, la classifica delle regioni
- Architetti, lo stipendio di liberi professionisti e dipendenti privati o pubblici a confronto
- Architetto o architetta? Le differenze di genere sullo stipendio, dall’ingresso alla pensione
- Mancano architetti CTU nei tribunali: “Compensi inadeguati”
Stipendio architetto in Italia: da 18.991 a 75.253 euro, la classifica delle regioni
Quanto guadagna un architetto? Fino a 75.253 in Trentino Alto Adige e soltanto 36.523 in Calabria, secondo un’indagine condotta dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti. Ciò dipende pure dal numero di iscritti all’Albo regionale, considerando che su 160.423 professionisti al 2024, il 44% si trova al Nord, il 23% al Centro e il resto nel Sud e nelle Isole.
La Valle d’Aosta, ad esempio, conta appena 265 architetti e ciascuno di loro ha dichiarato nel 2023 un reddito medio di 50.117 euro. Catania, invece, è la seconda provincia siciliana con il maggior numero di architetti iscritti all’Albo. Tuttavia, il loro reddito medio è tra i più bassi a livello regionale e nazionale. Poi c’è Lombardia che conta il numero più alto d’Italia di professionisti, ben 19.409: per loro in media quasi 44.000 euro l’anno.
Dove guadagna di più un architetto? Ecco la classifica delle 5 regioni italiane in cui lo stipendio è più alto:
- Trentino Alto Adige (75.253 euro);
- Valle d’Aosta (71.798 euro);
- Umbria (61.035 euro);
- Marche (59.113 euro);
- Emilia Romagna (58.628 euro).
L’accessibilità alle nuove tecnologie e il caso Catania, tra abusivismo e carenza di commesse pubbliche
Nella città etnea gli architetti non sembrano trovar fortuna e le cause sarebbero molteplici, secondo Laura Santagati, architetta che esercita la professione da quindici anni e che è passata dal capoluogo etneo a Bologna:
“Innanzitutto nella provincia etnea scarseggiano le grandi commesse pubbliche e le opportunità di lavoro stabile attraverso bandi e incarichi istituzionali. Molti architetti operano quasi esclusivamente nel settore privato, dove i budget sono contenuti, la cultura del progetto è spesso marginale e la concorrenza al ribasso. Ciò accade in un mercato già poco cooperativo, dove vige l’assenza di reti professionali solide e forme di aggregazione che consentano di affrontare incarichi più complessi”.
Da non sottovalutare, poi, il peso della concorrenza degli operatori abusivi o non regolarmente iscritti, che offrono prestazioni a prezzi irrisori, contribuendo a svalutare la professione. Tutto ciò rende difficile, soprattutto ai più giovani, la costruzione di una carriera sostenibile:
“È indispensabile che le istituzioni riconoscano il ruolo centrale dell’architetto – che non è un’esercitazione estetica, ma un atto di responsabilità verso lo spazio comune – nei processi di trasformazione urbana sostenibile e incentivino un mercato più sano, equo e trasparente”.
Secondo la professionista, l’aggiornamento tecnologico, con l’uso di strumenti come BIM e rendering avanzati difficilmente sostenibili per chi lavora in autonomia, dovrebbe essere reso accessibile a tutti. A far ben sperare, tuttavia, la crescente attenzione alla sostenibilità e la crescita delle richieste di progetti integrati a basso impatto.
Architetti, lo stipendio di liberi professionisti e dipendenti privati o pubblici a confronto
Case, palazzi, strutture urbane come piazze, ponti, negozi, ma anche ristrutturazioni di un singolo ambiente: la professione dell’architetto fa rima con competenza, versatilità, estro, creatività, ma anche con compenso variabile in funzione dell’esperienza e dell’inquadramento contrattuale.
Secondo Obiettivolavoro.it, ad esempio, in media un libero professionista guadagna tra i 20.000 e i 40.000 euro annui ma nei primi anni di attività le cifre possono essere più basse.
I dipendenti di privati, che lavorano per studi o aziende di design, hanno uno stipendio iniziale di 1.200-1.800 euro netti al mese, che possono lievitare con l’esperienza, soprattutto all’interno di studi prestigiosi.
Gli architetti con contratto da dipendenti pubblici, che lavorano per conto di enti pubblici, come comuni o ministeri, hanno uno stipendio base tra i 22.000 e i 30.000 euro annui, con possibilità di aumenti grazie all’anzianità e all’ottenimento di incarichi dirigenziali. Per verificare le opportunità offerte dalla pubblica amministrazione, in tempo reale, basta consultare il portale dedicato.
Architetto o architetta? Le differenze di genere sullo stipendio, dall’ingresso alla pensione
Il 44%,2 degli architetti iscritti all’Albo è donna e le architette iscritte a Inarcassa sono il 40,6%, in esponenziale crescita, se si considera che nel 2000 erano appena il 29%. La regione con il numero più alto di iscritte alla cassa è la Lombardia, con 8.499 (il 44,2% delle iscritte all’Albo regionale), mentre quella con il numero più basso è la Valle d’Aosta, con 104 iscritte su 265 presenti nei registri dell’Albo.
La Lombardia è anche la regione con il numero più alto di professionisti uomini (quasi 11mila). La Valle d’Aosta ne conta appena 161. La componente maschile è più numerosa nella fascia d’età che va dai 65 anni in su. Nella fascia di età fino ai 30 anni, invece, gli uomini sono appena il 39% del totale.
Il gap di genere impedisce alle donne architetto di cogliere opportunità alla stessa maniera dei colleghi uomini e vede i due sessi lavorare in condizioni che non sono mai le medesime:
“Nonostante il numero crescente di donne nel settore, persistono stereotipi radicati che tendono ad attribuire agli uomini una maggiore autorevolezza, soprattutto nei ruoli tecnici e decisionali – fa sapere Santagati –. Ogni giorno mi confronto con pregiudizi culturali che limitano spesso l’accesso delle donne a incarichi di maggiore responsabilità, a opportunità di crescita e, talvolta, a una piena equità retributiva. A questo si aggiunge la difficoltà di conciliare lavoro e vita privata: la libera professione richiede grande flessibilità, disponibilità costante e carichi di lavoro spesso imprevedibili, condizioni che per molte donne, soprattutto in assenza di un sistema di supporto adeguato, possono diventare un ostacolo reale”.
Le differenze di retribuzione (quasi 45 mila euro per gli uomini a fronte di 26.829 per le donne, riporta l’indagine Inarcassa) permangono fino alla pensione. 48.240 è il numero di pensioni erogate nel 2024 da Inarcassa, contro le 16.369 erogate al 2010: quelle degli uomini sono quasi 36 mila, mentre quelle delle donne appena 12.394; gli assegni delle donne sono mediamente di 15 mila euro l’anno, contro i 22.681 euro che vanno ai colleghi uomini.
Differenze macroscopiche sugli importi si evidenziano anche in relazione alla collocazione geografica dei pensionati: al Sud gli assegni non superano i 15 mila euro, mentre nel Nord-Ovest superano abbondantemente i 24 mila euro, a fronte di una media nazionale che è di 20.711 euro.
Mancano architetti CTU nei tribunali: “Compensi inadeguati”
Sono passati neanche tre mesi dall’audizione in commissione Giustizia al Senato di Massimo Crusi, presidente del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC). Nel corso del suo intervento sul disegno di legge n. 683, Crusi si è soffermato su un’altra criticità della categoria: sono sempre meno gli architetti che lavorano come Consulenti tecnici d’ufficio per i tribunali, il cui ruolo è cruciale per l’equità dei procedimenti giudiziari.
“Serve una formazione uniforme su tutto il territorio nazionale – ha detto Crusi rivolgendo un accorato appello ai legislatori – che possa evitare errori procedurali che finiscano per pregiudicare le attività del processo. Ma servono anche compensi proporzionati al lavoro svolto”. La proposta del presidente è di affidare agli ordini provinciali la funzione formativa e di stabilire tempi certi per la liquidazione dei compensi, così da superare la progressiva riduzione, a cui stiamo assistendo, del numero di professionisti disponibili a svolgere gli incarichi di consulenti dei tribunali.
“Relativamente ai compensi degli esperti stimatori nelle procedure esecutive immobiliari, va assolutamente superato il legame tra compenso dell’estimatore ed esito della vendita immobiliare, eliminando così una stortura normativa introdotta nel 2015. Da qui la necessità di abrogare questa disposizione, come proposto, ripristinando il principio secondo il quale il compenso va commisurato al lavoro svolto”, conclude. Rispetto alla questione dei compensi, è ferma all’aggiornamento che ha visto una rivalutazione “trasversale” del 61%.
Patrizia Penna
Giornalista professionista